Calcio, le “Aitne” in campo: contro il Paternó vince il Catania ma anche lo sport

Calcio, le “Aitne” in campo: contro il Paternó vince il Catania ma anche lo sport

Il tabellino parla chiaro: il Catania – fuori casa – vince quattro a zero con il Paternò.

Calcio, le “Aitne” in campo: contro il Paternó vince il Catania ma anche lo sportUn pomeriggio di festa al campo Falcone Borsellino, vicino alle acque calde delle Salinelle con lo sguardo rivolto verso l’Etna e verso quell’acropoli che fu un vulcano, oggi sormontata da chiese, templi e torri normanne.
Al di la del risultato, forse troppo severo nei confronti di questo Paternò, c’è da registrare un clima di festa e di rispetto tra le tifoserie, fatto di cori senza fine. Un’alternanza di suoni e di gesti come liturgie tribali, prima dell’una e poi dell’altra.

C’è anche il ritorno del Presidente del Paternò, Mazzamuto, che riabbraccia i suoi tifosi e raccoglie gli applausi sinceri di tutte le tribune; c’è da reinventare una stagione, da rilanciare una squadra fatta di giovanissimi che hanno bisogno di nuovi innesti e di una guida più sicura. Questa città merita di meglio, non solo una squadra più competitiva ma anche uno stadio che si possa chiamare stadio.

La partita vista tra la gente, vicino al padre di Aquino – un giocatore del Paternò – è tutta un’altra cosa. Da quella postazione, dentro quella bolgia tempestosa, si possono sentire le pulsioni e le tensioni della tifoseria e comprendere l’essenza del calcio. In pratica, tutti allenatori ma nello stesso rispettosi di Pagana – l’uomo che decide in campo – e dei giocatori, che sono come figli, fratelli e amici di famiglia.

Il Catania pressa, insiste, ma il Paternò – almeno per i primi trenta minuti punzecchia, come fosse un “sogno causato dal volo di un’ape” di Salvador Dalì. Ci prova ma quel Lodi che sembra un parente del Pinturicchio, pennella lanci lunghi che sembrano stelle comete. Ma nulla fino al trentesimo minuto, quando Sarao – con il numero 99 – buca la porta e annuncia il goal ai suoi tifosi, quelli sulle tribune bagnate dal sole. Era nell’aria, ma fa male lo stesso.

Calcio, le “Aitne” in campo: contro il Paternó vince il Catania ma anche lo sportIl Catania butta almeno tre palle fuori dal campo, come se provasse piacere a disseminarle oltre il recinto dello stadio. Al minuto 40 un calcio di rigore per il Catania, sua eccellenza Lodi lo batte e siamo due a zero. Il Paternò ci prova sempre – con quel suono del quasi goal che il pubblico sussurra nell’aria – ma finisce il primo tempo e tutti negli spogliatoi, prima che una rissa tra i calciatori possa degenerare per rovinare questa giornata di sport.

Nell’intervallo i commenti, le prime facce tristi e rassegante della tifoseria locale, mentre dall’altro lato non si smette di cantare, viva Catania, viva Catania. ma il calcio è così. I giocatori non vengono chiamati per nome ma per data di nascita: 2001, 2005, 2004.
Certo che manca il bar, i servizi igienici e tanto altro, sarebbe stata un’altra cosa se nell’intervallo si poteva andare tutti prendere qualcosa da bere, speriamo nel futuro.

L’avvio del secondo tempo è scoppiettante, s’accende la partita, “Bamba” sembra più incisivo e Guarnera – del Paternò – fa sperare in un miracolo, una rovesciata e la palla sfiora il palo. Tutti in piedi e battere le mani. Cominciano i primi cambi, da ambo le parti e entra in campo anche Aquino, ex Catania, giovanissimo e intraprendente. Corre, sfugge all’avversario, si dimena e tenta un arrembaggio finito con un fallo subito ai limiti dell’area del Catania. Una speranza, infranta da un tiro modesto. Peccato.

Il Catania pressa, disegna geometrie deliziose e si vede la differenza di categorie tra le due squadre. Lodi è un tessitore raffinato – anche se spesso da fermo – imbastisce il gioco e i lanci sono precisi e puntuali per gli attaccanti.
Al 35’ un goal annullato al Paternò per precedente fallo del giocatore, ma meritava di essere assegnato, bello, da lontano con un tiro preciso da metà campo.

Siamo ai minuti finali, 41’ e 42’, uno, due. Doppia rete di pochi minuti da parte del Catania e il risultato è 4 a 0. Nulla da dire e recriminare il Paternò, in scioltezza il Catania. Partita finita, tutti negli spogliatoi, e i tifosi a fare festa: quelle del Catania ovviamente con 24 punti in otto partite, imbattuti, sempre vittoriosi verso la serie C, speriamo anche verso la A.

Questa, la partita in sintesi, ma chi erano veramente le squadre in campo?

Entrambe hanno i colori rosso-azzurri (Venere e Demetra); entrambe si chiamavano nell’antichità Aitna (nome attribuito dai tiranni siracusani); entrambe sono legate all’acqua e al fuoco (Etna, Jonio, Simeto, Salinelle, ecc.); entrambe usano la bicromia di bianco e nero nell’iconografia della città; entrambe hanno condiviso Bianca di Navarra e le consuetudini; entrambe hanno una basilica identicamente orientata e dimensionata (duomo di Catania, e Santa Maria dell’Alto); entrambe hanno condiviso lo stesso destino attraverso le nobili famiglie spagnole; hanno anche le cugine sante, Agata e Barbara troppo simili e quella Iulia Florentina del IV sec. come ambasciatrice di santità. Possiamo continuare anche oltre. Ma ci fermiamo qui.

La partita di oggi era tra città che condividono un destino comune, una fratellanza e le tifoserie lo hanno dimostrato con una festa condivisa. Ha vinto lo sport e forse per questo bisognerebbe investire di più nelle strutture che lo ospitano. Auguri al Catania e anche al Paternò, questo derby ha portato tanta gente allo stadio, un buon segno e la politica deve riflettere per questo.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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