‘P38-La Gang’ decanta le gesta delle Brigate Rosse. Il sindaco di Reggio Emilia: “È una vergogna e un grande insulto”

‘P38-La Gang’ decanta le gesta delle Brigate Rosse. Il sindaco di Reggio Emilia: “È una vergogna e un grande insulto”

Sul palco rievocano le Brigate Rosse, con tanto di bandiera con la stella asimmetrica a cinque punte e brani che iconizzano l’omicidio di Aldo Moro.

Fa rumore – più di quanto abbiano fatto realmente davanti a una sessantina di persone – il concerto della `P38 – La Gang´ (nome che riprende tra l’altro proprio l’arma simbolo degli Anni di Piombo) andato in scena a Reggio Emilia nel circolo Arci `Il Tunnel´, storico locale della città, in occasione del Primo Maggio, nell’ambito della `Festa dell’Unita´ Comunista’. Proprio nella terra dove una costola delle Br è nata cinquant’anni fa, in particolare nelle colline reggiane fra Pecorile e Costaferrata, dove nella trattoria `da Gianni´ tra un piatto di tortelli e un bicchiere di Lambrusco, si riunirono attorno a un tavolo i fondatori Renato Curcio, Margherita `Mara´ Cagol, Alberto Franceschini i quali, assieme agli altri sovversivi reggiani estremisti di sinistra Lauro Azzolini, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e Tonino Loris Paroli, diedero vita alla cruenta organizzazione terroristica che paralizzò l’Italia negli anni Settanta-Ottanta. Un regime di paura di cui ora la `P38´ ne decanta le gesta. La band è composta da giovani anonimi – accompagnati solo dai loro nomi d’arte Astore, Papà Dimitri, Jimmy Pentothal e Yung Stalin – che si sono esibiti a volto coperto con passamontagna bianco.

«Trappisti brigatisti» si definiscono sulla pagina social del gruppo.

O anche un «collettivo musicale artistico insurrezionale». Tra i titoli dei loro testi spiccano «Renault» col verso (o barra, come si usa dire nel linguaggio rap) «Zitto Zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4..», rimandando all’immagine dell’auto rossa nella quale venne trovato Moro. E ancora «Nuove Br’ o «Gulag», si legge scorrendo nel loro repertorio, con contenuti tipo «sono coi miei fratelli sulla tomba di Montanelli» oppure «c…in testa alla Lega e poi sparo a Matteo (Salvini, ndr)». I primi a insorgere sono stati gli esponenti del movimento di destra Reggio Emilia Identitaria che ha denunciato il fatto chiedendo «la chiusura del locale».

D’altra parte però il presidente del circolo Arci in questione, Marco Vicini ha difeso il gruppo musicale, (che tra l’altro già si è esibito nei mesi scorsi all’ex centrale di Bologna, poi a Firenze, Roma, Padova e Bergamo) parlando con il Resto del Carlino. L’Arci provinciale gli va contro, «dissociandosi dai contenuti espressi dallo spettacolo del gruppo `P38´», lasciando presagire possibili provvedimenti: «Incontreremo i vertici del circolo per chiarire la vicenda». La band d’altro canto si difende. «Se davvero fossimo componenti di un gruppo armato clandestino forse strillarlo nei pezzi e sui palchi non sarebbe la migliore strategia da adottare. Siamo estremi e provocatori? Il fatto che qualcuno si indigni è, in un certo senso, previsto. Siamo qui per creare slanci. Consigliamo di non trattarci come una malattia, ma come un sintomo: alla fin fine, noi non siamo che uno sfogo». Ma fin dove si può spingere un artista?

Il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi non ha dubbi:

«Deve esserci un limite. Quanto accaduto è una vergogna e un grande insulto alla nostra città, al Paese e alle famiglie che hanno perso i propri cari per mano del terrorismo». Sdegno anche da parte di Lorenzo, figlio di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle nuove Br che ha utilizzato il termine «schifose» per definire le provocazioni della band. Ferma condanna anche da parte del centrodestra, con il deputato di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami che annuncia di «presentare un esposto in Procura». Mentre intanto, la Digos di Reggio Emilia sta svolgendo accertamenti su disposizione dell’autorità giudiziaria.

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