Carceri, Di Matteo sul no di Bonafede alla direzione del Dap: “Non so se ci fu uno stop degli alleati o da altri”

“Prima una proposta, poi un’altra” dal ministro Bonafede. “Da allora mi sono sempre chiesto cosa era accaduto nel frattempo. Se, e da dove, fosse giunta una indicazione negativa, magari uno stop degli alleati o da altri, questo io non posso saperlo”.

Il consigliere del Csm Antonino Di Matteo torna a parlare della richiesta arrivata nel giugno del 2018 dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di accettare l’incarico di capo del Dap. In una intervista a Repubblica, l’ex pm della trattativa tra Stato e mafia spiega cosa accadde in quelle 48 ore, dopo averne parlato nella trasmissione ‘Non è l’Arena’ su La7.

“Era lunedì 18 giugno – racconta – Ero a Palermo, a casa, il giorno dopo sarei tornato a Roma, nel mio ufficio alla Procura nazionale antimafia. Squillò il telefono, era Bonafede. Mi pose l’alternativa, andare a dirigere il Dap oppure prendere il posto di capo degli Affari penali. Chiuse il telefono dicendo ‘scelga lei'”. All’indomani, Di Matteo si reca al Ministero per incontrare Bonafede. “Gli dissi che accettavo il posto di capo del Dap. Lui, però, a quel punto, replicò che aveva già scelto Basentini”.

“Non chiesi al ministro Bonafede perché aveva cambiato idea” sulla mia nomina al Dap “ma rimasi sorpreso” spiega Di Matteo.

Il magistrato, nel giugno 2018, dopo avere ricevuto la proposta dal Guardasigilli aveva chiesto due giorni di tempo per riflettere e scegliere. Ma dopo appena 24 ore si recò al Ministero della Giustizia per dire a Bonafede di avere scelto di accogliere la richiesta del Dap. Ma il ministro gli propose di accogliere la proposta di andare a capo degli Affari penali.

“Devo presumere che quella notte qualcosa mutò all’improvviso- racconta – Bonafede insistette sugli Affari penali, parlò di moral suasion con la collega Donati (che in quel momento era a capo degli Affari penali ndr) perché accettasse un trasferimento. Non dissi subito no, ma manifestai perplessità. Siamo a giugno, disse Bonafede, lei mi manda il curriculum, a settembre sblocchiamo la situazione”.

Nel giugno del 2018, quando l’ex pm Antonino Di Matteo, oggi consigliere del Csm, seppe dal ministro Bonafede che a capo del Dap ci sarebbe andato Francesco Basentini ma che poteva scegliere di andare agli Affari penali, il magistrato disse di no. “Tornai da lui e gli dissi che a queste condizioni non ero più disponibile. Cose come queste sono indimenticabili”, dice Di Matteo.

“Come il nostro ultimo scambio di battute – dice – Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico, lui ribatte che per gli Affari penali ‘non c’è nessun dissenso o mancato gradimento che tenga’. Una frase che, se riferita al Dap, ovviamente, mi ha fatto pensare”.

“Il ministro Bonafede si mostrò informato” sulle esternazioni dei boss mafiosi rinchiusi al 41 bis che non volevano il consigliere del Csm Antonino Di Matteo a capo del Dap. Nell’intervista a Repubblica, lo stesso ex pm antimafia di Palermo, ripercorre le tappe di quei giorni del giugno 2018 quando il Guardasigilli propose a Di Matteo, che era alla Dna, di accettare l’incarico di capo del Dap. Ma all’indomani, quando Di Matteo aveva chiamato per accettare l’incarico, gli fu risposto che sarebbe stato scelto Francesco Basentini. “Dopo le elezioni (del 2018 ndr) alcuni giornali scrissero che c’era l’ipotesi Di Matteo al Dap. Dell’esistenza del rapporto lo appresi il giorno prima lo stesso giorno della visita”. “Mi chiamarono da Roma dei colleghi – dice – per dirmi che c’era una cosa molto brutta che mi riguardava. In più penitenziari” dei boss avevano gridato il loro no a Di Matteo al Dap.

“Domenica sera, quando ho sentito fare il mio nome inserendolo in una presunta trattativa ho sentito l’irrefrenabile bisogno di raccontare i fatti, al di là delle strumentalizzazioni” afferma Di Matteo nell’intervista spiegando perché ha deciso di raccontare solo adesso quanto accadde nel giugno del 2018 sulla nomina al Dap.

“Dopo le dimissioni di Basentini – ha detto Di Matteo – proprio come due anni fa, alcuni giornali hanno di nuovo scritto che mi avrebbero fatto capo del Dap. Quando Roberto Tartaglia è diventato vicedirettore del Dap eccoli scrivere ‘arriva il piccolo Di Matteo’. Poi quando (nella trasmissione di Giletti ndr) ha sentito fare il suo nome, ha alzato il telefono e ha chiamato il conduttore per ripercorrere quei giorni.

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