Coronavirus: Vamos a la playa oppure no? Il settore balneazione in attesa delle linee guida

L’estate è ormai alle porte, in piena emergenza Covid-19, ma l’assenza di un protocollo di sicurezza da rispettare anche per le spiagge rende più forte l’angoscia degli operatori del settore, che al momento ‘navigano a vista’.

“Sulle misure di sicurezza da rispettare a mare ci sono tante indiscrezioni ma ancora nessuna certezza: delle linee guida annunciate dal ministero non c’è traccia e in Sicilia è tutto fermo. Di questo passo, il rischio è che domani sia già troppo tardi. Oggi c’è ancora un barlume di speranza ma siamo in ritardo e di questo passo molte strutture non riapriranno”, afferma Ignazio Ragusa, presidente regionale in Sicilia del Sib (sindacato balneari) Confcommercio.

“Attualmente i gestori dei lidi si limitano allo stretto indispensabile fino a quando il ministero non illustrera’ i protocolli di sicurezza – afferma -. Prima di allora, chi sarebbe tanto sconsiderato da montare le cabine per poi toglierle e rimontarle nuovamente secondo le nuove indicazioni?”.

In effetti, proprio in questi giorni sono filtrate numerose indiscrezioni allo studio del ministero riguardo le misure di sicurezza da adottare sotto l’ombrellone:
dal controllo della temperatura all’ingresso dei lidi ai dispenser con igienizzanti per le mani, e l’obbligo per il personale di far rispettare le regole di distanziamento. Tra queste, cio’ che lascia piu’ perplessi e’ la distanza base tra gli ombrelloni: 10 metri. “Non mi sembra una buona soluzione – sbotta -, secondo me sono ottimi numeri da giocare al lotto ma non da mettere in una norma. Sarebbe sufficiente fare rispettare la distanza prevista per i tavoli all’interno dei ristoranti. Ma e’ un falso problema: realmente bisogna far mantenere la distanza agli utenti”. Senza dimenticare che norme troppo stringenti renderebbero non piu’ conveniente economicamente l’attivita’ balneare: “La Regione e’ stata l’unica ad aiutarci con un concreto sostegno eliminando il canone per 2020”, ma e’ solo un palliativo perche’ “decine di strutture sono gia’ in perdita in tutta l’Isola: in provincia di Taormina, Giardini Naxos e Cefalu’. Soprattutto in quelle aree dove il turismo non e’ solamente locale, sarebbero gia’ affollate dai primi turisti. Il nostro appello – aggiunge Ragusa – e’ che il governo non si perda in cervellotiche misure ma dia indicazioni sostenibili e compatibili per consentire l’avvio delle attivita’”.

Un appello al buon senso che fa il paio con quello del vicepresidente di Federalberghi, Sicilia Nicola Farruggio, per il quale “senza interventi straordinari e a lunga scadenza la preoccupazione, o forse sarebbe meglio dire la certezza, e’ che molte aziende non riusciranno a sopravvivere a questa crisi”.

Al momento le stanze degli alberghi continuano a rimanere vuote, “e chissa’ per quanto tempo ancora sara’ cosi’, una situazione devastante – lamenta Farruggio -. Il turismo ripartira’ quando anche i collegamenti tra regioni potranno essere consentiti”. Un passaggio cruciale per un settore che nell’Isola vive fondamentalmente di flussi stranieri: una fetta di mercato che vale circa “il 70 per cento delle presenze ed e’ anche la piu’ redditizia per il fatturato”. Per evitare una catastrofe, quindi, servono misure straordinarie altrimenti molte aziende chiuderanno i battenti con perdite “incalcolabili”. “Il tema principale e’ l’abbattimento dei costi di gestione delle strutture – spiega ancora il dirigente di Federalberghi Sicilia – dai tributi nazionali e regionali alla liquidita’ immediata sul fatturato dell’anno precedente a fondo perduto, e cassa integrazione per i lavoratori. Viceversa – conclude – il ragionamento che monti albergatori stanno facendo e’ che non convenga rimanere aperti”.

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