La storia velata: curvare lo sguardo storico per trovare le tracce dei vinti

La storia velata: curvare lo sguardo storico per trovare le tracce dei vinti

La storia è stata scritta quasi sempre dai vincitori.

La storia velata: curvare lo sguardo storico per trovare le tracce dei vintiMa i vinti dove hanno potuto hanno lasciato sempre le tracce della loro presenza, costretti a nascondere la propria identità dentro ogni cosa. La nostra società, dentro questo tempo, ha come dimenticato, rimosso e soprattutto rimodellato la storia più antica, secondo schemi precostituiti dalle ideologie culturali dominanti. In pratica curviamo la storia assecondando le nostre convinzioni e convenzioni.

In questo senso – nel territorio etneo – appare interessante puntare lo sguardo sulla transizione tra la fase tardo antica e il medioevo. Il passaggio doloroso e misterioso tra il paganesimo e il cristianesimo. Consumato e documentato dalla letteratura cristiana (vincitrice) sulla cultura greco-romana (innestata in quella più antica) che per secoli aveva costruito il paesaggio culturale che oggi tutti noi ammiriamo. Tra il III-IV secolo e l’XI secolo, in circa seicento anni, attraversati e modellati dalla cultura Visigota, Bizantina, Araba e Normanna, siamo riusciti a estirpare – quasi completamente – l’idea stessa di paganesimo, confinandolo nel territorio del “demonio” (Catherine Nixey, 2017).

In pratica abbiamo convertito i paesaggi – culturali e ambientali – al Cristianesimo, costruendo una nuova visione dei luoghi, coerente alle politiche cristiane. Una nuova geografia del sacro che ha tradotto le permanenze stratificate nei secoli, interconnesse tra loro, in un nuovo linguaggio che aveva come scopo la cancellazione delle preesistenze. Una nuova mappa, un atlante ideologico che rinomina e “inventa” storie per diventare un “isolario” rinnovato e teologicamente orientato. Cambia la stessa natura dello spazio, della sua rappresentazione, delle modalità di attraversamento (Farinelli 2003).

Quando Benedetto XVI affermava che il monachesimo rappresenta l’identità dell’Europa, non parlava solo della matrice religiosa – cosa che ha scatenato sterili polemiche – ma del riconoscimento che si deve attribuire ai monaci basiliani (oriente) e benedettini (occidente) nell’aver ristrutturato i territori, riproponendo l’armatura fondiaria romana, riattivando le linee della mobilità, rigenerando – prima le campagne – e successivamente le città. Un lavoro prezioso che esigeva un prezzo, la cancellazione dell’armatura del sacro di matrice pagana e per farlo il pagano doveva diventare il demonio.

L’efficacia di questo programma politico e religioso imponeva protocolli precisi, azioni codificate (Teodosio II, 391).

La storia velata: curvare lo sguardo storico per trovare le tracce dei vintiA partire dal IV secolo, nell’area orientale del Mediterraneo, si sviluppa una pratica di “conversione” che arriva nelle nostre terre italiche solo nel VI secolo, in epoca Bizantina. La Sicilia è uno dei punti chiave nello scacchiere mediterraneo, luogo di partenza e di arrivo dalla Terra Santa, dalle coste greche e del nord Africa, pontile estremo verso sud per il nord Europa. In questa terra si incrociano le agiografie dei santi, tutti a caccia di “demoni”, quindi tutti impegnati ad estirpare gli usi e le credenze dei pagani, anche con la morte e la violenza, sulle antiche pietre, sulle città e sugli uomini (S. Agostino V sec).

Serve ricordare in tal senso la definizione che il vocabolario Treccani offre del termine “pagano”: agg. e s. m. (f. -a) [lat. paganus, quindi propr. «abitante del villaggio», e più tardi «pagano»; il mutamento di sign. potrebbe essere dovuto al fatto che l’antica religione resistette più a lungo nei villaggi che nelle città; secondo altra ipotesi paganus, che aveva già nel lat. class. il sign. di «civile, borghese, non militare», contrapponendosi quindi a miles, avrebbe acquistato il nuovo sign. perché i primi cristiani, che si consideravano militi di Cristo, chiamavano pagani, cioè «borghesi», gli infedeli; più recentemente si è sostenuto che il pagus era un’entità non soltanto sociale ma anche religiosa, con proprie feste pubbliche sacre (paganalie), sicché paganus sarebbe stato colui che si manteneva fedele ai valori sacri tradizionali del pagus].

La storia velata: curvare lo sguardo storico per trovare le tracce dei vintiLe cose si complicano per lo storico, perché la carenza di documenti che testimoniano tale transizione – e sarebbe comprensibile, visto che a scrivere la storia sono proprio i monaci – tra il paganesimo e il cristianesimo ci privano di dati certi che andrebbero ricercati tra le pieghe della storia, magari riconfigurando nuovi paradigmi.

Le recenti scoperte nel territorio di Paternò, il possibile santuario della Salinelle (Brugnone, 2017) confermerebbero la tesi secondo la quale il monachesimo occupa i luoghi sacri diffusamente e per tale motivo, attraverso un percorso alla rovescia, è possibile rintracciare l’isolario del sacro pre-cristiano a partire dalle permanenze monastiche. Da queste è possibile ricostruire una mappa del territorio e le forme stesse della città antica, per individuare nuovi territori di approfondimento archeologico e storico. Seguendo le vie delle stelle, dell’acqua, del fuoco e degli uomini.

Lo studio della transizione religiosa, l’analisi delle permanenze antropologiche, la ricognizione della forma della città e dello spazio sacro – nelle sue innumerevoli mutazioni – l’archeometria e la geofisica, possono restituire una nuova energia alla ricerca archeologica, permettendo di restituire una “verità” nascosta: per malizia, per interesse, per ignoranza. Unico indizio di partenza: il paesaggio – culturale, fisico, teologico, antropologico, architettonico e documentaristico – cosi come lo percepiamo adesso è solo il risultato di un processo lungo, complesso e ideologizzato. L’uomo, la sua necessità di abitare i luoghi nel tempo e le vie di comunicazioni, dell’acqua e le linee del fuoco, sono la traccia da seguire per dirimere il mistero della metamorfosi delle città e dei suoi territori. È necessario cominciare a curvare diversamente lo sguardo storico, orientare e mirare in direzioni alternative alle consuetudini ereditate da una storiografia che trasmette acriticamente il nozionismo consolidato (spesso mitizzato dal tempo). Guardare altrove, oltre, fino a rischiare di doversi smentire. Nessuna ricerca parte da certezze ma dall’intuito del ricercatore, non conta cosa cerchi ma come lo cerchi (Joaquín Ibáñez, 2008).

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

1 Comment

  1. Oltre a quanto hai magistralmente esposto, io tendo ad estrapolare dal complesso palinsesto della storia e dalle testimonianze archeologiche, antropologiche e culturali, i messaggi che molto spesso, se non quasi sempre, non recepiamo. Mi riferisco al senso delle azioni umane, alla stupidità della guerra, al necessario rispetto per l’ambiente e il Pianeta: La Storia ci mostra anche e soprattutto questo, ed è da irresponsabili peraltro non così dotati di intelligenza non capirne la lezione. Solo per fare un esempio, la civiltà dell’isola di Pasqua si estinse e con essa ovviamente i suoi abitanti, perchè peer un errato concetto di sviluppo e benessere, tagliarono tutti gli alberi… più lezione di questa…..

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