Ferragni a “Che tempo che fa”: “I social non sono tutto. Fuori c’è una vita che va vissuta. Pandori? Meglio scollegare pubblicità da beneficenza”

Ferragni a “Che tempo che fa”: “I social non sono tutto. Fuori c’è una vita che va vissuta. Pandori? Meglio scollegare pubblicità da beneficenza”

«Penso di cambiare non solo nel modo di comunicare ma proprio nel modo di vivere. Ho fatto tutto troppo velocemente, non mi sono mai fermata a vivere il presente quindi l’augurio che mi faccio e faccio a tutti è vivere il presente. Quante volte mi sono resa conto che il ricordo di qualcosa che avevo vissuto era più piacevole di quando lo vivevo in quel momento? E’ perché abbiamo il cervello sempre proiettato al futuro e tante volte non riusciamo a viverci i momenti più importanti. Fermarmi, quindi, mandare avanti le mie aziende perché sono un’imprenditrice, ma imparare anche a vivermi più il presente».

Lo ha detto Chiara Ferragni, ospite a `Che tempo che fa´.

«I social non sono tutto, c’é tutta una vita fuori che va vissuta – ha detto – I primi giorni in cui mi sono sentita dentro questa gogna mediatica, mi sentivo accerchiata, avevo paura a uscire; invece ho trovato persone fantastiche, che mi hanno dato una parola di supporto: uscire nel mondo reale mi è servito tantissimo ed è una cosa che farò sempre di più».

Poi è tornata a parlare dell’inchiesta sui pandori: «Io ero in buonafede. Certo, la comunicazione poteva essere fatta meglio. Se c’è stato un fraintendimento ammetto che le cose potevano essere fatte meglio. Se qualcuno ha capito così vuol dire che c’è stato un errore».

«Tutti sbagliamo, tutti commettiamo errori ed è bello far vedere le imperfezioni – aggiunge – L’importante è parlare anche delle nostre fragilità. Adesso c’è una normativa più chiara però sì, io ho fatto tutto in buona fede e se qualcuno ha frainteso mi rendo conto che c’è stato un errore – insiste – io ora restituisco tutto e non faccio più operazioni di questo genere. Col senno di poi posso dire che era meglio scollegare la pubblicità dalla beneficenza». «Per noi» però la beneficenza, «era una cosa che ci faceva piacere e io non penso che si debba fare solo in maniera privata. Farlo pubblicamente può portare emulazione».

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