Teatro, le moltitudini di Eva nell’atto unico ‘Semplice’: con Barbara Gallo al Summer Fest

Teatro, le moltitudini di Eva nell’atto unico ‘Semplice’: con Barbara Gallo al Summer Fest

di Matteo Licari

 

L’altra sera nell’incantevole corte del Castello Ursino di Catania abbiamo visto “Semplice” atto unico scritto e diretto da Salvatore Greco e interpretato da Barbara Gallo per la rassegna Summer Fest 2020.

Alla fine dello spettacolo, risuonava nella mente, flebile ma chiara – per contrappasso a quello che s’era visto – la battuta finale tragica e disperata di Ersilia, la sfortunata protagonista di “Vestire gli ignudi” di Luigi Pirandello che, sentendosi niente; per essere qualcosa, accetta di essere quella che gli altri hanno voluto che fosse e chiude la sua vita e lo stesso dramma dicendo: “Ora si può ben dire che questa morta – ecco qua – non s’è potuta vestire”.

Idealmente, si può dire che la protagonista senza nome dello spettacolo cominci proprio da dove Ersilia ha concluso la sue esistenza terrena nella disperazione.

Da quelle ceneri rinasce nuda una Donna. Nuda perché nuda è l’Umanità, che quasi sempre dimentica che è una scimmia nuda e perciò stesso si condanna ad essere come non è, abbandonando la vocazione scritta per lei da madre natura e così mettendo su il primo mattone della propria infelicità.

Tuttavia, provenendo dalle regioni dell’Ombra, essere nuda non basta a questa donna per potere risorgere, deve fare una doccia per lavare le incrostazioni che tempo, ambiente e società le hanno appiccicato addosso, sicché si lava a lungo e alla fine sarà nuda e pulita per indossare il vestito che le fu negato.

Vi svelo subito come finisce: la nostra Donna finirà per l’indossare tutti i vestiti che desidera e vuole, in una girandola vorticosa e gradevole che tiene l’occhio e l’orecchio attaccato alla bocca, al volto, al corpo della Donna perché, come in un romanzo giallo, non si può perdere nemmeno un rigo, nemmeno un espressione perché non si può arrivare alla fine senza aver capito. Eh si; perché non ci sono scene in questo spettacolo, c’è l’attrice con i suoi quattro vestiti che saranno mille alla fine della pièce, c’è un baule, c’è un guardaroba e basta. Tutto è giocato su due cardini: l’intelligente testo di Salvatore Greco (figlio d’arte, dell’indimenticato Nando Greco) e la straripante abilità artistica di Barbara Gallo.

Nel giardino dell’Eden Dio li creò maschio e femmina. Ma non è mica vero, li creò maschi e femmine semmai dal punto di vista psichico.

Ora tralasciando Adamo e i suoi discendenti, in “Semplice” si parla di Eva, anzi delle moltitudini di Eva che partono sempre da un archetipo nudo che si riveste di mille figure, di mille vestiti sintetizzati un unico mitologema: la Donna.
Ma nudo non è sempre il sinonimo di puro, leggero, naturale, di positivo; per altrettante volte nudo è dolore, e sofferenza, è umiliazione, è violenza; soprattutto da quando quindicimila anni fa il matriarcato fu sostituito dal patriarcato.

Non sono più i tempi di quando i nostri antenati del paleolitico e dell’inizio del Neolitico immaginavano il corpo femminile come una sorta di recipiente magico.

Dovevano aver osservato il suo sanguinare secondo i ritmi della luna, e il miracoloso potere di generare delle creature. Si saranno meravigliati nel vedere che provvedeva al loro sostentamento producendo il latte.. Si aggiungano il potere apparentemente magico della donna di indurre l’erezione nell’organo sessuale dell’uomo e la straordinaria capacità del corpo femminile di provare e procurare piacere, e non sorprenderà se i nostri antenati provavano un timoroso rispetto per il potere sessuale della donna.

Di tutto questo è rimasto ben poco, potremmo dire è rimasto l’opposto.

Tutto questo traspare dal primo all’ultimo minuto dello spettacolo grazie ad una incontenibile Barbara Gallo. Ha recitato le mille donne contenute nella pièce come se fosse davvero ognuna di loro, con un coraggio e una forza che il pubblico non conosceva, a cominciare dal coraggio di presentarsi nuda sul palcoscenico, un nudo simbolico si badi bene, ma pur sempre nudo; che – senza avere la palla del mago – sono sicuro ha suscitato l’invidia di qualcuna delle coetanee presenti e un luccichio dell’occhio nei maschi che s’intendono di donne.

“Semplice” è uno spettacolo che è un percorso di individuazione personale e insieme collettivo di una donna che vuole capirsi, vuole trovarsi, vuole trovare soluzioni alla sua ansia di vivere, di vivere bene, di darsi senza paure al mondo e con la speranza di ricevere dal mondo l’attenzione di cui necessita per vivere.

Al calar della simbolica tela, la Donna di Salvo Greco e di Barbara Gallo, si congeda vittoriosa fra gli applausi del pubblico che, insoddisfatto, “ne voleva ancora”, come quel bimbo che, staccato dal seno, scuote la testa e s’avventa su di esso ormai coperto dalla camiciola della mamma.

La forza drammaturgica del testo e della regia ( e di conseguenza del recitato) è stata appena velata da un eccesso di fretta nello srotolare lo spettacolo che, tutto basato sulla parola e sul gesto, andava gustato in modo classico senza seguire il corso del momento che vuole anche il teatro consumato in fretta e sul posto, come fosse una braciola di carne di cavallo.

Scarno essendo l’apparato scenico, un significativo aiuto all’immaginazione degli spettatori è stato offerto dai leggiadri vestiti preparati per la Barbara Gallo da Gabriella Ferrera, mentre infaticabile aiuto regista e organizzatrice tramite Progettart è stata Barbara Mileto. Lo spettacolo è stato curato dall’associazione culturale “Capolavori”.

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