Firenze, l’infermiera assolta in Appello: “Io le vite le ho salvate e non soppresse. Sospetto era male assoluto”

Firenze, l’infermiera assolta in Appello: “Io le vite le ho salvate e non soppresse. Sospetto era male assoluto”

Assolta dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze Fausta Bonino, l’ex infermiera di Piombino accusata di aver ucciso diversi pazienti con dosi letali di eparina.

Per lei, racconta al Corriere della Sera, la cosa più bella non è stata la lettura della sentenza di assoluzione, ma l’abbraccio del figlio Andrea, un medico dell’ospedale di Firenze:

«Mentre piangevo, ancora frastornata — ricorda — mi ha baciata e mi ha detto che era convinto che sarei stata assolta. Mi è stato sempre vicino questo figlio dottore, mi ha dato la forza, ha creduto in me e io non l’ho tradito, non solo come mamma ma anche come infermiera. Per sei anni lunghissimi mi hanno accusato di aver assassinato con iniezioni di eparina da 4 a 14 pazienti dell’ospedale di Piombino dove lavoravo. Per me ha significato il male assoluto. Non solo come donna e come mamma di due figli, uno dei quali medico, ma come infermiera. Io le vite le ho salvate non soppresse. E solo il sospetto sarebbe stato insopportabile».

«Chi mi conosce sa come ho lavorato in reparto. Non mi sono mai risparmiata, ho lavorato da sola anche con turni pesantissimi e l’ho fatto con amore e dedizione. Quando venni arrestata, nel marzo del 2016, mi chiusero in una cella del carcere Don Bosco di Pisa senza che io riuscissi a capire quale fosse l’accusa. Non potevo parlare con nessuno – continua – neppure con mio marito e i miei figli. Tutte le carcerate giuravano di essere innocenti, ma io lo ero davvero e non parlavo. Ci sono stata 21 giorni in galera ed è stato terribile. Quando sono uscita, grazie al tribunale di sorveglianza, ho pensato che ormai le cose peggiori fossero passate, che la verità sarebbe venuta alla luce. E invece poi è arrivata la sentenza di primo grado. Si era indagato a senso unico. Ma non do giudizi, non ho rancori. È stato un errore giudiziario clamoroso ma per fortuna oggi (ieri, ndr) a Firenze si è dimostrato che la giustizia esiste».

«Lo choc però di quella sentenza me lo porto ancora dentro. Ero libera, in attesa degli altri gradi di giudizio, ma non riuscivo ad uscire da casa. Mi sono auto condannata ai domiciliari. Sono rimasta stupita dalla solidarietà che mi ha circondato. Tutti credevano alla mia innocenza – racconta ancora l’ex infermiera – Non ho mai ricevuto minacce, critiche, sguardi di odio. I familiari delle vittime li ho visti solo durante le udienze. Avrei voluto parlare con loro, ma ero imbarazzata. Che cosa avrei potuto raccontargli se non che ero innocente? Mi dispiace che dopo anni ancora non sia stato trovato il colpevole. Spero che prima o poi la verità venga fuori. Ora l’unico mio pensiero è quello di riposarmi e di stare in famiglia. Poi arriveranno i miei figli e cercheremo di ritrovare un po’ di serenità e andrò al santuario di Montenero, sulle colline di Livorno, a ringraziare la Madonna». Di un eventuale ricorso in Cassazione, dice di non aver paura. «È tornata la mia fiducia nella giustizia. Non ho più paura».

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