Paternò, addio a Nino Tomasello “divulgatore-educatore”: rese viva la memoria della città

Paternò, addio a Nino Tomasello “divulgatore-educatore”: rese viva la memoria della città

E’ morto nella tarda mattina di oggi il paternese Nino Tomasello. Era ricoverato nell’ospedale ‘Cannizzaro’ di Catania dopo essere rimasto vittima di un incidente stradale il 4 luglio scorso.

Ci lascia Nino Tomasello, 77 anni, conosciuto come il professore. Ci lascia senza troppi clamori, circondato da quel silenzio che spesso lo ha sepolto e nascosto. Politico, sindacalista, “maestro” di scuola, storico e pensatore. Alcuni lo hanno conosciuto in un altro tempo, altri recentemente e questo ha determinato la percezione, in tanti, delle tante anime che rappresentava. Ognuno conosceva una parte della sua poliedrica attività. Minuto, fragile, mite ma nello stesso tempo battagliero.

Si definiva un “divulgatore-educatore” con modestia ma conosceva molto bene il metodo storiografico e le sue pubblicazioni sono oggi un contributo importante per conoscere la storia di questa città. Era consapevole della funzione didattica e pedagogica del suo lavoro; ha indagato in vari campi, intuendo direttrici di ricerca che nessuno ha realmente approfondito.

A lui si devono alcune definizioni, sul piano antropologico, sulla natura della città e dei suoi abitanti. Una delle più precise è quella che lega la figura del “massarioto” – con tutte le sue possibili declinazioni – ai comportamenti politici e sociali dei cittadini di Paternò. O la natura “feudale” della società locale, ancora condizionata dalle “famiglie” che come “massarioti” gestivano il territorio per conto dei nobili.

A lui si deve l’attenzione al tema della “memoria”, prefigurando persino la creazione di una banca della memoria, e la sua lungimiranza politica lo portava a prefigurare scenari che poi risultavano “fantascientifici” e quindi snobbati dall’élite politico-religiosa. Un grave errore per questa comunità che ha sempre emarginato i visionari per preferire quelle figure più circoscrivibili, quelle che stanno buone dentro precisi perimetri.

Le passeggiate con lui, lente e misurate, restituivano un palinsesto di notizie e aneddoti che dovevano essere registrate perché ricche di informazioni preziose per ricostruire la memoria. Tra i pochi ad aver intuito – in questo contesto culturale – l’importanza della visione “geografica” nello studio della storia. Un dettaglio che oggi fa la differenza nel lavoro di “svelamento” di cui necessità la città di Hybla-Paternò.

Negli ultimi anni è diventato sempre più un sollecitatore come per la figura di Cicerone, intuendo il nesso tra le Verrine e la città di Hybla-Aitna. Per questo motivo la visita a Centuripe per coinvolgere il nuovo sindaco della città, Salvo La Spina, che lo ha accolto con interesse qualche mese fa. Aveva un sogno, realizzare un evento tra Centuripe e Paternò per celebrare la figura di Cicerone. Sempre con un occhio alle scuole, alle associazioni e alla politica. Era il suo modi di dire che una comunità cresce se cresce in tutte le sue parti.

In tanti potranno parlare della sua esperienza politica, in tanti della sua esperienza di maestro e di storico, in tanti faranno silenzio, specie quelli che – misteriosamente – lo hanno silenziato molto tempo fa. Questa è una delle pagine mai scritte di un libro che resterà per sempre con i fogli in bianco ma qualcuno forse saprà leggere e raccontare più avanti.

Perdiamo una delle ultime figure iconiche della storiografia locale, un personaggio che ha saputo rimettere in discussione tutti i paradigmi pre-costituiti. Uno che ha saputo ascoltare e rivoluzionare le proprio certezze sulla storia della città. Uno che ha compreso il nesso tra teologia e antropologia, tra pedagogia e sociologia , tra documento storici e storia.

Resta il ricordo di un uomo minuto, scavato dal dolore per tutto quello che ha perso durante la sua vita, un uomo che ruscellava tra le parti della città. Che ha pagato a caro prezzo l’attraversamento di una strada maledetta come un uomo qualunque. Come quell’Antonio Gaudì – nella Barcellona dell’’800 investito da un tram. Investito chissà mentre pensava a cosa, chissà in quali ragionamenti era arrampicato.

Il suo volto era rassegnato, scavato, con quella sigaretta che determinava con le sue mani, una danza leggera, una mimica di altri tempi, di quella stagione politica e culturale che fu dagli anni ’70 fino ai ’90. Critico, provocatore, sollecitatore, imbarazzante, scomodo, scorbutico, a cavallo tra le figure di Diogene ed Eraclito. Conobbe molti potenti, uomini illustri e spesso era l’ombra di tanti fatti rilevanti per la città, con la fondazione Michelangelo Virgillito, con il Liceo Francesco De Sanctis, con i pozzi di acqua intorno a Paternò e con altre mille storie che lo videro protagonista silenzioso. Ma sono tanti i territori dove si è cimentato, sempre indirizzando, sottovoce, in silenzio, cosi come è andato via. Ma forse, adesso in tanti vorranno raccontarci meglio questo personaggio, il maestro Nino Tomasello: con lo sguardo dritto al futuro anche se i suo occhi sembravano rasseganti al declino di questa terra.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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