La Scuola vive e ha bisogno di una nuova visione legata al territorio

La Scuola vive e ha bisogno di una nuova visione legata al territorio

La scuola riapre le sue porte.

L’estate è finita e tutti tornano in classe. Una liturgia ciclica che interessa più di sette milioni di studenti in Italia. Il personale scolastico – quest’anno in particolare – ha continuato a lavorare ben oltre i tempi canonici per programmare e attuare le azioni previste dai fondi del Pnrr e non solo. La scuola, durante le cosiddette vacanze estive, continua a lavorare spesso in silenzio, lontano dai clamori. Un lavoro invisibile ma necessario, utile per ripartire a settembre con tutte le carte in regola.

Una montagna di carta, infiniti report, enormi dati da gestire. Ore e ore di lavoro che nessuno vede. La scuola sembra chiusa ma è in fermento. Tutto il personale – dirigenziale, amministrativo, didattico e logistico – è impegnato per mettere nelle migliori condizioni gli studenti di ogni ordine e grado. Il mito dei tre mesi di vacanza per tutti è sparito, da molto e forse non è mai esistito. Si lavora a pieno regime con le risorse disponibili fino a fare miracoli. Ma la scuola non permette rallentamenti, indecisioni. Impone tempi e ritmi precisi e nulla è rimandabile a domani.

Pronta la pianta organica dei docenti, pronte le carte e gli atti amministrativi, o quasi tutto.

Registri, materiali, procedure, ogni dettaglio è curato e definito. Quasi tutto. Un lavoro frenetico e una corsa contro il tempo, ma nessuno può rallentare o fermarsi nemmeno per un attimo. La scuola è un organismo complesso che incide nella vita di tutti, direttamente e indirettamente. Dietro la scuola c’è una filiera sociale, produttiva e culturale quasi infinita; tutti hanno a che fare con questa enorme agenzia formativa.

Il successo o l’insuccesso della scuola incide sulle nostre famiglie, sull’educazione dei nostri figli, sul loro futuro.

La qualità dei servizi offerti è determinante, gli strumenti messi in campo e l’uso degli stessi può migliorare i tempi e i modi dell’apprendimento; una complessità che è governata con maniacale attenzione e che coinvolge tutti gli organi della scuola.

C’è tanta fatica, tanto impegno, tanti sacrifici dietro quella prima campanella di settembre.

Non si vede ma è così. C’è tanta attesa, tanta emozione, da parte di tutto il personale, per quel primo giorno di scuola che ogni anno arriva come fosse Pasqua, come se fosse Natale, come se fosse Capodanno.

La Scuola vive e ha bisogno di una nuova visione legata al territorioMa a fronte di tutto questo, fuori dalla scuola tutto tace. Le criticità che sono emerse nell’anno precedente sono tutte in fila ad aspettare una soluzione che non arriva mai. Le città rimangono quasi indifferenti, stordite e rassicurate dal “silenzio” estivo che illude tutti. Come se in vacanza andassero anche le criticità, anche quelle più croniche.

Sull’edilizia scolastica, sulla mobilità, sull’organizzazione dell’offerta formativa, sui servizi collaterali. Il territorio sembra indifferente, apatico, qualche volta persino furbo. Dopo le promesse di fine anno, dopo i proclami e le ammissioni di colpa, dopo gli slogan “tutto e subito”, dopo tutto questo, un assordante silenzio.

In molte scuole, dopo le prime piogge, riapparirà in tutto il suo splendore il tema dell’infiltrazione dell’acqua e della tenuta degli infissi, riscopriremo che molti pavimenti sono sconnessi e i servizi igienici inappropriati. Scopriremo che nulla è stato fatto in maniera risolutiva – nei tempi e nei modi promessi – e se siamo fortunati saremo i destinatari dell’ennesimo intervento tampone (che afferisce alla categoria dei miracoli) che nulla tamponerà. E le comunità si confondono, perché dopo aver ascoltato l’arrivo di milioni di euro per gli interventi sull’edilizia scolastica non trovano nessun riscontro, solo i tamponi “intelligenti” come i missili intelligenti.

Stesso discorso sulla mobilità scolastica. Ogni vettore – come sempre – ripropone le sue originali teorie aziendali. Come sempre quasi indifferenti e sconnesse con le organizzazioni scolastiche. Poche corse, in orari disallineati, senza una logica di intermodalità, penalizzando le attività pomeridiane. La città metropolitana e i comuni – che sulla carta avrebbero l’obbligo di redigere il piano della mobilità scolastica – si nascondono dietro mille giustificazioni pur di non ammettere che nemmeno loro ci credono tanto alla necessità di riorganizzare il sistema della mobilità e che le attenzioni (imposte) nel periodo del Covid erano la strada da perseguire e approfondire, ormai dimenticata.

Bisogna formulare un nuovo paradigma, una nuova visione del sistema scuola collegato al territorio.

La Scuola vive e ha bisogno di una nuova visione legata al territorioChe punti alla coerenza dell’offerta formativa rispetto alle vocazioni culturali e produttive del distretto di riferimento, che immagini l’armatura della mobilità come una rete di connessione. Oggi che si parla di riorganizzazione degli istituti, di offerta formativa territoriale, si dovrebbe ripartire non solo dalle alchimie algebriche ma dai progetti di scopo, anche centralizzando, aggregando, scorporando ma coerenti alla logica didattica e non dei partigiani. La politica deve trovare il coraggio di far prevalere – almeno una volta – una visione lungimirante e meritocratica, non come sempre la logica dell’appartenenza funzionale. La scuola merita attenzione e risorse perché potrebbe curvare positivamente il futuro delle nostre comunità. Serve un progetto di qualità dell’offerta formativa che vada oltre la tradizione, oltre gli schemi precostituiti, che rimetta al centro lo studente e la necessità di formarlo. C’è la necessità di formare i distretti, i poli, le reti della formazione alla scala urbana e territoriale. Offrendo alla popolazione scolastica dei distretti, pari opportunità. Se si lavora sempre con la logica della coperta corta da tirare a convenienza non si arriverà da nessuna parte. Le comunità dovrebbero avviare gli stati generali della scuola per aree funzionali. Per capire verso quale modello si deve orientare e per orientare la politica. Il quadro generale deve essere ridisegnato e potenziato: mobilità, strutture, risorse, piano formativo e territorio.

Bisogna parlarne alla luce del sole e non nei corridoi segreti delle corti bizantine. Nel frattempo, la popolazione scolastica decresce, gli emigranti muoiono in mare, il prezzo del carburante cresce, i giovani scappano altrove, le imprese chiudono, le scuole crollano, le campagne si desertificano, il clima cambia e tutti noi restiamo a discutere solo del campionato di calcio e della squadra del cuore. Il tema della scuola e del suo futuro è centrale e strategico. Non è solo una questione di numeri.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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