Disegnare per raccontare il territorio: da Giarre-Riposto una visione più coerente dell’universo Etna

Disegnare per raccontare il territorio: da Giarre-Riposto una visione più coerente dell’universo Etna

L’architettura come geografia. Camminare, cercare, di-segnare è il titolo di una ricerca che ha il suo epicentro in quel territorio che connette il mar Jonio all’Etna

All’interno di una fertile valle, disegnata dall’acqua che si riversa nell’acqua; un porto, una tappa, una possibile sezione geografica “terraquea”, che si chiama Riposto-Giarre.
Claudio Patanè (architetto) e Dario Calderone (archeologo) sono i pigmalioni di questo viaggio investigativo che – come Colapesce con la sua Sicilia – poggia su tre strategie culturali: la multidisciplinarità come metodo, il disegno come strumento, il territorio come laboratorio.

Disegnare per raccontare il territorio: da Giarre-Riposto una visione più coerente dell’universo Etna Il piano investigativo è utopico ma nello stesso tempo pragmatico. Misura lo spazio, ne svela l’armatura, restituisce le trecce nascoste, individua possibili verità, contamina il futuro. Le distanze dell’osservazione sono mutevoli e gli attori di tale azione utilizzano gli strumenti che meglio governano: disegni, racconti, immagini, camminamenti, archeologia, memorie, modelli e tanto altro. L’atlante che si determina, costituisce il patrimonio di saperi, utile per salvaguardare il paesaggio culturale. Cosa salvare, dove e perché. Se da una parte si registra un funzionalismo nel lavoro proposto, dall’altro si gode di una narrazione poetica che incanta l’osservatore. Gli attori diventano spettatori in un continuo pendolarismo tra le parti.

Lo sguardo è multipolo, senza una gerarchizzazione precostituita. Psicologi, antropologi, storici, archeologi, architetti, geologi, sociologi, insieme per capire, per trovare, per immaginare una metamorfosi possibile, che sia profetica e liturgica. Multidisciplinare, multilaterale, multidirezionale, con la necessità di una rappresentazione tridimensionale dello spazio fisico, culturale e trascendente.

Il disegno come strumento di conoscenza. Perché disegnare, tracciare con una matita un segno sulla carta, significa scegliere. Nell’universo infinito di forme, colori e sguardi, disegnare significa selezionare, determinare il perimetro dell’azione, decidere da quale parte vogliamo stare e cosa raccontare. I paesaggi offrono un atlante di strati, di costellazioni, di trame, di profondità e di sensi, che la nostra mente rielabora attraverso l’uso di strumenti complessi per uno scopo primordiale, ancestrale: capire la natura, rappresentarla e narrarla agli uomini. Ma non meno importante è collocare tutto questo nella dimensione del sacro, del trascendente. Il primo gesto che l’uomo pratica è orientarsi, dentro l’infinito e per farlo costruisce mappe: come collezione di luoghi pieni di storie, connesse tra loro da fili sottili, quasi invisibili.

Il territorio come laboratorio per definire il suo limite, le sue connessioni, le sue permanenze e le sue invarianti. Scoprire le parti, gli ambiti, le ragioni della forma della città costruita e coltivata. Definire un nuovo confine poroso, attraversabile, identitario. A partire dall’individuazione delle costellazioni del sacro, della natura divina, della cosmologia. Tra fiumi, tra terre, tra monti, tra mari. Il territorio che diventa paesaggio, identità, memoria e l’archeologia come un quaderno degli appunti: un elenco di landmark sottomessi e sottotraccia. La forma della città, come declinazione della forma della natura e del suo processo di sacralizzazione che si è sedimentato nei secoli. Orientamenti, allineamenti, corrispondenze, colleganze e i misteri della trascendenza che diventano segni, tracce, simboli.

Disegnare per raccontare il territorio: da Giarre-Riposto una visione più coerente dell’universo EtnaLuoghi invisibili, abitati e modellati. L’esperienza della micro architettura, che segna, posiziona, colleziona esperienze culturali, nuovi sguardi verso nuovi scenari. Un pendolarismo ossessivo tra pensiero e azione, tra sguardo e rappresentazione. Una sollecitazione nei confronti della cultura politica per definire politiche culturali.

Dentro questo progetto ci sono l’UID_Unione Italiana Disegno – il Premio UID Giovani 2022 “Vito Cardone”, l’Università Mediterranea di Reggio Calabria – Dipartimento Architettura e Territorio (dArTe), l’Università degli Studi di Catania – Dipartimento di Scienze della Formazione (Disfor) e dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura (DICAR) – Struttura Didattica Speciale (SDS) di Architettura e Patrimonio Culturale di Siracusa, il Comune e la Proloco di Riposto, l’Ordine e la Fondazione degli architetti PPC di Catania, l’Archeolcub d’Italia insieme alla sua sede locale di Riposto e MareEtna. Una squadra di portatori di sapere, d’interesse, che desidera proporre un metodo esportabile in altre sezioni geografiche dell’Etna.

Forse è venuto il momento di ripartire, non tanto dalle alchimie amministrative che hanno forzatamente definito gli ambiti territoriali all’interno della città metropolitana di Catania, ma da una visione più coerente alla natura dell’Etna e dei suoi corsi d’acqua che la cingono – l’anello dell’acqua che circonda il vulcano.

Ripartire dalle sezioni geografiche che – radialmente – collegano l’Etna (fuoco) ai fiumi e al mare (acqua) per ricomporre quel palinsesto del sacro che ha determinato il “genius loci” di queste terre mitologiche. Oggi è necessario ricomporre il corpo di Dionisio, separato dai Titani, sull’altare, come fece Apollo – esecutore del primo esemplare di quella che oggi chiamiamo carta geografica – per ridefinire i modelli del mondo (Farinelli 2003).

L’Etna ha generato le ragioni dell’abitare dentro il suo nido, le ragioni dell’orientamento nelle città di prossimità e in quelle più lontane, le ragioni della forma del sacro e della natura. L’Etna, il mare e i fiumi, una sezione radiale che ridonda verso ogni possibile direzione, degli equinozi e dei solstizi, verso le albe degli Dei e dei Santi, verso gli orizzonti e le profondità. La madre montagna che ci trasforma in un unico popolo etneo.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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