L’ambulanza della morte: tre casi accertati, 50 morti sospette

Tre casi di omicidio volontario accertato, una decina quelli sui quali sono stati raccolti indizi degni di approfondimento, cinquanta decessi registrati dentro l’ambulanza tra il 2014 e il 2016. Un conteggio macabro dietro le parole dei magistrati della Procura di Catania e dei carabinieri che hanno fatto luce sulla vicenda denunciata dalla trasmissione “Le Iene” il 21 maggio scorso della cosiddetta “Ambulanza della morte”.
Davide Garofalo

Oggi i carabinieri di Paternò hanno arrestato l’adranita Davide Garofalo, 42 anni, barelliere che aveva in uso un’ambulanza privata. L’uomo è accusato di omicidio volontario di tre anziane persone, uccise – secondo quanto ha raccontato una “gola profonda” che conosce da vicino il modus operandi – con il sistema dell’iniezione di aria nella vena del malato. All’accusa di omicidio volontario si aggiunge l’aggravante di avere  favorito le consorterie mafiose della zona di Biancavilla (clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello) e Adrano (clan Santangelo), già decimate dalle recenti operazioni antimafia denominate “Onda d’urto” e “Reset”. I clan – ha spiegato stamani in conferenza stampa Andrea Bonomo, sostituto procuratore della Dda – controllano la gestione delle onoranze funebri. I profitti che riguardano il trasporto in ambulanza sono di pertinenza degli ambulanzieri e del clan”.

Il personale “finto-sanitario” – come hanno detto stamattina magistrati e forze dell’ordine – viene assunto su precisa indicazione dei clan. La presenza quotidiana di ambulanze private nell’ospedale di Biancavilla, come nel resto di quasi tutte le strutture ospedaliere del Catanese, viene tollerata dai medici e dai dirigenti sanitari.

A Biancavilla il meccanismo si metteva in moto quando dall’ospedale “Maria SS. Addolorata” tornava a casa il malato in gravi condizioni, cui restava poco tempo da vivere. Una sorta di pietosa concessione ai familiari del paziente affinché il malato muoia tra le mura di casa propria. I medici, a quanto pare, erano all’oscuro di ciò che succedeva dentro l’ambulanza.

Dentro l’ambulanza quasi sempre c’era solo il barelliere che praticava la puntura in vena al malato provocandone la morte per embolia gassosa. La presenza di bolle all’interno della circolazione sanguigna provoca in un tempo ridotto il decesso del paziente.
“Con un assoluto disprezzo della vita umana, – osserva il procuratore aggiunto Francesco Puleio – veniva anticipata la morte delle persone perché il trasporto della salma innesca ulteriori guadagni”.
“Vestire” il morto e segnalarne la presenza ad una delle agenzie di pompe funebri del territorio aumentava gli introiti del barelliere finito in manette. Altre 3 persone sono indagate nell’ambito della stessa vicenda. 
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