Centrodestra, distanze incolmabili tra FdI, Fi e Lega: chi vince a Palermo dirà l’ultima parola sul Musumeci bis

Centrodestra, distanze incolmabili tra FdI, Fi e Lega: chi vince a Palermo dirà l’ultima parola sul Musumeci bis

Il tanto atteso vertice alla fine non c’è stato.

A nulla sono valsi i numerosi appelli della leader di Fdi a un confronto, tanto meno il tentativo di mediazione che Berlusconi ha messo in campo parlando `singolarmente´ sia con Meloni che con Salvini.

Le distanze sembrano incolmabili, una frattura praticamente insanabile dalla rielezione di Sergio Mattarella che, a quattro mesi di distanza, si è trasformata in una voragine. Impossibile che i tre leader della coalizione riescano a incontrarsi prima della presentazione delle liste (la scadenza è fissata per sabato 14 maggio alle 12) e la fotografia della coalizione nelle prossime amministrative del 12 giugno certifica un centrodestra diviso, nella maggior parte dei capoluoghi e, dove è in corsa compatto, la sensazione è quella che si preferisca `non metterci la faccia´.

Emblematica la situazione a Palermo dove, fanno notare diverse fonti sul posto, il candidato attorno al quale si sono riuniti gli alleati, Roberto Lagalla, «non è espressione di nessuno dei tre partiti e quindi nessuno può vincere o essere direttamente sconfitto».

Una strategia, la lettura di altre anime della compagine, che vuole invece gettare le basi per un eventuale accordo sulla Regione Siciliana. Nè Forza Italia nè la Lega vogliono, infatti, sostenere il bis di Nello Musumeci, sponsorizzato da Meloni, ma l’esito delle comunali potrebbe fornire a chi ha ottenuto più voti l’ultima parola su Palazzo d’Orléans. Per questo avanza il timore che il vertice del chiarimento si trasformi in una conta e che si tenga solo dopo il 12 giugno per mettere sulla bilancia il peso di ciascuna forza politica per decidere quale piega dovrà prendere la coalizione o addirittura lo stato di salute della stessa in vista del voto delle politiche. Nessuna conferma arriva dai rispettivi staff, anzi, l’auspicio è che Salvini, Meloni e Berlusconi riescano nell’impresa di riunirsi poco prima dell’apertura delle urne in una grande reunion per dare l’immagine di una squadra compatta e unita, pronta a vincere.

Lo spettro della scorsa tornata elettorale di ottobre, tuttavia, aleggia anche su questa chiamata al voto, con effetti che potrebbero essere a livello nazionale. I risultati delle amministrative potrebbero, non solo nel centrodestra, decidere sulle sorti della legge elettorale e disegnare nuove geometrie a favore o in senso opposto del proporzionale. Meloni sul tema ha auspicato «compattezza» contro una ipotesi che per la coalizione sarebbe storicamente inusuale. I contatti tra Lega e M5S su questo fronte sono solo sussurrati, e c’è chi tra i corridoi di Palazzo Madama non esclude che, nel caso di uno stacco importante di Meloni su Salvini, il leader del Carroccio viri o quantomeno non alzi le barricate contro una eventuale modifica dell’attuale sistema di voto.

Nella Lega, comunque, non è di certo la legge elettorale il primo pensiero. Il Capitano è impegnato nella sua missione per la pace in Ucraina, tanto da aver chiesto proprio oggi un incontro al presidente del Consiglio, Mario Draghi, per fare il punto dopo il faccia a faccia con Joe Biden. Le amministrative, invece, potrebbero trasformarsi in un giro di boa per il partito, soprattutto a fronte di risultati al di sotto delle aspettative. I malcontenti nei confronti di Salvini e della sua gestione del Carroccio sono numerosi e si attende di concretizzare i consensi per poi chiedere una discussione interna. Intanto, oggi è arrivato l’addio del deputato Francesco Zicchieri, che approda al Misto. La notizia, anticipata dal Foglio, è stata confermata dai vertici del Carroccio. Durissimo l’ex leghista, che accusa: «Dunque ora basta. La crisi della Lega passa soprattutto da Salvini: non è un leader leale, e queste sono le conseguenze. Me ne vado».

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