“Ho personalmente capito in più occasioni che il signor Tadini riferiva al direttore d’esercizio e al gestore dell’impianto, ad ogni avaria o anomalia riscontrata, che era necessario fermare l’impianto. Ma nonostante questo le volontà sia del gestore che del direttore erano quelle di proseguire, rimandando l’eventuale riparazione dell’anomalia più avanti nel tempo, quando per esempio la funivia si sarebbe fermata per la chiusura stagionale. Ho udito più volte lo stesso Tadini discutere animatamente al telefono con l’ingegner Perocchio e con il Nerini poiché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto nonostante la volontà del Tadini fosse di chiudere”.
Le parole, riportate nell’ordinanza del Gip alle pagine 19, 20 e 21, sono di Fabrizio Coppi, uno dei dipendenti della Funivia del Mottarone, sentito come testimone nella notte tra martedì e mercoledì della scorsa settimana nella caserma dei carabinieri di Stresa dal Pubblico Ministero Olimpia Bossi. La testimonianza offre una lettura dei fatti che collima fortemente con la versione sostenuta dal Tadini, ed è una di quelle che il pm ha spiegato di voler riesaminare insieme a tutte quelle rese dagli altri dipendenti.
La testimonianza di Coppi entra nei dettagli di quanto accaduto.
“Lavoro – ha detto – presso la funivia da circa due anni e nell’arco di questo tempo posso affermare che sono successe diverse anomalie che avrebbero dovuto portare alla chiusura dell’impianto. Tra queste è capitato soprattutto nell’ultimo periodo un problema al sistema frenante e alla centralina idraulica della cabina numero 3. Questa avaria, nonostante ci sia stato l’intervento di una ditta specializzata, continuava a manifestarsi, ragion per cui la decisione del Tadini era quella di chiudere l’impianto per procedere a funivia ferma alla riparazione. Anche in questa occasione – prosegue il testimone – la volontà dell’ing. Perocchio e del Nerini era quella di proseguire, rinviando la problematica di giorno in giorno”. Un contrasto di volontà che secondo il testimone sarebbe provato dal fatto che “dopo alcune telefonate lo vedevo (Tadini, ndr) molto turbato e demoralizzato”.