Sicilia, il sacro fuoco dell’identità: esortazione al nuovo assessore regionale

di Franco Branchina*

Dalla visita all’atavico tempio dirupato di monte S. Basilio, nel territorio abitato dai prischi

“Lentinoi”, effettuata con mio figlio – che Dio sia benedetto per avermelo inviato- al fine di fargli respirare le primordiali forze che plasmarono la terra di Sicilia, sopraggiunse l’ispirazione, sussurrata forse dal ‘genius loci’.

Ed ecco che a Voi esponiamo quanto a noi ispirato dal nume, e che ciò possa servire di risposta anche a coloro, moltissimi, che a male hanno preso la decisione dell’attuale presidente della Regione di affidare ad un esponente della Lega il compito di custodire, se non addirittura di alimentare, il sacro fuoco dell’identità e della plurimillenaria cultura siciliana, che da sempre arde nel tripode del forgiato carattere dello spirito siculo.

Orsù dunque, egregio assessore, dimostri, attraverso il suo operato, a coloro che sanno guardare soltanto al colore della pelle o al colore del partito in cui si milita, che la cultura costituisce il vero trait d’union che “lega” le libere menti non ancora viziate da pregiudizi, e unisce da monte Bego a monte S. Basilio, dalla Val Camonica fino al noi vicino rifugio Cassataro, ad una unica stirpe, quella degli uomini che tramandarono la medesima tradizione, in parte scritta nelle pareti dei succitati dirupi.

Per conto nostro le assicuriamo, egregio assessore alla Cultura ed alla Identità Siciliana, che non nutriamo pregiudizi per la sua appartenenza politica, anzi, onde rassicurarla, sappia che temiamo più il vicino tiranno siracusano il quale, non uno o due mila anni fa, ma appena negli anni settanta, privò la vetusta città di Adrano di una epigrafe che l’Avo sicano aveva inciso col suo dito nella dura arenaria, destinata agli eredi suoi, agli adraniti, piuttosto che temere Voi, i quali, ne siamo certi, come accade agli indistinguibili minerali che scorrono fusi nel magma che scorre verso valle, vi lascerete sciogliere dal calore dei cuori siciliani che, dal tempo del re Cocalo, non cessarono col loro atteggiamento filantropico di raccogliere esuli transfughi provenienti dai quattro angoli del mondo.

Troppo grande è, del resto, la stima che nutriamo per l’uomo, dico Musumeci, per la sua storia personale, per la sua coerenza politica, per la compostezza dell’azione politica e civile che esercita, da credere che la scelta del presidente della Regione Siciliana di affidare la cura delle radici della storia isolana ad un sicuro giardiniere, sia dettata esclusivamente da tornaconto politico. Piuttosto siamo certi che Ella si lascerà infiammare dalla sete di conoscenza di cui la Sicilia, terra aurea che ispirò con la sua triangolare forma poeti e filosofi, è depositaria.

La terra di Sicania, – primevo nome della nostra isola che un dio, Adrano, scelse come propria dimora terrena-, creda, non sarà meno generosa nel rilasciare i tesori nascosti nel suo sottosuolo, di quanto fu l’antica Mesopotamia, né di quanto i geroglifici dell’enigmatico Egitto restituirono. Non sarà soltanto a Göbekli Tepe, con cui, a nostro avviso condividiamo la cultura d’origine, come non soltanto l’analogia delle travi a T di monte S. Basilio lascia presagire, che guarderanno gli archeologi di tutto il mondo se Ella si adopererà affinché il mito si svincoli dall’abbraccio dei rovi spinosi che avvincono mortalmente il tempio di S. Basilio che crolla con nostra ignominia. Si adoperi, scrollandosi i pregiudizi di cui è vittima, come sopra affermato, riesumando l’orgoglio di appartenenza alla divina eredità che ci conduce all’avo della stirpe siciliana, Adrano.

Con l’impulso che Ella saprà porre in essere, fornirà alla cultura, alla storia, al mito siculi, la forza vitale, sferzata dalla inettitudine di immeritevoli individui che, pur abitando la sacra Trinacria, patria non hanno, mentre la nostra prenderà, per Suo impulso, nuova vita, e ad essa “legherà”, ancor più saldamente, anche la Sua proficua azione fino a rendere orgoglioso un intero popolo.

* studioso adranita di storia locale.

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