Caltagirone, vino e turismo sostenibile: in una cantina che guarda l’Etna l’uomo si ricongiunge con il creato

Caltagirone, vino e turismo sostenibile: in una cantina che guarda l’Etna l’uomo si ricongiunge con il creato

Le cantine sono i nuovi luoghi della socialità, sono spazi specializzati per la produzione del vino, sparsi nei nostri territori, come presidi di slow food, come luoghi d’incontro tra cultori della lentezza e buongustai della dieta mediterranea.

Accoglienza, convivialità, ricerca e sperimentazione. Nelle campagne, fuori dai circuiti urbani più glamour, sono diventati un nuovo paesaggio, quasi un nuovo rituale per famiglie, giovani e viaggiatori.

La terra diventa protagonista, la natura si presenta come uno spettacolo inaspettato.

Caltagirone, vino e turismo sostenibile: in una cantina che guarda l’Etna l’uomo si ricongiunge con il creatoProtagonisti di questa esperienza sono le emozioni, la capacità di ritrovare liturgie ancestrali che si erano perse nelle soffitte della memoria: “Emozioni” è il titolo di questo film, la colonna sonora dell’incontro tra il visitatore e la campagna. Attraverso ritualità, accompagnate dall’esperienza tattile, olfattiva e gustativa dei prodotti enogastronomici d’eccellenza. Vini, formaggi, salumi, marmellate, succhi, conserve e pane.

Arrivare, dopo un viaggio che ci fa perdere nella natura, fuori dalle città, in quel tempo magico che è il tramonto. Fuori dal caos cittadino: saturo di rumori, di traffico e di velocità impazzite. Fuori dai sentieri quotidiani, come fosse una riserva naturale. Le cantine si aprono al pubblico, accolgono i suoi visitatori, diventano scuole di gusto e di bellezza.

Lungo i filari della vigna si impara a osservare la natura, le foglie, i tralci e le rose, come sentinelle dei campi.

Lo sguardo corre lontano, lungo le colline che disegnano lo spazio determinando un paesaggio bucolico e poetico. Botti di legno, profumate di mosto, liturgie sacre della produzione, mani esperte che guidano ogni passo: dal grappolo fino all’imbottigliamento. Mentre il sole accarezza le ultime fronde e un vento leggero modella le foglie sfiorando le colline oltre lo steccato, una musica accompagna l’arrivo dei visitatori: non solo italiani ma provenienti dal tutto il mondo. Uomini e donne che desiderano conoscere l’arte del vino, quell’arte che gli antichi abitanti di queste terre celebrano da secoli, sempre con le stesse liturgie, nel rispetto della terra e del cosmo. La luna, le stagioni, il sole e la pioggia, la terra brulla, bianca come la pietra calcare.

In questo tempo sospeso, cullati dall’accoglienza di Francesco e Veronica, i due padroni di casa che “amano” la loro terra, celebrano una festa, un’eucarestia, un banchetto regale. Il vino scorre e riempie i calici, gli sguardi dei conviviali diventano complicità e stupore, euforia ed estasi. Il vino scorre, trabocca, incanta le nostre papille gustative. Diventa storia, narrazione, teatro. I padroni di casa si fanno attori in una specie di metateatro dove si confondono con il pubblico, danzando come farfalle, sempre pronti nell’offrire ogni prezioso nettare sulla tavola.

Sorrisi e conversazioni che coinvolgono tutti gli idiomi presenti: italiano, spagnolo e inglese.

Caltagirone, vino e turismo sostenibile: in una cantina che guarda l’Etna l’uomo si ricongiunge con il creatoUn balletto di suoni, un festival dei popoli del mondo, un tintinnio di calici di vino. Una festa, un banchetto, un’esperienza culturale dentro le ragioni di una produzione, per spiegare il senso delle cose. Non solo vino, non necessariamente una bottiglia, ma una storia di famiglia, narrata e rappresentata dai luoghi, dai suoi protagonisti, dalle etichette che dipingono una passione.

Don Michelangelo, Siirà, Terra, Teresì e Vera.

Sono i figli di questa terra, i protagonisti di questo incontro. Sono gesti d’amore dedicati ai padri, alle madri, ai vitigni, ai figli, alle mogli. Sono dediche, ex voto, sono tracce indelebili scolpite nella pietra. Sono le passioni che si fanno manifesto. Sono un tentativo di fissare nel cielo l’eternità dell’istante. Sono il desiderio dell’uomo di esistere oltre il presente. Sono bottiglie di vino con cui si parla e ci si confronta, sono mausolei, altari, sentieri costellazioni che una giovane coppia siciliana che vive nella terra della ceramica (Caltagirone) con lo sguardo verso il vulcano dell’Etna, propone a chiunque voglia vivere un’esperienza unica.

Un nuovo modo di essere turisti e viaggiatori, lungo le rotte che da Siracusa ci portano a Palermo, che da Agrigento ci guidano verso l’Etna, Taormina e Messina. Attraversando il centro della Sicilia, lungo quella Fabaria che era anche la via dell’acqua, del fuoco e del sacro. Un viaggio nelle terre di Demetra, di Iside e Maria; un viaggio che sfiora il mare, le stelle e antichi vulcani. Dentro un paesaggio di colline morbide e disegnate dai filari di vite di Nerello Mascalese e di Perricone.

Gli sguardi e il palato, le mani e i profumi.

Attorno a un tavolo i sorrisi di pace di un mondo riunito per godere dei piaceri della terra, per condividere una passione, per celebrare il gusto, per ascoltare una storia. Nella cantina Barbadoro, Francesco Li Rosi e Veronica Leone hanno ricongiunto l’uomo e il creato offrendo sull’altare sacrificale la loro passione per ringraziare gli Dei. Esperienza, emozione, storie, culture, passioni per il vino e per la bellezza del creato. Questo è forse un modo nuovo per fare turismo sostenibile, per far innamorare i viaggiatori come al tempo del Grand Tour.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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