Catania, la messa dell’Aurora omaggia la Santa Patrona. Renna: “Agata è la perfetta discepola di Gesù”

Catania, la messa dell’Aurora omaggia la Santa Patrona. Renna: “Agata è la perfetta discepola di Gesù”

Messa dell’Aurora questa mattina a Catania per la festa dei Sant’Agata i cui festeggiamenti sono entrati nel vivo.

E questa mattina l’arcivescovo Luigi Renna nella sua omelia ha parlato proprio di Sant’Agata. “E’ davanti ai nostri occhi il busto reliquiario di Sant’Agata, accanto all’altare dove si rinnova il sacrificio di amore di Cristo. Nella bella effigie che ammiriamo, la nostra Santuzza stringe in mano la Croce gemmata, lo strumento di supplizio divenuto manifestazione dell’Amore di Dio, che ci viene presentato in tutto lo splendore con cui lo canta la liturgia del Venerdì santo:

“Ecco il vessillo del Re, rifulge il mistero della Croce, attraverso cui la Vita sopportò la morte e rese con la morte la vita”. Nelle mani di Sant’ Agata quella croce è un trofeo della vittoria che ha conseguito ripercorrendo nel carcere, nelle torture e nel supplizio i patimenti di Cristo; nelle sue mani risplende la croce gloriosa perché attraverso di essa si è fatta simile al Suo Sposo per amarlo e non rinnegarlo; oggi Sant’ Agata la ripropone a noi come il trofeo di vittoria che è il suo vanto. La nostra Aituzza è la perfetta discepola di cui Gesù ha detto nel Vangelo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce  e mi segua”.

Agata aveva deciso di seguire il Signore, come tanti uomini e donne in un tempo nel quale essere cristiani era molto rischioso: si rischiava l’emarginazione, perché si era minoranza; o l’arresto, perché si era guardati come una setta; si rischiava di essere messi a morte se non si rinnegava Cristo e si sacrificava alle divinità pagane” . Il vescovo Renna parla dei pericoli per i cristiani, un pericolo sempre presente in ogni epoca . “E’ stato rischioso per don Pino Puglisi, perché un parrino a Palermo, al quartiere Brancaccio, doveva rinnegare o la croce o la mafia che voleva mettere le mani sui giovani della sua parrocchia. E’ stato rischioso essere un magistrato che come cristiano portava la croce di occuparsi di criminalità organizzata, scelta consapevole con la quale Rosario Livatino ha abbracciato la sua responsabilità sotto la tutela di Dio. E così Biagio Conte: ha corso il rischio di non girare la testa dall’altra parte davanti alle povertà, e di rinunciare a stare sereno e quieto nei salotti che frequentava: ha venduto tutto ed ha seguito Cristo, per fare qualcosa che infondesse speranza ai poveri.    Ecco, il Signore ci ha dato in Sant’ Agata, nei martiri e nei testimoni di carità a noi vicini nel tempo, l’esempio di come si porta la croce dietro Cristo e ci insegna che la fede è per uomini e donne che vogliono correre il rischio di seguire il Signore.

“Prendere la croce” -continua Renna -significa essere disposti ad accogliere tutte le conseguenze della scelta fatta e avere il coraggio, come Gesù, di trasformare il sacrifico in un gesto di amore. Noi pensiamo spesso di salvare la nostra esistenza chiudendoci in noi stessi, alzando barriere nei confronti degli altri, calcolando vantaggi svantaggi in termini umani, usando anche la forza e forse anche la violenza”. Mons. Renna parla anche di Catania la quale avrebbe bisogno di uomini e donne che come sant’ Agata sappiano portare la croce delle loro responsabilità, che corrano il rischio di essere cristiani tutti i giorni e in tutti i luoghi di questa città.

“Portano la croce quelli che hanno un lavoro precario, che dalla mattina alla sera, forse anche portando a casa uno stipendio magro, mantengono integra la loro dignità, rinunciando ad essere messi al soldo della mafia. Portano con dignità la croce quei catanesi che non cedono al ricatto di un guadagno facile e disonesto. Portano la croce con dignità coloro che soffrono perché hanno una persona malata nella loro famiglia e se ne prendono cura senza conoscere un giorno di pausa, come la cosa più normale del mondo, perché è normale amare e non trascurare. Porta la croce di figli, mariti, mogli, che hanno problemi con la giustizia, e vuole correre il rischio di uscire dal cerchio magico che li ha ingannato; portate la croce voi che con grandi sacrifici state facendo di tutto perché i vostri figli, attraverso la scuola, costruiscano un futuro che non ha come obbiettivo la strada o il carcere. Portate la croce voi che abitate nei quartieri dove un Comune in dissesto finanziario da troppi anni non vi può assicurare alcun servizio, e in cui le luci delle strade sono così rade che vi siete rassegnati ad illuminarvi alla luce della luna, e in cui i negozi improvvisati sulla statale sono il mercato di periferie che non hanno neppure aree mercatali.  Non abbiate paura di rischiare e di puntare tutto sulla fede, sull’onestà, sull’amore per la famiglia e per il futuro dei vostri figli.

Riprendetevi la croce di dover decidere della vostra vita, di dover dire il vostro pensiero sulla città, sulla politica, sulle scelte di chi vi ha governato e vi governerà.   E dico a me, vescovo e a voi cari presbiteri e diaconi, operatori pastorali e  religiose: prendiamo la croce di ogni giorno, di costruire una comunità che sappia dare testimonianza di amore e di concordia, che non si fermi a giudicare la nostra gente con superficialità e scarsa empatia, ma sappia ascoltarla in questa stupenda stagione del cammino sinodale, che vuole restituirci il rischio di essere una comunità che segue Gesù Cristo e non vuole “insegnare” la strada al nostro Maestro. Chiediamo la pazienza di accompagnare, di aspettare, di scommettere sui luoghi in cui Dio stesso ha scommesso, le periferie dell’umanità.

Se faremo questo avremo corso il bel rischio di essere Chiesa, la comunità dei discepoli del Signore, che porta la croce della testimonianza ed evangelizza, contagiando il mondo con la sua carità. E anche voi, uomini che avete a cuore il bene comune nell’amministrazione pubblica, nelle forze dell’ordine, in campo educativo: sappiate perdere la vita come Agata, portando ogni giorno la croce di chi rifiuta il compromesso e fa crescere l’onestà. Se voi porterete bene la vostra croce, la città risorgerà. Oggi Agata ci sorride e ci presenta la croce, perché il nostro popolo di devoti sappia portarla e dire con lei: “Ecco il vessillo della Croce, ecco il vessillo della mia vita. Un vessillo di amore“ ha concluso Renna.

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