Milano, il barman assassino resta in carcere: i pm alla ricerca dei complici che l’hanno aiutato

Milano, il barman assassino resta in carcere: i pm alla ricerca dei complici che l’hanno aiutato

Alessandro Impagnatiello potrebbe uccidere di nuovo e lo ha fatto «senza un reale motivo» parlando di «fonte di stress» per «la gestione delle due ragazze» e del fatto «che altri ne fossero venuti a conoscenza sul luogo di lavoro».

Così la Gip di Milano, Laura Angela Minerva, ha convalidato il fermo del 30enne reo confesso per l’assassinio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, avvenuto nella loro casa di Senago la sera di sabato 27 maggio, accoltellandola e cercando di disfarsi del corpo dandole fuoco due volte. La giudice ha disposto per lui la custodia cautelare in carcere ma escluso che il barman abbia agito «con crudeltà» e premeditato la morte della 29enne di Sant’Antimo.

Le «modalità» di «tempo e luogo» dell’omicidio «non risultano essere state frutto di scrupolosa predisposizione» mentre «l’arma utilizzata» è stata scelta «non a seguito di un’accurata selezione» ma «rinvenuta sul posto» scrive nell’ordinanza di 29 pagine. «L’azione omicidiaria – invece – non risulta caratterizzata da particolare pervicacia tenuto conto del tipo di arma e del numero di colpi inferti» e «la condotta successiva all’omicidio» come le ricerche web per `pulire macchie di sangue´ «non assume rilevanza» perché per quanto disdicevole rispetto alla «comune morale» non serviva a «infliggere `sofferenze aggiuntive´».

Venerdì mattina durante l’interrogatorio di garanzia in carcere a San Vittore il 30enne originario di Sesto San Giovanni ha risposto alle domande confermando la versione resa in caserma ai pm la notte del ritrovamento del cadavere, tra mercoledì e giovedì, e ha «aggiunto particolari» spiega fuori dal penitenziario milanese il suo legale, Sebastiano Sartori. «L’unica forma di pentimento che ritiene abbia un senso in questo momento è togliersi la vita», ha riferito l’avvocato aggiungendo come Impagnatiello abbia chiarito di aver fatto tutto da solo.

Su quest’ultimo punto gli inquirenti della Omicidi dei carabinieri guidati dalla pm Alessia Menegazzo e l’aggiunto Letizia Mannella ci vogliono vedere chiaro: stanno passando al setaccio le immagini della video sorveglianza per accertare la dinamica dell’occultamento del corpo di Giulia Tramontano in un’intercapedine tra i box di via Monte Rosa. Il dubbio è che per trasportare e gettare il corpo della ragazza al settimo mese di gravidanza – quindi più pesante – Impagnatiello abbia avuto bisogno dell’aiuto di qualcuno. Proseguono le indagini anche per verificare dichiarazioni e tempi. Alla Gip l’uomo ha spostato in avanti di 30 minuti l’ora della morte: le 21, contro le 20.30 che aveva raccontato ai pm due giorni prima.

La ragazza era rientrata in casa alle 19.05 ripresa dalle telecamere e infuriata per il tradimento appena scoperto – come dimostrano i suoi whatsapp («fai schifo», «hai fallito nella vita») – e i due avrebbero avuto una furibonda lite mentre la giovane tagliava i pomodori cucinando. «Si era inferta già qualche colpo all’altezza del collo e io arrivato vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto tre o quattro colpi all’altezza del collo», ha messo a verbale Impagnatiello. «Lei era stremata a terra e io le dicevo che era finita e che doveva riposarsi».

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