Carceri, stop all’uso del farmaco Lyrica: detenuti lo sniffano come cocaina

Carceri, stop all’uso del farmaco Lyrica: detenuti lo sniffano come cocaina

Già da alcuni mesi, la sanità penitenziaria, ha deciso di sostituire il Lyrica – farmaco in compresse per il dolore neuropatico che i detenuti hanno `imparato´ a scaldare per assumerlo in polvere sniffandolo come fosse cocaina,

con gli stessi effetti – con un altro medicinale, il Gabapentin che ha le stesse indicazioni ma anche se non assunto `correttamente´ non provoca `alterazioni´.

Solo che nel carcere di Cremona è probabile che alcuni detenuti non avessero fatto la `terapia´ a scalare prima di sospendere il Lyrica e così c’è stata la protesta sfociata negli incendi.

«Questa circostanza è stata vissuta male dai detenuti che hanno inscenato la manifestazione violenta – ha spiegato a Radio24 Rossella Pasquini Peruzzi la direttrice del carcere di Mantova che come facente funzione ha seguito l’emergenza scoppiata nel carcere di Cremona, dove la direttrice `titolare´ era assente per un convegno – ora la situazione è sotto controllo. Già dal mese di aprile, mi ha detto il dirigente sanitario, si è iniziato a informare la popolazione detenuta che ci sarebbe stata questa sostituzione del farmaco e che avrebbero anche iniziato con una procedura `a scalare´ ».

Il problema del Lyrica, prosegue Pasquini Peruzzi, «è che viene assunto in compresse per bocca ma i detenuti ne fanno il cosiddetto `misuso´ (uso inappropriato, ndr) e quindi la sniffano con gli effetti tipici della cocaina, effetti altamente eccitanti».
Quella di sostituire il Lyrica «è stata una decisione presa proprio a tutela della salute dei detenuti, perché è un farmaco pericoloso nel caso in cui se ne fa un uso diverso da quello che deve essere fatto», sottolinea la direttrice Pasquini Peruzzi.

Per quanto riguarda la dipendenza generata dall’uso improprio del Lyrica, «so che il dirigente aveva incontrato gruppi di detenuti assuntori del farmaco, poi anche singolarmente, proponendo un dosaggio a scalare, e so che ci sono state in alcuni casi anche delle resistenze». «Io credo che il problema – chiarisce Pasquini Peruzzi – possa essere nato anche per quanti non abbiano fatto un uso `a scalare´ nel senso che queste medicine purtroppo non sempre vengono assunte dalle persone che ne sono destinatarie, questo è un pochino il problema, e quindi può essere che ci sia stato comunque un uso del farmaco superiore rispetto al previsto».

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