Europee, Schlein è capolista al Centro e nelle Isole: e propone di mettere il suo nome nel simbolo del Pd

Europee, Schlein è capolista al Centro e nelle Isole: e propone di mettere il suo nome nel simbolo del Pd

Elly Schlein rompe gli indugi e ufficializza di fronte alla direzione Pd la sua candidatura alle elezioni Europee. La segretaria dem sarà capolista al Centro e nelle Isole, anche se chiarisce sin da subito che non lascerà Roma per `traslocare´ a Bruxelles.

«Sono disponibile a dare una mano con spirito di servizio, mi candido a dare una spinta a questa meravigliosa squadra e a un progetto collettivo di cambiamento del Pd e del Paese», esordisce, spiegando subito dopo: «Io naturalmente resterò qui, da segretaria, nel confronto quotidiano in Parlamento con Giorgia Meloni e le sue scelte scellerate per l’Italia». Gli altri capilista saranno, come da previsione, Cecilia Strada nel Nord Ovest, Stefano Bonaccini nel Nord Est e Lucia Annunziata al Sud, e anche le altre candidature seguono lo schema previsto nei giorni scorsi, in un mix tra amministratori, eurodeputati uscenti e new entry, come l’ex sardina Jasmine Corallo in lista al Sud.

La scelta di Schlein è ormai ampiamente digerita dal partito, che pure, in passato, con più voci si era espresso in modo critico sull’ipotesi, ma c’è chi non ha cambiato idea. Romano Prodi aveva avvertito la segretaria mesi fa e oggi che le carte sono sul tavolo non cambia idea: «Quello che sta succedendo vuol dire proprio che non mi dà retta nessuno», ironizza il professore che poi, però, torna subito serio: «Perché dobbiamo dare il voto a una persona per farla vincere e, se vince, di sicuro non va in Europa? Sono ferite della democrazia che adagio adagio scavano il fosso per cui la democrazia non è più amata», sentenzia, precisando che il ragionamento «riguarda la Meloni, la Schlein, Tajani, tutti». Al padre nobile dell’Ulivo si affianca presto Giuseppe Conte che conferma la scelta di non candidarsi e attacca: «E’ un modo per ingannare gli elettori. Condivido quello che ha detto Prodi, questa è una ferita per la democrazia», taglia corto.

Tra i dem, però, è un’altra scelta di Schlein a far discutere. La leader, nel corso di una segreteria convocata prima della direzione, mette sul tavolo l’ipotesi di inserire il suo nome nel simbolo Pd da presentare alle Europee. Sarebbe un modo, spiega, per non disperdere quel «valore aggiunto, che io faccio pure fatica a spiegarmi», ammette, che deriva da un impegno diretto. L’1-1,5% nei sondaggi, che diversamente andrebbe disperso. I componenti della direzione, però, non apprezzano. E’ Gianni Cuperlo il primo a parlar chiaro: «Mettere il nome del simbolo implica obiettivamente una identificazione che presuppone un’idea di politica e un modello di partito che fino ad oggi non è mai stato il nostro modello di partito», argomenta. Non solo. «Elly – aggiunge – te lo dico per la considerazione e la stima che è cresciuta nei tuoi confronti in questo anno o poco più di tua segreteria: tu non sei Giorgia Meloni, non sei Matteo Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, non sei Calenda. Tu sei meglio di tutti questi personaggi che ho appena citato».

Anche Peppe Provenzano, componente della segreteria e della maggioranza dem, interviene per dire no «a un partito leaderistico». Dopo di lui sono in tanti a esprimere la loro contrarietà: Graziano Delrio, Piero Fassino, Valeria Valente, Marco Meloni, Laura Boldrini, Susanna Camusso. Solo Francesco Boccia e Alfredo D’Attorre apprezzano. «Io penso che il nome della segretaria nel simbolo serva, per queste elezioni, a confrontarsi con Giorgia Meloni e a garantire quel valore aggiunto, nella competizione europea, che tutti le riconoscono», dice il capogruppo Pd al Senato. Si dice «contrario in linea di principio» D’Attorre che poi però, in questa occasione, apre all’idea per «rafforzare il messaggio di novità e apertura rispetto alla potente richiesta di cambiamento venuta dal Congresso». Alla fine è il `lodo Verini´ a prevalere. Il senatore Pd invita Schlein a «riflettere» sulla possibilità di non mettere ai voti la proposta sul simbolo. La leader dem prima chiarisce: «Se c’è una persona che ha in astio la personalizzazione della politica sono io, la mia candidatura è a disposizione del partito», dice. Poi acconsente. Così la direzione approva, con soli tre astenuti, le liste per le Europee e dà mandato alla segretaria a completare i nomi mancanti e a fare la valutazione finale su come finalizzare al meglio il suo contributo alla battaglia elettorale. La scelta, secondo quanto viene spiegato, è tra la possibilità di candidare Schlein capolista nelle circoscrizioni Centro e Isole come previsto attualmente inserendo il suo nome nel logo elettorale oppure candidarla in tutte le circoscrizioni. «Deciderà lei, ma ormai Elly non può non tenere conto del dibattito che c’è stato in direzione – spiegano i più a fine giornata – tre quarti della sua maggioranza hanno detto `meglio di no´, politicamente ne dovrà tenere conto. Se avessimo votato il partito si sarebbe spaccato».

L’occasione è ghiotta per Matteo Renzi. «Nel 2014 il mio Pd non mise il nome nel simbolo e il segretario nazionale non si candidò per finta alle europee. Nel 2024 accade il contrario. E tutti quelli che in questi anni mi hanno attaccato oggi che dicono?», scrive su X il leader di Iv postando poi il video in cui Pierluigi Bersani, nel 2014 con Renzi segretario, diceva che il Pd «è il tentativo di essere la medicina rispetto a questa malattia, siamo un collettivo che sopravvive ai Governi e ai leader» e il fatto di mettere il nome del simbolo sarebbe stato «un errore».

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