Paternò città abbandonata: la mancanza di spazi e idee genera le baby-gang

Paternò città abbandonata: la mancanza di spazi e idee genera le baby-gang

A tavola, all’ora di pranzo, in molti siamo rimasti senza parole, guardando quelle immagini surreali che ha mandato in onda la Rai, prima nel TG1 e poi nel TG3 regionale.

Paternò città abbandonata: la mancanza di spazi e idee genera le baby-gangTra le tante notizie che arrivavano da tutto il mondo: New York, Parigi, Kandahar, Roma, Londra; oggi c’era pure Paternò. L’attenzione – a tavola – viene catturata dalla voce della giornalista che scaraventa, nella liturgia rassicurante dell’ora di pranzo, il nome di una piccola città siciliana, nella provincia di Catania. Paternò, la tanto amata città delle arance.

Una vetrina straordinaria, una grande opportunità per questa comunità. Il primo pensiero – o forse solo un desiderio – è verso l’acropoli, magari l’annuncio di un nuovo scavo archeologico, di quelli che ormai si fanno ovunque in questa regione; forse la premiazione di un illustre concittadino, l’attribuzione di un finanziamento, di quelli che di questi tempi afferiscono al Piano nazionale ripresa resilienza; qualcuno ha pensato all’arrivo – finalmente – di Luca Parmitano nella sua città natale, all’elevazione della città a sede vescovile.

Insomma, in quei pochi istanti tutti hanno pensato alle cose più belle per la città e invece come un fulmine che squarcia il cielo, come una tempesta di cavallette, come una mattanza di delfini sulla riva del mare, all’improvviso, la consapevolezza che si tratta dell’arresto di una banda che spadroneggia in città. Un’azione della Compagnia dei Carabinieri di Paternò – guidati dal capitano Gianmauro Cipolletta – che ha “sgominato una baby-gang che seminava il terrore a Paternò con furti e rapine anche in chiesa. Quattro gli arrestati – tre minorenni di 15 e 16 anni e un 18enne – per decine di raid commessi in danno a negozi e supermercati, incastrati dalle telecamere di video-sorveglianza”.

Senza parole, attoniti, disorientati.

Paternò città abbandonata: la mancanza di spazi e idee genera le baby-gangCome una baby-gang? Una banda? Anche in chiesa? Ma cosa sta succedendo in questa città?

Lasciamo agli inquirenti e alla magistratura il compito di accertare la verità giudiziaria, il compito di tutelare e garantire l’ordine pubblico e la legalità. Ma noi, quelli attoniti e basiti, dobbiamo per forza di cosa fare una riflessione.

Il dato evidente è il cortocircuito tra la famiglia, la scuola e le istituzioni. Lo scollamento tra governo e territorio, tra i giovani e le opportunità di crescita e riabilitazione che dovrebbe offrire la comunità. Sarebbe da ipocriti far finta di esserne sorpresi, ormai da anni fioccano le denunce per casi di devianza giovanile, diffusa in centro storico e nelle periferie.

Le risse notturne, ovunque fin sotto casa; gli schiamazzi e le ingiurie, verso chiunque provi ad evidenziare il malaffare. Le bottiglie che sommergono anche i monumenti, i venditori di veleno sull’acropoli, anziani presi in giro e derisi, i cittadini spaventati solo per aver chiesto più decoro ed educazione; una paura strisciante nelle notti di questa città che fanno male alla “buona movida”.

La città sembra abbandonata, invasa da un fiume di malessere che ha tanti nomi e tante cause, spesso antiche.

Le comunità parrocchiali, sportive e associative, spesso private di spazi e servizi. Le politiche giovanili assenti, fragili, improvvisate. Anche le politiche culturali e sportive non sono da meno. Mancano gli spazi, le opportunità, le occasioni. Una diga è rappresentata da alcune associazioni che vivono con i giovani esperienze straordinarie: scout, parrocchie, volontariato sociale e culturale, lo sport. Ma è una goccia nel mare. Mancano le strutture, un piano, una strategia. La scuola esce (si spera) da un periodo di chiusura forzata e serve riaprirsi alla città (ibridare l’uso delle strutture scolastiche è necessario ma in sicurezza e con coerenza). Aver chiuso i ragazzi tutti dentro non è stato utile e questo tempo poteva essere sfruttato per programmare, per inventare, invece di passeggiare sui social.

