Messina Denaro, le primarie di Cosa nostra per eleggere il nuovo capo: provocazione satirica del Collettivo

Messina Denaro, le primarie di Cosa nostra per eleggere il nuovo capo: provocazione satirica del Collettivo

Il boss dei boss Matteo Messina Denaro è stato catturato dopo 30 anni di latitanza, alcuni trascorsi con l’alias del suo presunto favoreggiatore Andrea Bonafede, e quindi bisogna nominare il nuovo capo della mafia, che stia a regole scritte e in cui gli affiliati seguono regole democratiche e sono «la stessa cosa», secondo l’antico codice rimesso a fuoco da un’inchiesta della Dda.

E allora, con la satira che contraddistingue ogni sua provocazione, il Collettivo offline corporation annuncia le «Elezioni primarie di Cosa nostra» con manifesti attaccati in diversi luoghi del centro di Palermo, alle fermate dei bus, davanti il teatro Massimo e anche su un muro vicino al palazzo di Giustizia. Un modo per affrontare con ironia la cronaca di questi giorni piena di notizie su mafia e mafiosi.

«Questa volta il nuovo capo della mafia lo scegli tu – è scritto sui fogli – Dopo le dimissioni del segretario Andrea Bonafede, sono ufficialmente indette le primarie per l’elezione del nuovo capo di Cosa nostra. I gazebo per le votazioni saranno allestiti nelle principali piazze di spaccio della città».

Cosa occorre per votare? «Gli affiliati dovranno mostrare la certificazione della `punciuta´ con allegato residuo del santino bruciato – scrive il Collettivo – Gli incensurati dovranno invece esibire la tessera di iscrizione da almeno 3 anni ad uno dei partiti di riferimento». E conclude: «Democrazia, partecipazione, collusione».

Non si sa chi ci sia dietro il Collettivo, che ha un nucleo anche a Roma. Le notizie delle loro azioni arrivano per mail o col tam tam dei social. Nel maggio scorso la Digos di Palermo aprì un’indagine per scoprire chi avesse affisso manifesti satirici con le scritte «Make mafia great again» con i loghi e i colori che riportano ai simboli della Democrazia Cristiana che diventa «Democrazia collusa» e di Forza Italia trasformata in «Forza mafia». I manifesti prendevano di mira il partito di Totò Cuffaro, la Dc Nuova, e Forza Italia dopo le polemiche che riguardarono l’ex presidente della Regione e l’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri, entrambi condannati per reati che riportano alla mafia, per la loro attività politica nell’ambito delle comunali a Palermo. Dopo qualche giorno il Collettivo artistico attaccò altri poster dove campeggiava un improbabile candidato, Vittorio Mangano, che, appoggiato dal suo partito Forza mafia, chiedeva una Palermo finalmente libera dalla magistratura ed una rielaborazione della pubblicità di una Fiat 126, l’auto rubata da Gaspare Spatuzza e successivamente riempita di tritolo per uccidere il giudice Paolo Borsellino. Anche per le regionali il Collettivo tornò alla carica con manifesti ironici su alcune forze politiche e su Renato Schifani, poi eletto alla presidenza della Regione.

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