Paternò, suicidio assistito insegnante: “Competenza territoriale è di Catania”. Il processo inizia il 5 novembre

Paternò, suicidio assistito insegnante: “Competenza territoriale è di Catania”. Il processo inizia il 5 novembre

E’ radicata a Catania la competenza territoriale dell’inchiesta per istigazione al suicidio per il ricorso all’eutanasia nel 2019 in Svizzera di Alessandra Giordano, insegnante 47enne di Paternò, in cui è imputato Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia.

Lo ha deciso il Gup Marina Rizza, che ha rigettato la richiesta dell’avvocato Arianna Maria Corcelli, che ha successivamente richiesto l’acceso al rito abbreviato.

La prima udienza del processo si terrà il prossimo 5 novembre con gli interventi dell’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Angelo Brugaletta, e dai legali delle parti civili: la madre, la sorella e tre fratelli della donna assistiti dai penalisti Marco Tringali, Francesco Pantaleo, Giuseppe Cammonita e Anna Maria Parisi.

Al centro del procedimento il ricorso all’eutanasia il 27 marzo 2019 in una clinica Svizzera della 47enne paternese che non era malata terminale, ma che da tempo soffriva di una grave forma di depressione.

La tesi della Procura, accolta dal Gup, è che la competenza è radicata a Catania e non a Torino, dove ha sede la società, perché Coveri e la donna non si sono incontrati e il reato sarebbe maturato nello scambio di telefonate, sms e mail.

Secondo la Procura di Catania, che ha coordinato indagini di carabinieri e polizia postale, Coveri “determinava o comunque rafforzava il proposito suicida” della donna, poi avvenuto con l’eutanasia in una clinica di Zurigo.

Avrebbe anche “indotto la donna” che “soffriva di depressione e sindrome di Eagle ad iscriversi all’associazione Exit” e tenuto condotte accompagnate da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità anche etica della scelta” del suicidio assistito.

“La signora – ha sostenuto Coveri – era una nostra associata e le abbiamo semplicemente fornito, su sua richiesta, le informazioni che le servivano per prendere una decisione. Una procedura normale.

Abbiamo 5.000 iscritti e ogni settimana riceviamo almeno 90 telefonate di gente disperata. Ma siamo rispettosi della legge italiana e sappiamo che l’eutanasia nel nostro Paese non è ancora consentita”.

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