
La scuola custodisce un mondo parallelo, un giacimento prezioso di umanità, chiamato in tanti modi, ma riconosciuto da tutti con il termine “diversamente abili”.
Ragazzi speciali che nascondono storie e vicende uniche, spesso impossibili. La scuola pubblica lavora ogni giorno per praticare l’inclusione, il senso di appartenenza, la possibile costruzione di un orizzonte possibile. Un lavoro intimo, riservato e produttivo tra genitori, docenti, collaboratori e dirigenza. Ore dedicate ai singoli studenti dai primi anni fino al diploma.
Laboratori, lezioni e tante attenzioni. Un ambiente difficile e duro ma ricco di emozioni di esperienze, di riflessioni. Un disegno, una frase, un sorriso, sono piccoli segni di un lavoro determinato e costante di tanti docenti impegnati sul campo, dentro le scuole, in continuo rapporto con i genitori e più in generale con le famiglie.
Sono docenti che provengono da tante discipline, che lavorano coltivando piccoli passi, avanzamenti lenti ma progressivi, sempre attenti allo studente, alle sue paure; sempre impegnati a combattere ogni possibile delusione. Sono gli angeli custodi di questi ragazzi che hanno valori non sempre visibili ad occhio nudo. Sono ragazzi e ragazze che meritano un’opportunità, che hanno molto da dare a tutti noi.
Ci sono storie, tra le tante che la scuola pubblica costruisce, che diventano leggendarie, iconiche, esemplari. Tutte orientate verso la parola inclusione, sostegno, valorizzazione. Nessuno può capire fino in fondo il rapporto che si instaura tra la scuola – tutta – e i diversamente abili. Complicità, speranza, legittime aspirazioni e quel magico rapporto con le famiglie, con chi ogni giorno deve fare i conti con il tema del possibile futuro.
Ogni studente è una risorsa originale, una storia avvincente, un’opportunità per tutti, anche per i compagni di classe. Ogni scuola offre spazi, strumenti, relazioni, per crescere insieme in un ambiente produttivo e protetto. La scuola diventa una famiglia, il luogo dove mamme e papà, fratelli e nonni, si sentono bene, a casa.
Ci sono genitori che accompagnano i loro figli e rimangono tutto il giorno dietro una porta, seduti sulla sedia in un’aula, solo per guardare i figli che studiano, che giocano, che sperimentano. Un gioco sulla Divina Commedia, la riproduzione di un antico reperto archeologico, la creazione di un abito per la festa con i resti delle stoffe da buttare, un disegno colorato, una recita al teatro, l’istallazione di un’opera d’arte con le bottiglie riciclate. Non importa cosa ma come, con chi e perché. E tutto questo la scuola pubblica lo realizza ogni giorno.
Ma inclusione è anche simpatia e complicità. Tra i ragazzi super e i loro compagni, anche lungo i corridoi della scuola, accompagnati dallo sguardo del personale che vigila con affetto. Scoperti all’improvviso dal preside che vigila con discrezione e poi i docenti impegnati a costruire relazioni e opportunità, a strappare successi e risultati. Per crescere, per evolversi.
Questi ragazzi sono coccolati ma in pochi sanno che sono anche loro stessi un piano educativo verso il resto del mondo scuola. Sono la misura della nostra umanità e il Paese Italia in questo senso è un esempio per il mondo. Quasi unico. Certamente c’è sempre da fare un passo avanti, migliorare, correggere, implementare. Ma la scuola pubblica guarda l’aspetto didattico-educativo, non quello speculativo. Non si diventa docente di sostegno e non si rimane docente di sostegno se non c’è un fuoco dentro che arde e gli esempi che ogni giorno osservo ne sono una testimonianza. Ci sono anche criticità, ovviamente, ma questo deve essere uno stimolo per migliorare e non smantellare.
Poi ci sono i ragazzi speciali tra quelli speciali, quelli che ti fanno emozionare e che rendono la tua giornata ricca. Quelli che ti aspettano con la curiosità di uno scienziato, con tutta la passione del mondo, quelli che tu vorresti abbracciare e che quando spieghi li guardi come se li volessi spingere con gli occhi e rendono il mestiere del professore più nobile.
Ma c’è un lato oscuro in questa storia, cosa facciamo per il loro futuro, per il loro inserimento nel mondo del lavoro dopo la scuola? Per inserirli nelle filiere produttive? Forse invece di speculare e creare luoghi recintati – spesso improvvisati – che collezionano numeri eiscrizioni, dovremmo pensare a creare cooperative di lavoro come nell’esperienza di “PizzAut” (gestita con ragazzi autistici).
Forse, creare baracconi improvvisati, solo per generare nuove economie eticamente discutibili, sfruttando la debolezza di chi ha un figlio disabile non è cosa buona e giusta, bisogna lasciare alla scuola pubblica il compito di “educare” i ragazzi proponendo nuovi strumenti per introdurli al lavoro dopo il diploma. Illudere i genitori è una cosa grave, meritano quelle attenzioni che solo la “scuola pubblica” attrezzata e con le giuste competenze, può fornire con motivazione e professionalità. Ma in giro si sente l’odore di offerte strane, di strutture improvvisate, forse speculazioni derivanti da corridoi normativi. Bisogna saper scegliere con attenzione, oggi, tra licei, istituti tecnici e professionali c’è una qualificata offerta formativa, diversificata e ricca di opportunità. La scuola pubblica rimane un valore inestimabile.