Covid, l’Università di Catania studia la nomofobia: dipendenza dal telefonino e paura di essere sconnessi

Covid, l’Università di Catania studia la nomofobia: dipendenza dal telefonino e paura di essere sconnessi

Il post Covid sarà segnato da una nuova ‘malattia’, la nomofobia, ovvero la paura di essere disconnessi dalle rete.

“Lo smarthphone ci ha uniti in un momento delicato e ci ha ingaggiato (per usare un termine d’uso frequente) generando in sua assenza delle sintomatologie simil abbandoniche a cui la psicologia dovrà rispondere con soluzione terapeutiche più che innovative relative al trattamento delle dipendenze”, spiega Pasquale Caponnetto, docente a contratto di psicologia clinica e clinica delle dipendenze presso il Dipartimento di Scienze delle Formazione dell’Università di Catania e coordinatore del CPCT – Centro e Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

L’utilizzo erroneo dello smartphone e il relativo abuso sono più frequenti tra i giovani, specialmente se donne.

Il dato, relativo a un periodo di lockdown che ha modificato intrinsecamente il nostro modo di relazionarci e di vivere e fornito alla tecnologia un ruolo fondamentale per il mantenimento delle attività lavorative e dei rapporti sociali, emerge da uno studio condotto dai ricercatori del CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con i ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, dal titolo: “Smartphone addiction across the lifetime during Italian lockdown for COVID-19”, che approfondisce il legame tra età e sesso e utilizzo dello smartphone, per valutare possibili correlazioni tra dipendenza e disturbi mentali.

Il risultato, sebbene tarato su un campione ristretto, ha evidenziato come una vera e propria dipendenza sia diffusa soprattutto tra i più giovani e tra i partecipanti di sesso femminile.

Il questionario del CoEHAR è stato sottoposto a 1264 partecipanti di età compresa tra i 15 e i 67 anni durante il mese di marzo 2020.

Il 59,5% di questi era composto da donne. Il questionario è stato fatto circolare in tre città italiane, rappresentative del sud, del centro e del nord Italia: Catania, Siena e Ferrara. Dopo i 40 anni, la curva di dipendenza si sposta maggiormente vero i partecipanti di sesso maschile. “Ad oggi – sottolineano i ricercatori – non esistono molti studi con cui comparare i risultati del questionario.

Sappiamo però, grazie ad alcune ricerche internazionali, che esistono differenze nell’uso del cellulare tra uomini e donne:

infatti, i soggetti maschili, soprattutto in giovane età, utilizzano lo smartphone per rilassarsi e svagare (ascoltare musica, giocare, ecc.), mentre le femmine lo sfruttano per comunicare e rimanere connessi ai propri account social. Durante il lockdown, il bombardamento di stimoli a cui gli italiani sono stati sottoposti ha generato comportamenti identificabili come vere e proprie dipendenze.

Secondo quanto emerso dal questionario, infatti, circostanze che impediscono le interazioni sociali convenzionali aumentano il rischio di incorrere in comportamenti patologici e dipendenze da dispositivi elettronici. Dati allarmanti che possono servire per studiare schemi e connessioni tra dipendenze e disturbi mentali”.

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