Transizione, governare lo spazio in cui tutto è metamorfosi

Transizione, governare lo spazio in cui tutto è metamorfosi

«Passaggio da una situazione a un’altra sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto».

In pratica è la nostra condizione permanente. Oggi questo termine ci riporta all’idea di transizione ecologica, energetica, epidemiologica. Un lessico che possiamo trovare dentro molte argomentazioni per descrivere tantissimi scenari della nostra vita privata e collettiva.

Governare la transizione, il passaggio, il cambio di status.

Individuare le modalità, i protocolli e le azioni più utili per modificare gli oggetti, i mercati, le condizioni di salute, i sentimenti. Un elenco infinito di temi nel tempo.
Transizioni nella comunicazione, forse le più rilevanti per l’uomo. Gesti, suoni, segni, scrittura, stampa, digitale. Il punto è capire cosa è successo nella fase della transizione. In quelle che potremmo definire le “norme transitorie” delle tecnologie comunicative. I modi e i tempi sono la chiave per capire i processi e governare gli effetti dell’entropia.

La transizione tra l’arte pittorica, prima dell’invenzione della macchina fotografica e dopo.

Una rivoluzione globale che ha modificato il punto di vista e l’oggetto della rappresentazione. Ma la cosa straordinaria è quel tempo di transizione in cui nascono i conflitti, le contraddizioni, le divergenze. Un istante, lento o veloce, dentro il quale si sedimentano le battaglie ideologiche, gli scarti di produzione, le sperimentazioni.

Ecco, gli scarti e i metabolismi della fase di transizione sono di grande interesse.

Transizione, governare lo spazio in cui tutto è metamorfosiSono la fotografia sospesa di una manifestazione complessa. Prove, prototipi, procedure tutte in divenire. Un territorio indeterminato dove il passato e il futuro coesistono. La paura dell’ignoto e la rassicurazione del passato. Abitudini che vengono sconvolte dall’innovazione che è ancora sperimentale. In questi anni la stiamo vivendo per i vaccini anti Covid. La scienza che ammette sin dall’inizio la sua fragilità per una malattia sconosciuta. L’illusione dell’assoluto scientifico in medicina. La forza di tentare l’impossibile. Gli errori, gli aggiustamenti, le soluzioni e poi ancora contraddizioni e scoperte utili per tutti, nel dubbio viviamo questo tempo con fiducia verso gli scienziati.
Elena Cattaneo – senatrice e farmacologa – a Catania in questi giorni per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università, dichiara: «la scienza è solo un metodo che restringe i campi dell’incertezza». La scienza è, quindi, il territorio della continua transizione, della messa in discussione delle idee che determinano le verità probabili.
Lorenzo Nigro, archeologo, ha messo in discussione l’autenticità della maschera di Agamennone scoperta da Heinrich Schliemann, il padre dell’archeologia pre-ellenistica. Niccolò Copernico cinquecento anni fa tolse la terra dal centro dell’universo e tutto cambio per sempre.
Sono solo alcuni esempi, tra mille, che dimostrano la fragilità delle certezze umane. E dentro quelle incertezze, si insinua la transizione, il momento drammatico in cui tutto può essere e nulla è certo e sicuro. Cosa succede in quei momenti dove tutto cambia? Cosa pensiamo? Come ci poniamo? Verso l’innovazione o aggrappati al passato? Cosa è giusto? Nessuno racconta dei tanti fallimenti che hanno generato scarti, usati successivamente per innovare con successo.

Ci sono tanti modi per interpretare la transizione e le sue implicazioni pratiche.

Transizione, governare lo spazio in cui tutto è metamorfosiNell’uso della macchina elettrica, per esempio. Cosa succederà quando quasi tutti useremo macchine elettriche? Che fine faranno i distributori di carburante così come sono concepiti adesso? Quando ordineremo il cibo prevalentemente da casa per vederci con gli amici, cosa diventeranno i ristoranti tradizionali? Forse scuole di degustazioni e spazi espositivi? I luoghi saranno modificati con le transizioni, prenderanno altre forme e assolveranno a funzioni diverse da come li abbiamo conosciuti. Le transizioni modificano lo spazio pubblico, collettivo e privato.

L’interesse di questa riflessione è indirizzare lo sguardo del lettore verso quel tempo – appunto, della transizione – in cui tutto è compresente, Il prima e il dopo. In Italia abbiamo il Ministero della Transizione (ecologica) ed è già un passo avanti ma dobbiamo educare più diffusamente alla cultura del cambiamento, in tutti i sensi. Cioè coltivare il senso del transitorio e quindi della gestione di questo tempo di mezzo. Cosa fecero i monaci del ‘400 quando spuntò come un demone sulle loro vite la stampa? Quanto impiegarono per modificare ogni loro liturgia del lavoro in biblioteca?

Transizione, governare lo spazio in cui tutto è metamorfosiAlcune generazioni sono state fortunate per certi versi. Sono i testimoni di due momenti differenti e hanno vissuto la transizione. Ci può essere transizione anche in politica – veloce, lenta o come vi pare – nel passaggio da uno scenario all’altro. Quindi il tema è governare quello spazio in cui tutto è metamorfosi.

Anche per i cristiani c’è una transizione importante, tra la vita e la morte, nella pasqua, per il solstizio d’inverno e d’estate. Il calendario agro-pastorale è un’esplosione di transizioni e transumanze. La nostra attenzione è rivolta a quelle liturgie del passaggio.

Cosa succede? Siamo consapevoli? Forse la transizione è il tempo ordinario, il momento della consapevolezza, il viaggio di Ulisse (Itaca, Kostantino Kavafis) . Il punto di partenza e di arrivo sono soltanto la scusa per transitare verso l’avventura. Il momento di massima energia, di infinita felicità o di dolore. L’arte, la scienza, la religione, la società, i mercati, l’amore vivono di transizioni infinite. Anche il nostro corpo, è un tempio della transizione, un laboratorio permanente di cambiamento.

Oggi siamo nel mezzo di una nuova transizione, la pandemia ha accelerato il processo, cosa diventeremo tra qualche decennio? La fissità delle cose è innaturale, tutto cambia.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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