Il calcio è per tutti ma in Nazionale (e in politica) vadano soltanto i giocatori più capaci

Il calcio è per tutti ma in Nazionale (e in politica) vadano soltanto i giocatori più capaci

Finalmente è cominciato il campionato di calcio, lo abbiamo atteso per tutta l’estate.

Il calcio è per tutti ma in Nazionale (e in politica) vadano soltanto i giocatori più capaci Ne abbiamo parlato in spiaggia, al bar, nelle chat. Tutti a seguire i gossip, il mercato, le plusvalenze, i giocatori a parametro zero. Le nuove maglie, i reel su Instagram di tutte le squadre, le dichiarazioni degli allenatori e dei calciatori. Tutti sorridenti e speranzosi, tutti campioni e primi in classifica – almeno fino a settembre – tutti capocannonieri. Un tripudio di felicità. Che bello il calcio.

I giocatori si allenano, faticano, sono tornati dalle vacanze (poche) e sono pronti a scendere in campo, a faticare partita dopo partita, sapendo che si perde e si vince, che i tifosi saranno in tribuna e forse no. Loro giocano, corrono, costruiscono occasioni per fare goal. Recuperano la palla, inseguono l’avversario, aiutano i compagni nel difendere e attaccano in blocco. Lancio lungo, stop di petto e tiro in porta, non sempre è goal. Ma “un giocatore si giudica dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Il coraggio di tirare un calcio di rigore, di vincere o perdere, di condividere ogni cosa con la squadra. Ma servono le idee, gli schemi, la tattica, l’organizzazione. Un obiettivo stagionale, una rosa ampia e che possa coprire tutti i ruoli. Un presidente, un allenatore, uno staff, anche il magazziniere e quello che porta l’acqua in campo.

Il calcio è per tutti ma in Nazionale (e in politica) vadano soltanto i giocatori più capaci Ma c’è anche la Nazionale, il nostro selezionatore, il ct, quello che convoca gli azzurri, in pratica i migliori del momento, quelli che possono fare la differenza. Allora tutti a giocare meglio, con il massimo impegno nelle rispettive squadre di club, con la speranza della convocazione, perché per essere selezionati bisogna essere in forma, dimostrare di essere utili, di avere buona tecnica. Preparati sul piano atletico con una certa capacità di fare su e giù, lungo tutto il campo di gioco. Ma serve anche l’attaccamento alla maglia, a quella nazionale che porta i colori azzurri nel mondo.
Non c’è spazio per quei giocatori che sono pigri, che non si allenano, che aspettano la convocazione seduti in una panchina. Non c’è spazio per gli atleti che credono di avere il diritto di esserci solo perché amici del selezionatore, o peggio ancora del presidente. Quelli che non hanno mai passato una palla, quelli egoisti, che vogliono le telecamere tutte per loro. I giocatori che hanno dato tanto in passato ma oggi non sono più in forma, che hanno vinto trofei – anche prestigiosi – ma sono rimasti fermi a contemplare la coppa senza più giocare. Quelli che non corrono, non faticano più, che stanno al centro del campo ad aspettare la palla.

Non c’è spazio per la nostalgia, per il ricordo, per la leggenda; in campo scendono i migliori, quelli che portano nuove idee, più ritmo, più incisivi e determinati. Quelli che hanno fame di vincere. Ma nello stesso tempo che fanno gruppo.

Il calcio è per tutti ma in Nazionale (e in politica) vadano soltanto i giocatori più capaci Il selezionatore li sceglierà seguendo un criterio che è più utile per vincere, non prenderà certamente quelli più statici. Sceglierà gli atleti più altruisti, generosi, con capacità d’iniziativa e di visione, coraggiosi anche se rischiano di perdere. Che non si tirano indietro per calciare un calcio di rigore o una punizione. Solo Cristiano Ronaldo potrebbe sperare di essere convocato anche senza aver giocato per anni, forse. Ma non ci sono tanti Cristiano Ronaldo o Messi in giro per il mondo. Quindi umiltà e senso della squadra. Senza paura. E non tirando la giacca al selezionatore che è sempre impegnato ad osservare, analizzare e poi scegliere. Un direttore d’orchestra che ha bisogno di capire. Tra i giocatori che stanno in campo tutto l’anno, anche d’estate e non tra i vacanzieri e quelli che frequentano gli studi televisivi con le veline.

Adesso è quasi tempi di fare le prime convocazioni, il campionato è lungo e ci sono tante partite e il rischio degli infortuni, adesso serve farsi vedere in campo e valutare chi è in forma. Il selezionatore è attento.

Ma mi viene un dubbio, tutto questo non è forse la metafora della vita? Possiamo accostare questa allegoria alla politica? Siamo i giocatori coraggiosi o solo quelli che credono di aver ereditato la convocazione senza giocare in campo con il sole e con la pioggia? Abbiamo tutti la passione per la Nazionale? O vogliamo solo le interviste su Sky Sport, in esclusiva? Occhio, il presidente e il selezionatore potrebbero scoprire nuovi giovani campioni e l’eredità potrebbe svanire. Nel frattempo, tutti in campo per vincere il prossimo campionato.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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