Caso Cospito, interviene la Meloni dopo la bufera su Delmastro e Donzelli: “Sfida è allo Stato e non al governo”

Caso Cospito, interviene la Meloni dopo la bufera su Delmastro e Donzelli: “Sfida è allo Stato e non al governo”

Una telefonata a sorpresa nel corso di una trasmissione su Rete4 per chiarire la posizione dell’esecutivo sul caso Cospito, per sottolineare che «la sfida non è al governo, la sfida è allo Stato e lo Stato ci riguarda tutti, non è un tema politico, non è un problema di destra o sinistra».

Giorgia Meloni prende la parola al termine di una giornata caratterizzata dalla bufera che ha coinvolto due suoi fedelissimi – il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli – per spiegare che «il governo non ha fatto altro che il suo lavoro in questa vicenda, facendo molta attenzione a non alzare i toni».

La presidente del Consiglio, ricordando gli attacchi degli anarchici, mette in chiaro che «lo Stato rimane fermo perché io credo che lo Stato debba rimanere fermo di fronte alle minacce di mafiosi e terroristi». Insomma, nessuna intenzione di metter mano al 41 bis. Poi, piccata, replica a chi domanda se è il governo ad eccitare la piazza: «Io, francamente, rimango un po’ di stucco. Dobbiamo rimettere le cose nella giusta direzione, bisogna capire chi crea il problema e chi non lo crea, perché il problema non lo ha mica creato il governo. Il problema lo hanno creato delle persone che decidono deliberatamente di sfidare lo Stato italiano». Infine, prima di riagganciare, la premier consiglia «prudenza» e «responsabilità» di fronte a una questione così «delicata», senza soffermarsi sul tema di giornata, ovvero la richiesta di dimissioni avanzata da tutta l’opposizione per i due big di Fratelli d’Italia.

Delmastro e Donzelli infatti non hanno nessuna intenzione di fare un passo indietro nonostante la bufera in atto e l’apertura di un fascicolo da parte della procura di Roma a seguito dell’esposto presentato dal deputato di Avs, Angelo Bonelli, all’indomani delle rivelazioni del vicepresidente del Copasir – sulla base di informazioni fornitegli dal sottosegretario alla Giustizia – di conversazioni in carcere tra Cospito e alcuni esponenti della `ndrangheta e camorra. Così mentre i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani si mostrano cauti sul tema («non penso che si possano mettere in discussione incarichi così importanti per una polemica parlamentare di un pomeriggio» le parole del leader leghista, «c’è un giurì di onore che si occuperà della vicenda, non tocca a me occuparmene» quelle del coordinatore di FI), i due protagonisti tirano dritto.

«Non ho intenzione di dimettermi», taglia corto Donzelli al termine di una riunione del Copasir, di cui è vicepresidente. Identica la posizione di Delmastro, che ricostruisce l’accaduto nei pressi di Montecitorio poco prima dell’informativa urgente del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sul caso Cospito: «Le informazioni fornite a Donzelli erano contenute in una informativa del Dap che riguardava le osservazioni in carcere, né intercettazioni né captazioni. Ho semplicemente risposto a un deputato, e lo avrei fatto anche con l’opposizione, su documenti non secretati». Insomma, per il sottosegretario il polverone che si è alzato è ingiustificato. Anche perché, «ho una sola certezza, che quei documenti non erano secretati quindi dalla relazione che farà Nordio emergerà quello, perché questa purtroppo, per chiunque in questo momento abbia agitato le acque torbide, è una verità incontrovertibile».

In realtà, alla Camera il Guardasigilli sembra prendere tempo anche se sul caso in questione spiega che «in linea di principio, tutti gli atti riferibili ai detenuti in regime di 41-bis sono per loro natura sensibili, ragion per cui, ai fini della loro ostensione, occorre una preventiva verifica e una valutazione del loro contenuto». Il ministro perciò ricorda di aver già chiesto «al mio capo di gabinetto di ricostruire quanto è accaduto». Inoltre, aggiunge, si è aggiunta anche l’indagine aperta dalla procura di Roma, «un elemento di novità, di cui a questo punto, per il doveroso rispetto del lavoro degli inquirenti, non possiamo non tenere conto». Nordio al Senato chiarisce comunque che «non ci pareremo dietro la magistratura di Roma, non troveremo l’alibi dell’esistenza di questa eventuale inchiesta per dire che ce ne laviamo le mani e risponderemo solo all’esito dell’inchiesta. Ci sono però dei limiti procedurali che vanno rispettati ed è per questo che risponderemo quando avremo terminato questa istruttoria».

Ad attaccare compatte sono però le opposizioni, con Pd e M5s in prima linea a chiedere a Nordio di revocare le deleghe a Delmastro e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di prendere ufficialmente posizione. «Il vice di Nordio alla Giustizia viola il segreto, passa informazioni riservate su cosa dicono i mafiosi che sono sotto 41 bis al vicepresidente del Copasir che le usa per infanGARe l’opposizione. Tre motivi, ognuno sufficiente perché Donzelli e Delmastro lascino. #NonMolliamo», scrive su Twitter il segretario dem Enrico Letta, mentre anche Matteo Renzi mette la premier nel mirino: «Ha ragione chi chiama in causa la presidente del Consiglio. Fino ad oggi Meloni è stata brava a far capire che le difficoltà interne alla propria maggioranza derivavano dai propri alleati, stavolta il problema è tra il ministro della Giustizia, eletto con Fratelli d’Italia, e due colonne di FdI». Che al momento restano saldamente al loro posto.

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