Paesaggi rurali, l’architettura dei contadini come archetipo del progetto

Paesaggi rurali, l’architettura dei contadini come archetipo del progetto

Vita dei campi è il titolo del nuovo libro di Fabio Guarrera.

Paesaggi rurali, l’architettura dei contadini come archetipo del progettoDieci progetti per il paesaggio agricolo dei monti Erei. Edito da Libria nel 2022, è stato presentato a Piedimonte Etneo, tra l’Etna e il mare, dall’associazione Archilife. A fare gli onori di casa il sindaco Ignazio Puglisi e l’architetto Salvo Patanè. Hanno portato i saluti dell’Ordine e della Fondazione degli Architetti PPC di Catania (co-organizzatori) i due presidenti, gli architetti Sebastian Carlo Greco ed Eleonora Bonanno. L’autore, Fabio Guarrera, architetto e ricercatore dell’Università di Palermo ha risposto alle domande del pubblico e rilanciato la necessità di approfondire il tema dell’architettura rurale e del rapporto secolare con il paesaggio. A patrocinare l’evento l’Archeoclub d’Italia, la Federazione Architetti PPC della Sicilia e il Comune di Piedimonte Etneo.

L’armatura narrativa sviluppa alcuni temi trasversali che afferiscono alla lettura dei paesaggi e in particolare a quella produzione rurale che caratterizza il paesaggio dei Monti Erei, al centro della Sicilia. Attraverso l’analisi del tema, del luogo e dell’esplorazioni progettuale dell’autore, che negli ultimi dieci anni ha catalogato, documentato e collezionato l’atlante dei segni che – come una costellazione – caratterizzando quella parte di territorio che si fa territorialità.
Si mettono a fuoco – con questo lavoro – alcune questioni cruciali nel dibattito sul linguaggio dell’architettura e si propone una diversa lettura dei luoghi, che comprende la soggettività emozionale dell’autore ma nello stesso tempo codifica o quanto meno propone una decodifica degli archetipi. Attraverso la contaminazione di quella letteratura, che l’autore propone in bibliografia e che ci suggerisce di approfondire, si sviluppa un viaggio a tratti onirico e spesso inteso come un ricordo ancestrale. Il paesaggio che diventa sacralità antica ed essenziale. Forme, giaciture, orientamenti e tecniche che si susseguono nel tempo e nello spazio. Modalità del fare architettura non “autoriale” che traccia un possibile sentiero per la pratica del progetto di architettura contemporanea.

Paesaggi rurali, l’architettura dei contadini come archetipo del progettoAttraverso le parole di Giuseppe Pagano e Alberto Samonà, (tra gli anni ’30 e ’70) che costituiscono il punto di partenza di questa riflessione, si attraversano innumerevoli paesaggi culturali da Emilio Sereni a Zygmunt Bauman ed Eugenio Turri; da Roberto Collovà a Marcello Panzarella; da Saverio Muratori a Fausto Carmelo Nigrelli. Passando per Vittorio Gregotti e Franco Purini, da Pier Paolo Pasolini a Giovanni Verga. Da Pierre Donadieu a Michele Sbacchi con Bruno Messina e Fabrizio Foti e Vito Teti. Una galassia di idee e visioni che necessariamente devono sostenere questa produzione letteraria e visiva e la consolidano diffusamente.

Il libro è caratterizzato da un’intimità introspettiva, come il volto dell’Annunciata di Antonello da Messina. Ma contiene anche quel repertorio di referenti dell’arte – impegnati nella pittura di paesaggio – come Emilio Romano, Giuseppe Migneco e Renato Guttuso e io aggiungerei Guccione e Giovanni Leone. Come un viaggiatore del “Gran Tour” insieme a Jean Pierre Houel, J.C. Richard de Saint-Non, J.W. Goethe e più recentemente Alvar Aalto.

Non si tratta di una “nostalgia”, di una regressione culturale o di un romantico ricordo adolescenziale. Il codice narrativo è fluido ed efficace, pur conservando quel rigore scientifico e quella “utilità” che caratterizza la ricerca di Fabio Guarrera, già manifestata nelle sue pubblicazioni di qualche anno fa su Francesco Fichera. La carta, il formato, i disegni e le foto sono studiate, calibrate e misurate per incantare il lettore. Una manuale essenziale per capire e per iniziare un nuovo percorso di ricerca che necessita di un ulteriore approfondimento. Un documento preliminare per il grande pubblico (comprensibile) e il punto di partenza per una riflessione più attenta. Il disegno, scarno e lineare – in bianco e nero – ci restituisce il senso profondo dell’architettura. Forse un linguaggio, oggi lontano dalle modalità della comunicazione più patinata ma che ci permette di gustare meglio le piante, le sezioni e i prospetti afferenti al progetto come pratica colta dell’architetto.

Non deve scoraggiarci l’ambito della ricerca, come localistica e circoscritta. Al contrario, è un tentativo riuscito di trasformare il localismo in canone universale. Attraverso la sintesi delle vicende costruttive, orografiche, cosmologiche, tecnologiche e antropologiche. Un frammento di storia di quel territorio che ci proietta verso una dimensione universale. Ma l’idea è quella di proporre gli elementi dell’”abitare organico del territorio” come ci dice Saverio Muratori, quelli che si sono stratificati nel tempo, come alfabeto per una nuova letteratura dell’architettura, topica e “strumento di mediazione tra l’uomo e la terra in cui si vive” come propone Alberto Samonà. Una nuova semantica dell’architettura, che si confronta con il carattere “essenziale” della pratica costruttiva dei Monti Erei.

Cinque i fattori che guidano l’abitare: l’approvvigionamento idrico, il problema del controllo visivo del territorio circostante, la protezione dai venti del nord, l’adeguata esposizione al sole e la vicinanza o meno alle vie di comunicazione: sul promontorio, a mezzacosta e a fondovalle. Attraverso questo filtro, l’autore indaga sulle forme archetipe, sui dispositivi e sul rapporto con il paesaggio sacro e agricolo.

L’incontro ha stimolato il dibattito, raccogliendo sollecitazioni argute. La dimensione del tempo in architettura, il ricordo o la memoria come materia del progetto, i linguaggi e la loro stratificazione e identificazione, il rapporto tra memoria e contemporaneità, l’innesto come modalità del costruire, l’arte (visiva) come spartito su cui ri-scrivere il progetto di architettura, la necessità di pensare un nuovo paradigma per la città costruita e la città coltivata, la dimensione artistica dell’architetto e aggiungerei teologica, il valore del canone dell’architettura rurale come colonna sonora per un “fare” più sostenibile e utile.

Lo studio della storia, le riflessioni sull’archeologia dei paesaggi può e deve sostenere una nuova pratica, un nuovo paradigma che rimetta al centro il progetto e il rinnovato rapporto tra città e campagne come ci suggerisce Ambrogio Lorenzetti nel “effetti del buon governo in città del trecento italiano.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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