Licata, una eredità contesa ha provocato la strage: sindaco proclama lutto cittadino

Licata, una eredità contesa ha provocato la strage: sindaco proclama lutto cittadino

«La comunità di Licata è sgomenta e l’amministrazione comunale si sta muovendo per dichiarare il lutto cittadino per i funerali delle vittime dell’efferato omicidio, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia».

Lo ha detto, nei corridoi del Municipio di Licata, il vice sindaco Antonio Montana.

«Personalmente non riesco a trovare una ragione per la tragedia che si è verificata, ma in questi casi non ci sono ragioni razionali per giustificare – ha aggiunto Montana – Conosco dei parenti delle vittime e so che sono gente perbene, grandi lavoratori. L’unica spiegazione che si può dare è quella di un raptus di follia».

Ci sarebbe una serie di contrasti legati a una eredità dietro la strage familiare commessa a Licata, questa mattina da Angelo Tardino, 48 anni. L’uomo, trasportato in elisoccorso all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta in «coma irreversibile, piantonato dai carabinieri», come spiegato dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, è deceduto in tarda mattinata a causa delle gravi lesioni. L’assassino era andato, alle prime luci del mattino, in contrada Safarello, dove si trova la casa di campagna del fratello Diego, 45 anni: nella stessa zona ci sono dei terreni lasciati in eredità dal padre, tutti coltivati a primizie. Tra i due fratelli sarebbe scoppiata una violenta lite, l’ennesima, per questioni di spartizione delle aree coltivate. Durante il litigio, Angelo Tardino ha estratto una pistola Beretta calibro 9×21 e fatto fuoco contro il fratello Diego, la cognata Alexandra Angela Ballacchino, 40 anni, e i due nipoti Alessia di 15 e Vincenzo di 11 anni; il piccolo sarebbe stato trovato sotto il letto avvolto con una coperta. L’omicida, secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dal procuratore e dal sostituto Paola Vetro, è poi salito in auto raggiungendo via Mauro De Mauro sparandosi alla tempia con una pistola a tamburo marca Bernardelli. Entrambe le armi utilizzate nella tragedia erano legalmente detenute. I militari dell’Arma, avvisati dalla moglie, si erano messi sulle tracce dell’uomo con cui avevano parlato telefonicamente per convincerlo a costituirsi, ma inutilmente: durante la conversazione, ha rivolto contro di sé la pistola e ha fatto fuoco. È stato rintracciato nell’abitacolo, in via Mauro De Mauro: in primo tempo era stata comunicata la sua morte, poi i sanitari hanno rilevato che era ancora vivo, seppure in condizioni disperate; è morto poche ore dopo nell’ospedale del capoluogo nisseno.

PARLA LA CUGINA: “SIAMO SCONVOLTI”

«Siamo sconvolti. Non ci saremmo mai aspettati questa tragedia. Perché Diego ha aperto la porta a quell’assassino? Maledetto assassino». Lo ha detto all’Adnkronos una cugina di Alessandra Ballacchino, la moglie di Diego Tardino, uccisi da Angelo Tardino, con i due figli di 15 e 11 anni. La donna è chiusa in un’auto di colore blu, a due passi dal luogo della strage. Con lei un’amica. «Perché non ci hanno permesso di dare un ultimo saluto ai nostri cari? – dice piangendo- Volevamo solo salutarli. Povere creature…». Piange a dirotto la donna. Poi spiega: «Tra i due fratelli c’erano frizioni da parecchio tempo. Prima abitavano nello stesso palazzo. Ma litigavano in continuazione per la divisione di alcune proprietà agricole. E alla fine Alessandra ha deciso di andare a vivere qui in campagna, pur di non avere nulla a che fare con quel pazzo». Intanto i mezzi delle onoranze funebri sono arrivati sul luogo della strage. Per trasferire i corpi all’ospedale di Agrigento per l’autopsia.

LA PREGHIERA DELL’ARCIVESCOVO PER LE VITTIME

«La tragedia di Licata costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura, sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale». Lo ha detto Monsignor Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento. «Esige una inderogabile presa di coscienza individuale e comunitaria sul valore della persona umana, soprattutto se innocente e indifesa, e sull’importanza della cura delle relazioni, al di là di ogni ferita e di ogni offesa – prosegue – sono profondamente addolorato per quanto accaduto, assicuro la mia preghiera per le vittime ed esprimo la mia vicinanza e il mio cordoglio alla famiglia e all’intera città di Licata», conclude Monsignor Damiano.

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