Biancavilla, venerdì protesta degli infermieri dell’ospedale-Covid: “Siamo in pochi e siamo allo stremo”

Biancavilla, venerdì protesta degli infermieri dell’ospedale-Covid: “Siamo in pochi e siamo allo stremo”

Sarà una protesta pacifica che non interferirà sul lavoro nei reparti: venerdì 4 dicembre, gli infermieri dell’ospedale Covid di Biancavilla in un sit-in lanceranno un grido d’allarme contro il sovraccarico di lavoro che sono costretti a sopportare da quando il ‘Maria SS. Addolorata’ è diventato l’ospedale che cura i contagiati da Coronavirus.

Gli infermieri che attualmente prestano servizio sono in numero insufficiente rispetto alle esigenze della struttura:

“Questo ospedale – spiega Agatino Neri, infermiere della RSU e dirigente sindacale del Nursind – aveva un organico insufficiente nell’ordinarietà, figuriamoci ora che è stato riconvertito in ospedale Covid.

Un unico reparto è stato dislocato su 3 piani:

l’ex ortopedia (10 posti), l’ex chirurgia (14) e l’ex pediatria (7). Questo provoca, dal punto di vista logistico, una dispersione di risorse umane. Lo stress che comporta lavorare con la tuta e con 3 paia di guanti non è lo stesso che lavorare liberamente. Sui 3 reparti siamo attualmente in servizio 26 infermieri. Si tenga conto che per fare ruotare normalmente il personale, ogni reparto ha bisogno di 14 infermieri”.

Sulla  carta gli infermieri in organico sono molti di più, una quarantina circa. Tra soggetti a rischio, inidonei e positivi al Covid, il numero si è abbassato drasticamente a 26 unità. L’azienda sanitaria, a quanto pare, ha mandato un po’ di rinforzi.

“Sappiamo – spiega il rappresentante sindacale -che c’è una ditta esterna che fornisce personale medico, infermieristico e operatori socio sanitari. So che non c’è una continuità assistenziale, questi vengono pagati a ‘gettone’ e gli infermieri sono presenze fugaci. Di infermieri in giro non ce ne sono.

E’ questa l’emergenza più importante, le altre questioni, come la mancanza di spogliatoi, passano in secondo piano rispetto alla questione centrale. In tempi di guerra, perché di questo si tratta, sappiamo adattarci. Ma il personale deve esserci, qui si sta spremendo un limone che è ormai è asciutto”.

Sul piano economico, chiarisce l’esponente sindacale, l’azienda attua in questa emergenza una politica premiante sulla quale c’è da fare qualche rilievo:

“Per il lavoro in più – chiarisce l’infermiere sindacalista – non ci danno non lo straordinario ma dei gettoni in più.

Una cifra più che dignitosa. Il problema è che stanno usando i nostri soldi per pagarci, cioè il fondo di contrattazione. Non usano i fondi Covid come, per esempio, fanno al Policlinico.

E’ una scelta aziendale. E pensare che qui, a tutti i livelli, si lavora alacremente. Un plauso va fatto al direttore sanitario che si è speso tantissimo. Sul piano locale nessuno si è tirato indietro.

Al personale sono stati chiesti sacrifici enormi: ora non ce la facciamo più. C’è bisogno di forze nuove. Siamo in 26 e chiediamo di arrivare a 50 unità per potere respirare”.

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