Praga, danzare e sentire: viaggio nella notte nella terra che accoglie popoli diversi

Praga, danzare e sentire: viaggio nella notte nella terra che accoglie popoli diversi

Corpi tremuli, suoni che scavano la carne, danze rituali fino all’ossessione.

Praga, danzare e sentire: viaggio nella notte nella terra che accoglie popoli diversiSenza fine, senza forma, senza tempo.

Dentro un frammento della città magica, lungo un fiume che bagna e plasma, dentro una fabbrica di pietra antica, un tempio dionisiaco come un frastuono di notte.

Un fiume di carne lo invade, lo inonda, straripa ad ogni ora della notte. Urla, gioie, sensualità, una tempesta di emozioni, un uragano di spasimi ancestrali. Sembra una liturgia segreta, come fuochi d’artificio nelle sere di luglio in riva al mare. Dentro questo scrigno di erotismo che appare impazzito, tutto è ordine e ragione. Dentro questo luogo della danza sfrenata c’è una strana pacatezza, una sottile mitezza che traspare dai vetri traslucidi e colorati dei bicchieri, pieni di ogni colore, stracolmi di alcol, profumati di menta.

Siamo dentro la Karlovy Lazne, una discoteca vicino il Ponte Carlo, lungo il fiume Moldava, nella città di Praga. La prima volta che la si guarda cosi, da una nuova prospettiva, dentro una discoteca, luogo di felicità. Una scuola, le scuole di tutto il mondo (Sicilia, Lombardia e Spagna) sono qui a danzare, a giocare con le note di una musica che cambia a ogni piano, di gradino in gradino. Musica, luci, danzatrici del ventre, statuarie e iconiche. Ma il corpo comincia a muoversi da solo, piano piano, trascinato dal ritmo di una musica sempre più incalzante; una regia occulta che sembra conoscere i nostri istinti più nascosti. I corpi si perdono, trascendono, vibrano e perdono le ragioni della gravità.

Una magia inaspettata, forse arrivata per caso.

Praga, danzare e sentire: viaggio nella notte nella terra che accoglie popoli diversiPer nulla cercata, trovata all’improvviso. Dentro ogni volto, una storia, un’espressione viva e bagnata. Uno specchio in movimento, acconciato da storie esili ed essenziali, truccato di rosso e nero, per nascondere pizzi e merletti, profumi e desideri. Una danza, un balletto, un rituale. Forse il ricordo di un sentimento antico, una modalità di corteggiamento arcaico che diventa laico come un timbro asburgico.

In una terra che accoglie popoli diversi, tedeschi e slavi, ebrei e romani, italiani e francesi. Un filo sottile che lega Parigi, Vienna, fino a San Pietroburgo, passando proprio per quella Praga che fu cristiana e per certi versi un po’ Federiciana. Perché come sempre, quel siciliano venuto dal nord, lo stupor mundi, ha messo il suo sigillo d’oro anche in questa terra.

Una casa della danza informale che occupa diversi piani di un palazzo, e per ogni piano una musica diversa, un tempo preciso, un colore definito e donne che diventano imponenti come “veneri callapigie”, sensuali come le opere di Canova e di Fidia, degne di quel panneggio bagnato che rese, lo scultore ateniese, tra i grandi della terra. Quel panneggio bagnato che svela si seni, che modella il desiderio, che fissa il canone della bellezza. Dentro questa discoteca c’è tutto questo, c’è anche altro. Uomini tatuati come giganti che sembrano la porta dei leoni di Micene, figure sospese e fluttuanti che segnano i passi, definiscono confini, stabiliscono gerarchie.

Vetri colorati, donne siriane, nani giocolieri e custodi di piccoli uomini attenti e premurosi.

Da una parte ci sono loro, recintati dentro uno spazio prestabilito e fuori, quella meraviglia di donne e uomini, ancora senza esperienza, che danzano, giocano, di riprendono e felici vivono il momento, l’istante.

Praga, danzare e sentire: viaggio nella notte nella terra che accoglie popoli diversiCome tutte le cose, il tempo volge alla fine, quella musica che unisce, che costruisce un ponte tra passato e presente, sfuma piano piano. Senza quella musica, tutto sarebbe inutile e surreale. La musica, trascendente e sacra, portatrice di vita nuova, di esperienze mistiche, quella musica, sfuma come la fine di una tempesta. L’esercito di piccoli uomini e donne, deve ritrovare la strada di casa, i custodi accompagnare questa processione, per incontrare Orfeo, per ricostruire una nuova giornata. Ma che magia a Praga, che mistero nasconde questa città che fu di una donna, a metà strada tra storia e mitologia?

Ma alla fine era solo una serata in discoteca, una come tante, l’ennesima per tanti, l’unica per pochi, ma sta proprio nel diverso modo di guardare, il segreto di questo viaggio, nei rituali giovanili (e non solo). Guardare diversamente, osservare il legno, le luci, il caffe nella tazza bianca. Il cameriere che rimbalza da un tavolo all’altro, il quartiere ebraico, i segni suoi muri, la birra ambrata e i bicchieri pieni. Questa è la vera magia del viaggio, guardare le cose di ogni giorno con occhi nuovi, guardare i sorrisi le smorfie, la fatica e la leggerezza. Fermarsi a un tavolino, fermarsi per disegnare qualcosa, per leggere di un re, per scrivere di lei. Per ricordare, per scavare nelle profondità delle emozioni. Un viaggio, una foto, un sorriso rubato. Nulla è più come prima, nulla ha la stessa forma. Le città ci cambiano profondamente, da dentro, come un romanzo che regala mille storie per diventare noi stessi una di quelle storie.

La cosa più divertente è l’immagine capovolta di chi scrive – a tarda notte, dentro un caos apparente – dentro questa scena, come fosse meta teatro, e nel frattempo osserva ed è osservato. Un gioco di ruoli, un rimbalzo di scopi, una divertente cartolina con tanti saluti da Praga.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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