La Scuola. Un progetto di resilienza condivisa

Scuola

La più importante agenzia formativa è la scuola. E’ il punto di partenza di qualunque programma di rilancio della nostra società. E’ quello spazio culturale in cui si forma la nuova classe dirigente, si ridisegna il futuro, si costruisce la rete di alleanze tra cittadini, istituzioni e territorio. E’ il luogo della sperimentazione didattica, dei laboratori di cittadinanza; la palestra, in cui ci si esercita a essere uomini e donne per abitare degnamente questo pianeta. Dalla scuola escono i futuri panettieri, contadini, meccanici, intellettuali, e tanto ancora. Un incubatore di bellezza e felicità, ma anche un deserto da attraversare – dentro il quale tutti sono attori protagonisti: docenti, discenti e famiglie. Una macchina complessa – guidata da dirigenti scolastici e sostenuta da mille braccia silenziose – chiamata a compiti sempre più complessi e delicati: l’educazione dei nostri figli per la costruzione di un futuro possibile all’interno di una società veloce, liquida e competitiva.

C’è sempre più consapevolezza dello strategico rapporto tra la scuola – intesa come complesso e articolato presidio formativo – e il territorio – inteso come la sommatoria di quelle reti di produzione, di governo, di socialità che caratterizza lo spazio urbano. La città e le sue connessioni (fisiche e immateriali) sono quindi il paesaggio dentro il quale la scuola esercita la sua funzione. Le riforme della scuola, (dagli anni ’90 ad oggi) descrivono questo rapporto come funzionale e virtuoso, sia per l’acquisizione delle competenze che per promuovere il senso di cittadinanza. Scuola, parrocchia, associazioni, enti locali, presidi sanitari, culturali e sportivi. Fabbriche, botteghe, campagne e mercati sono insieme alle reti della mobilità – quel patrimonio di connessioni, di risorse, di opportunità, di luoghi che devono esaltare i progetti educativi e trovare, dentro di essi, le modalità per fare rete. Per generare costellazioni e sistemi. Per esaltare la cultura dell’inclusione, della solidarietà e dell’innovazione.

La scuola dispone di alcuni strumenti dedicati a costruire ed esaltare questo rapporto o meglio questo patto, tra l’agenzia formativa e le reti territoriali. Dai progetti PON alla recente attività di alternanza scuola lavoro; dentro il piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) si trova l’atlante delle opportunità che ogni scuola offre ai suoi studenti per potenziare, allargare e consolidare le competenze, le conoscenze e le capacità di ogni singolo studente. Il Ministero dell’Istruzione (MIUR) promuove tra l’altro – non solo l’ampliamento dell’offerta formativa contestualizzandola al territorio – ma l’esigenza di renderla, oltre che orizzontale (tra scuole dello stesso livello) anche verticale (tra scuole di diverso grado: dalle scuole medie all’università, passando dalle scuole superiori). Quindi nuovi strumenti operativi – spesso sostenuti da micro finanziamenti – che possono creare occasioni per rigenerare luoghi, tradizioni, rapporti e prospettive.

Uno dei metodi didattici più usati – funzionali ai dispositivi di cui sopra – è quello laboratoriale. E’ il più efficace – sia in termini di motivazione che di prestazione. Lo studente, impara facendo e si diverte pure. Sperimenta sul campo la sua dimensione di cittadino, “facendo” il contadino, il sociologo, il commerciante e perché no, l’archeologo, la guida turistica e il bibliotecario. Il laboratorio didattico è lo strumento che esalta i docenti e i discenti; lo strumento che mette in relazione gli esperti (di tutte le età e professioni) con le giovani generazioni; lo strumento che rende – l’attività svolta – utile alla collettività attraverso la complicità delle altre agenzie che presidiano il territorio (parrocchie, associazioni di categorie, aziende, enti locali ecc.). La sfida è quindi quella di realizzare, sempre più, progetti di rete, con didattica laboratoriale, coinvolgendo le scuole verticalmente e su campi di azione multi culturali e multidisciplinari per costruire esperienze, che esaltino il senso della cittadinanza e la proiezione futura, in termini di occupazione e imprenditoria.

Concretamente, è possibile ipotizzare alcuni scenari. Una visione che – a partire dall’esigenza di rigenerare lo spazio urbano – si ponga l’obiettivo di sperimentare una rete di scopo tra istituti scolastici. La creazione di un distretto formativo multi disciplinare che “risolva” criticità urbane. Pensiamo alle aree relitto e residuali negli interstizi delle periferie e della città storica. Un esempio di resilienza urbana con modalità partecipative e condivise tra: cittadini, parrocchia, ente locale, associazioni e scuola. Con il sostegno delle professioni e delle associazioni di categoria (architetti, confcommercio e confagricoltura), con tutor provenienti dal mondo accademico e dalle istituzioni. Un progetto pilota per creare una buona pratica di rigenerazione urbana, in cui attraverso la realizzazione di un orto didattico urbano (ODU), si possa generare economia, solidarietà e socialità. Incubare bellezza e felicità a partire dal coinvolgimento degli anziani, degli studenti con le loro famiglie e la rete locale della solidarietà, per riconfigurare uno spazio urbano all’interno di un progetto di arredo e di design. Il filo conduttore è l’arte e in particolare la land art che si contamina di tutta quell’umanità che deriva dal voler riparare un frammento di città da parte degli stessi abitanti del luogo.

Scuola e territorio, una strategia culturale, economica e politica. La consapevolezza che la scuola è centrale per ridefinire le regole di ingaggio nel tentativo di recuperare il gap tra il degrado urbano e il desiderio di bellezza.

Antonio Presti (artista e mecenate) dice che i fantasmi, con cui ci dobbiamo confrontarci in questa terra del sud, sono riassunti nella seguente espressione: “perché lo fai? c’è sotto qualcosa? non si può fare; se dovessi insistere nella tua idea di bellezza, allora sei pazzo”. Forse questa pazzia salverà questa terra dall’indifferenza e dall’apatia e la scuola è il luogo della resilienza condivisa, il luogo dove dirigenti, docenti e discenti praticano l’esercizio dell’innovazione e il sogno di un futuro felice.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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