Libri, Ritanna Armeni firma il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà in un’azione di guerra partigiana

Libri, Ritanna Armeni firma il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà in un’azione di guerra partigiana

E’ uscito da pochi mesi l’ultimo lavoro di Ritanna Armeni,  giornalista e scrittrice (Di questo amore non si deve sapere, Una donna può tutto, Mara, una donna del Novecento, Per strada è la felicità, Il secondo piano, tutti usciti per Ponte alle grazie). Si intitola A Roma non ci sono le montagne ed ha come sottotitolo Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà.

Sono questi i tre temi dominanti nelle 225 pagine che sono nate da un’operazione di ricerca storica e dalla precisa volontà di  invertire la rotta della narrazione ufficiale su uno degli avvenimenti più dolorosi e ingiusti, profondamente ingiusti, della storia del Novecento: l’eccidio delle Fosse Ardeatine, nel 1944.
La strage voluta direttamente da Hitler e macchinata dal generale Herbert Kappler nella quale furono scientemente giustiziati 335 italiani, il 24 marzo, è stata in tutti questi anni sempre definita una conseguenza dell’attentato di via Rasella, nel quale i Gap avevano ucciso un plotone di militari nazisti in una città occupata dalle truppe tedesche. L’intento preciso della Armeni è quello di ricostruire tutti i passaggi e recuperare il vero senso di quelli avvenimenti per offrire ai lettori una memoria più vicina alla realtà, legata ai fatti attraverso le figure dei protagonisti di quell’azione che -le parole sono importanti- non bisognerebbe più chiamare attentato ma azione di guerra partigiana.
La Armeni ha già indagato situazioni storiche legate agli anni del regime fascista (Mara) o alla persecuzione degli ebrei anche a Roma (Il secondo piano) è ha dimostrato che la dimensione narrativa può essere quella adatta per fare luce e chiarezza su eventi noti e meno noti. Anche in questo caso il racconto permette di partire dalle diverse situazioni personali, morali, intellettuali, sentimentali, dei protagonisti, per chiarire una vicenda tanto divisiva quanto strumentalizzata.
Il tempo del racconto dilata il tempo della storia che, in realtà, ricostruisce due ore della giornata del 23 marzo: le due ore in cui i membri dei Gap attesero il passaggio del plotone tedesco che, normalmente, passava da via Rasella alle due e quel giorno ritardò per due ore. In questo segmento temporale si inserisco le storie, gli amori, le scelte e le posizioni ideologiche degli uomini e delle donne che si fecero artefici di un’azione di vendetta e di rivalsa, di odio e di dimostrazione di coraggio. Sono Carla Capponi, Sasà Bentivegna, Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Maria Teresa Regard, Mario Fiorentini, Lucia Ottobrini, tutti giovani, tutti intellettuali o borghesi che sognavano la libertà per se stessi e per la patria (va ricordato che Gap è la sigla che significava Gruppi armati patriottici). In quelle due ore di attesa e tensione ricordano i loro incontri, le azioni passate, le ragioni che li hanno spinti ad agire, il carcere, la paura, la fame, la diffidenza, le discussioni interne, tutto ciò che aveva preceduto la difficilissima organizzazione di un gesto che ritenevano necessario, lì, nel centro di Roma che non era come al Nord dove si combatteva in una guerriglia feroce. In città era tutto molto più difficile perché “a Roma non ci sono le montagne”.

“Li ho guardati nelle poche foto a disposizione. Non hanno lo sguardo serio, non imbracciano il fucile, non sono come i partigiani di cui si legge nei tanti bei libri e film. Erano ragazzi borghesi, intellettuali, leggevano poesie, amavano Proust e Montale, andavano a teatro, frequentavano l’Università” Così la scrittrice ce li descrive in una interessante appendice al romanzo dove racconta del loro dopo, del dopo dell’Italia e di quella damnatio memoriae che li  segna, ancora dopo  80 anni.
I Gap partigiani hanno portato lo scontro contro i tedeschi nel centro della capitale e nella prima pagina del romanzo la scrittrice ha posto una piccola mappa del quartiere dove si trova via Rasella; poi inizia a raccontare minuto per minuto i momenti della preparazione dell’azione. Anche se il lettore sa esattamente come andrà a finire il susseguirsi di ricordi e paure, rappresentazione dei personaggi, descrizione d’ambiente crea una notevole suspense. La tensione altissima si percepisce nettamente anche dalla scelta, leale ideologicamente e  artisticamente di pregio, di farci conoscere anche il punto di vista dei soldati tedeschi, uomini lontani da casa, alcuni feroci e crudeli, altri semplici esecutori e, poi, vittime.
Nella memoria divisiva che riguarda via Rasella questi partigiani sono stati considerati degli incoscienti, avventati, manipolati. In realtà, la Armeni dimostra che erano uomini e donne molto disciplinati e avevano un alto valore per il quale hanno agito: quello della libertà.

Scegliendo la forma più alta della divulgazione, cioè quella del romanzo, la Armeni ha voluto cercare e poi affermare un risposta: tutte le stragi tedesche in Italia (Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Padule, Cividella, Cavriglia…) non sono state mai collegate ad un’azione precedente dei partigiani; la strage delle Fosse Ardeatine è stata sempre legata all’azione violenta di via Rasella. Anzi, la narrazione ufficiale ha creato quasi un rapporto di causa-effetto. Le voci di questa versione sono state tante a partire dalla posizione ambigua del Vaticano, poi quella fascista. In più per anni quell’azione è stata vista come compiuta da soggetti sciolti incoscienti politicamente ed eticamente insopportabile.  Sono stati accusati di essere dei vigliacchi che non si sono fatti avanti per salvare i cittadini romani vittime della rappresaglia, ma loro non sapevano, e nessun ufficiale nazista propose mai uno scambio.

Una consequenzialità fatta diventare corresponsabilità, e questa versione rimane ancora nella memoria comune. Oggi a via Rasella non c’è una lapide, si parla ogni volta di “attentato” (così da sottintendere un senso terroristico) e c’è qualche importante personalità politica che ha avuto il coraggio di definire quell’azione “un gesto non nobile contro una banda musicale di italiani anziani”.
Se è vero che un paese senza memoria è un paese destinato a ripetere i propri errori, allora dobbiamo riconoscere un grande merito a Ritanna Armeni e al suo lavoro, per l’intenzione da cui è partita, per il costrutto narrativo leggero ma denso, per la ricostruzione precisa e imparziale e per la veste altamente letteraria del suo ultimo lavoro.

Loredana Pitino

Riguardo l'autore Loredana Pitino

Mater, magistra, mulier. Cresciuta dentro il Teatro Bellini che considerava il suo personale parco giochi. Appassionata di teatro e cinema, un tempo aspirante attrice, affamata di tutto quello che è arte e rappresentazione perché la vita è teatro e possiamo capirla solo con la lente della finzione. Docente maieutica. Malinconica come Pessoa, sognatrice come Fellini, cinica come Flaiano. Sempre in cammino, sempre senza meta. Illuminista, prof-letaria.

Rispondi

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.