Serve un piano per le comunità giovanili, serve un patto tra scuole-famiglie-associazioni.

Paternò città abbandonata: la mancanza di spazi e idee genera le baby-gangServe una strategia complessiva per potenziare le biblioteche, i centri culturali, i musei, lo sport anche in strada. Serve investire nella musica, nel teatro, nel cinema per i nostri ragazzi. Serve recuperare le periferie, offrendo campetti di calcio, parchi, aree per lo sport e non sempre alloggi come fossero colombaie per i defunti. Serve potenziare la mobilità, l’accessibilità, l’illuminazione urbana, la sicurezza. Servono vigili urbani, serve essere presenti davvero, in tutto il territorio, per presidiare e non passeggiare con l’abito buono.

A Castelmola, qualche giorno fa, ho visto l’assessore e il sindaco ripulire e sistemare uno spiazzo dopo un evento culturale di alto livello con umiltà e dedizione per offrire a quella comunità un’opportunità. Un’estate senza precedenti, svuotata di tutto e se non fosse stato per i locali nelle piazze, ci sarebbe il nulla cosmico. Qualcuno dirà il Covid-19, ma mente. In tutte le città si sono svolti convegni, eventi, manifestazioni, tutte in sicurezza. La colpa non è di uno solo o di pochi, le colpe sono diffuse e profonde. Le colpe sono anche nostre. Le colpe vengono anche dal recente passato. Anche da tutti noi.

La comunità deve lavorare per un piano di rigenerazione del tessuto sociale dentro le perifericità della città, deve farlo senza ipocrisie e retorica. Deve farlo senza le lobby degli amichetti del quartierino. La politica deve fare la sua parte, mettere delle risorse, incentivare l’integrazione. A Caltagirone un assessore ha devoluto – è una preside – il suo gettone assessoriale per istituire borse di studio per i giovani. Per finanziare piccoli progetti di resilienza (quelli veri e non quelli virtuali che spesso invadono la nostra città). Poi si perdono i finanziamenti per recuperare il campo di calcio “Totuccio Bottino” e la frittata è servita. Si perdono perché? Nessun responsabile? Silenzio? Ma c’è una relazione tra le baby-gang in città e la perdita di un finanziamento per lo sport giovanile? Forse si? Quello che ci rende tristi è la consapevolezza che alcuni ragazzi potevano fare altro, di meglio, per loro e le loro comunità e invece adesso sono dentro un labirinto, che per trovare sbocchi, ha bisogno del nostro lavoro sul campo, non dei nostri complici silenzi. Abbiamo fatto tutto per loro?

«Bisognerebbe per prima cosa, come si fa con la lana grezza, ripulire con un bel bagno tutto l’unto della città; su un letto, battere con un bastone e togliere via malvagi e triboli; quelli che complottano tra loro e premono per le cariche, cardarli e spelare loro la testa: poi raccogliere in un paniere la concordia comune, mescolando tutti, i meteci, gli stranieri che vi sono amici, chi ha un debito verso l’erario, e farne tutto un miscuglio. Le città, perdio, nelle quali ci sono coloni di questa terra, dovreste capire che sono per noi come bioccoli di lana disseminati ognuno per sé; tutti questi, bisogna prenderli, metterli insieme, raccoglierli in uno solo, e poi farne un grosso gomitolo e con questo tessere un mantello per il popolo»

Aristofane, Lisistrata, 574-86
(testo tratto da “Il sapere mitico” un’antropologia del mondo antico a cura di Maurizio Bettini, Piccola Biblioteca Einaudi).

Mentre scrivo, la sera, ascolto dalla finestra alcune ragazze cantare per strada: gioiose, sorridenti e spensierate; a queste donne dobbiamo guardare con ottimismo; ai ragazzi e alla ragazze con lo sguardo pulito rivolto verso l’orizzonte.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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