In Russia spopola il film “The Bunker Game” del regista abruzzese Zazzara: torna attuale l’incubo di un conflitto nucleare

In Russia spopola il film “The Bunker Game” del regista abruzzese Zazzara: torna attuale l’incubo di un conflitto nucleare

La sua opera prima da regista sta spopolando in Russia, dove resiste nelle sale proprio dal giorno dell’inizio della guerra ucraina facendo registrare ottimi incassi.

E per Roberto Zazzara, un tale successo nel Paese che ha fatto ripiombare il mondo nell’incubo di un conflitto nucleare non può essere casuale. Con il suo `The Bunker Game´, il 43enne regista abruzzese è riuscito ad anticipare temi oggi tristemente tornati di stretta attualità.

Ma il suo, racconta Zazzara in un’intervista a LaPresse, è soprattutto «un film di forti sensazioni, emozioni e paure, di ricordi e speranze rinchiusi sottoterra, lungo chilometri di tunnel, che aspettano solo di essere visitati e raccontati». Il tunnel è quello scavato all’interno di un enorme bunker sotterraneo dalla lunga storia, quello del monte Soratte, fatto costruire da Benito Mussolini come suo rifugio e occupato per anni dai nazisti. E’ al suo interno che il film è interamente girato e ambientato. I protagonisti sono un gruppo di giocatori che interpretano un gioco di ruolo dal vivo, nel gergo un Larp (acronimo di Live action role playing). Dopo diversi incidenti la protagonista Laura (interpretata dall’attrice francese Gaia Weiss) decide di interrompere il gioco. Nel frattempo Greg, il suo amante e mastermind del gioco, è sparito e qualcuno dovrà cercarlo nei tunnel scuri e misteriosi che nascondono antichi orrori.

Il film, distribuito in Italia da Eagle che è anche co-produttore insieme a Be Cool, sarà presentato in anteprima in Italia il 25 aprile a Napoli nell’ambito del Comicon.

Poi uscirà nelle sale il 2 e 3 maggio. «Da tempo volevo ambientare un film nel mondo dei giochi di ruolo, mi piaceva l’idea di personaggi che stanno a loro volta interpretando personaggi in una sorta di realtà schizofrenica non lontana da quella che viviamo oggi», spiega Zazzara, già autore del pluripremiato documentario `Transumanza´ e, nella veste di direttore della fotografia, di progetti internazionali tra cui la pellicola indiana `Boomika´ (Netflix Original) che ha ottenuto il primo posto nella top ten in vari paesi asiatici.

«Un thriller-horror italiano – sottolinea – è ormai una cosa abbastanza rara e posso dire un’esperienza piuttosto impegnativa proprio perché in qualche modo noi italiani che abbiamo fatto la storia del cinema di genere abbiamo proprio perso il know how, quindi parte del lavoro è consistita proprio nel cercare collaboratori e riscoprire certe dinamiche del genere». Il film è uscito il 10 marzo in Polonia, ai confini dell’Ucraina, raggiungendo il quinto posto nella classifica degli incassi. Fino alla scorsa settimana, `The Bunker Game´ era ancora in 200 sale in Russia.

«Secondo me il motivo fondamentale del successo del film in paesi come Polonia e Russia è in qualche modo legato proprio al desiderio di molti di andare al cinema per vedere qualcosa che si intreccia con le paure attuali. Penso sia giusto che registi e autori abbiano la capacità di stare un passo avanti rispetto a quello che potrebbe succedere. Un’altra cosa interessante è che se all’inizio della storia i fantasmi del passato come il nazismo e la paura del nucleare sono un gioco, i protagonisti da un certo punto in poi rimangono intrappolati in queste paure», racconta il regista, che parlando della scelta di rimanere in Russia nonostante l’invasione ucraina e l’ondata di sanzioni precisa: «Le grandi distribuzioni americane non hanno fatto uscire nuovi film, ma quelli in sala non li hanno ritirati. Stiamo poi parlando di major americane che hanno un potere assoluto non paragonabile con quello di distribuzioni più piccole».

Per Zazzara, restare in Russia è anche un modo per tenere vivo il dialogo con la popolazione.

E, soprattutto, per preservare il patrimonio artistico di un Paese: «Trovo che sia una follia boicottare l’arte e i suoi autori. Bisogna poi pensare che molti artisti, ai quali è stato chiesto di schierarsi contro Putin, vivono e hanno le proprie famiglie in Russia. Per assurdo, rinunciare all’arte e all’intrattenimento significherebbe tagliare i ponti con il pubblico russo e lasciarli in mano alla comunicazione autoctona. Continuiamo invece a mandare messaggi al popolo russo e a comunicare con l’altro fronte. Altrimenti – conclude – torniamo alla Guerra Fredda».

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