Equità e Solidarietà, dopo il Coronavirus si riparte da qui: un nuovo paradigma per l’umanità

Stiamo vivendo un’esperienza mai vista: surreale, incredibile e tragica allo stesso tempo.

Nessuna traccia di questa strana guerra, non la si trova nei libri di storia, nella memoria degli anziani; forse solo nella fantasia di qualche film americano di qualche anno fa. Una guerra silenziosa, senza bombe, senza battaglie aeree, senza eserciti armati. Una guerra che comunque, come tutte le guerre, produce morte, disperazione e diseguaglianze. Una tempesta che spazza via ogni certezza, che mette a nudo la nostra estrema fragilità e ci costringe a ripensare la nostra esistenza.

Una guerra che evidenzia la nostra dipendenza da tutto e da tutti. Non esistono categorie privilegiate in questo momento. Forse, nascosti dentro qualche bolla, ci sarà qualcuno che domani trarrà profitto da questa disgrazia e immagino anche come: le speculazioni finanziarie, il gioco in borsa. Ogni guerra, in ogni tempo, ha sempre generato tre cose. La concentrazione di ricchezza da una parte (pochi); la voglia di ricominciare dei sopravvissuti (tanti) ed enormi cimiteri, dove vengono seppelliti i sogni, gli uomini, le tradizioni, il lavoro e le idee (troppi). Una selezione naturale che ha determinato nel tempo la modifica del nostro DNA culturale e biologico. La peste nera che colpì l’Europa tra il 1347 e il 1351 fu alla base del Rinascimento Italiano; non è una consolazione ma serve per dire che possiamo farcela.
In questi giorni tutti si interrogano sull’emergenza presente e sulle forme che avrà il futuro. Rimbalzano – nelle riflessioni di filosofi, teologi e sociologi, più in generale la comunità pensante – due aspetti: la solidarietà e la sobrietà da una parte, l’innovazione e l’umanità dall’altra. Sono molti i centri di discussione che affrontano queste due tematiche e da questo dibattito uscirà fuori un nuovo disegno di comunità. Dentro questo cenacolo di idee prevale per adesso l’emergenza medica e statistica: cosa fare per evitare il contagio e i modelli matematici previsionali.

Lo stato, le regioni, i comuni, (l’Europa?), stanno prevedendo forme di aiuto alla popolazione fragile ed esposta, lo stanno facendo come possono, spinti dalle pressioni politiche e sindacali. Miliardi di euro per sostenere i cittadini in difficoltà, decreti e ordinanze a scadenza giornaliera per governare questa guerra invisibile. Ma saranno tutti tutelati?
L’interrogativo è lecito. Le preoccupazioni tante. Prima di tutto dobbiamo dire che nessuno è al sicuro, nemmeno quelli che lo credono. Se crolla una gamba del tavolo, crolla il tavolo. Ecco perché gli aiuti devono essere immediati, congruenti e differenziati nel tempo e nelle formule. Immediato significa subito visibile, significa che devono risolvere questioni reali: mutui, tasse, costi del lavoro e alimenti per tutti. Congruenti significa commisurati alle diverse emergenze, cioè non proporzionali al reddito ma alle esigenze minime di sopravvivenza per tutti. Differenziati significa che servono aiuti adesso e dopo, con risorse finanziarie e incentivazioni strutturali per sostenere le filiere produttive per tutti. L’Europa e più in generale i governi hanno imbrigliato le attività produttive, introdotto balzelli, complicato ogni settore sul piano procedurale, imponendo vincoli di ogni genere, desertificando le piccole realtà imprenditoriali e professionali a tutto vantaggio di pachidermi societari che oggi crollano sotto l’attacco di un virus.
Un microscopico virus sta attaccando il modello economico e sociale che sembrava invincibile. Lo sta distruggendo è questa la vera notizia. La natura – come sempre – rimette tutto in equilibrio e scrive le regole del gioco. Basta saperla leggere e in questo senso scienziati e sacerdoti sono tutti d’accordo. Serve un nuovo paradigma per l’umanità.

Equità e solidarietà. A partire da i fondi messi a disposizione dalle diverse organizzazioni governative. Quanti comuni conoscono perfettamente la mappa delle criticità economiche e sociali delle proprie comunità? E quanti hanno una struttura distributiva efficace e capillare? Quanti hanno un piano di compartimentazione urbana per eventi epidemici? Quanti hanno attivato una rete distributiva di generi alimentari in caso di eventi eccezionali? Ogni nucleo famigliare ha un sistema di connessione web e un dispositivo informatico di sussistenza? I fondi per le necessità alimentari arriveranno a tutti o solo a chi sarà più bravo ad accaparrarsi le risorse? I commercianti (di ogni genere) sono pronti per la sfida del futuro o delegheranno ad “Amazon” ogni cosa? La ricchezza di un Paese si misura nella sua capacità di produrre, distribuire e offrire servizi al cittadino, tutelando questo sistema tripolare da ogni sconvolgimento.

Oggi parliamo di medici ma domani dobbiamo parlare di modellisti di sistema, di specialisti della pianificazione, di cultori della bellezza, di innovatori della produzione, di eticità e di umanità. Dobbiamo parlare di sistemi complessi, di accessibilità globale. Accedere alle risorse, ai servizi, alle innovazioni, alla qualità dello spazio urbano e architettonico. Rimettendo al centro del progetto l’uomo e il suo rapporto con il pianeta. Prendendo atto che siamo comunque fragili.

Se non mettiamo da parte l’arroganza che ha determinato questa guerra nessuno sopravvive. Per vincerla servono tutti: anziani, imprenditori, politici, formatori, scienziati e teologi. Nel dopoguerra (1945) un esercito di geometri ricostruì l’Italia. Oggi serve una nuova classe di progettisti che la ricostruisca, non tanto per quantità ma per qualità. Una qualità che non può prescindere dall’umanesimo e che non sia stritolata dal burocratismo. Una grande sfida che impone la salvaguardia del nostro patrimonio culturale e professionale fatto di tante figure al servizio del cittadino: avvocati, architetti, ingegneri, geometri, commercialisti ecc., che bisogna liberare dai balzelli normativi e tecnici che li hanno ridotti ad una specie in via si estinzione e che rischiano di impoverire la comunità. . Ricordando il Rinascimento italiano, possiamo dire che questo esercito di uomini, hanno inventato la bellezza e la nostra ricchezza nel mondo.

Non ci possiamo più permettere dilettanti e improvvisatori alla guida delle nostre comunità. Questo è indispensabile per pensare al futuro. Come dice il giornalista Paolo Mieli, “l’attuale classe politica (tutta) sarà spazzata dopo la fine della tempesta”.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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