“Dio lo vuole”, tutti profeti con frammenti di verità: i fanatici che odiano il dibattito

Ci siamo ormai abituati ai proclami mediatici, di ogni genere. Catastrofisti, fatalisti, ambientalisti, buonisti, dietisti e tanto altro. Veicolati dall’informazione tradizionale (sempre più marginale, per queste cose) e resi virali dai “social”, con un livello di diffusione enorme. La verità è che pochi leggono o vedono in TV i programmi d’informazione giornalistica. Al contrario tutti seguono le notizie sui social più di moda: Facebook, Instagram, Twitter.

Siamo tutti più attratti dai reality show, che ci raccontano frammenti di verità (simulata), mirati a costruire storie e modalità di vita che spesso diventano per noi stessi un desiderio “raggiungibile”.

Ma torniamo ai “proclami”, alle frasi epiche, all’urlo di guerra, alle – più o meno – leggendarie espressioni che spesso i politici (o i politicanti) usano per animare le masse. Quelle espressioni che irrompono sui social e cambiano il corso della storia: solo per qualche ora. Certamente stiamo ironizzando. Stiamo riflettendo su tutte quelle espressioni, mediatiche che si concludono con “Dio lo vuole”, o similmente. Si, perché quando non si hanno argomenti, o quando si pretende di rappresentare tutti, senza che questo sia effettivamente vero, ci si affida alla dimensione mistica e si tira fuori dal cappello a cilindro un dio, un santo (religioso o laico) un antenato.

Ricordo, tanti anni fa, persino una perpetua che alla morte del parroco (uomo influente nella politica di un piccolo paese) trasformava i suoi sogni notturni, in indicazioni elettorali. In pratica sognava che il parroco (defunto) dava indicazioni ai fedeli su chi votare. Insomma, ancora una volta “dio lo vuole”.

Ovviamente, tutto questo non ha nulla a che fare con la religione e la fede. Al contrario, è la manipolazione – a cura dei furbetti – nei confronti di tanta gente che crede e professa una fede. E quando dico fede, non mi riferisco solo alla religione, ma parlo della fede a qualsiasi credo: ambientalista, salutista ecc. Mi riferisco a tutta quella brava gente che crede a un’idea politica, filosofica, teologica, scientifica, ecc.

Sui social scorre di tutto, tutti sono profeti, tutti sono tenutari di verità mistiche e l’obesità dell’informazione genera molte patologie sociali. Dentro questo sistema – fatto di verità apparanti – è più facile insinuare l’espressione “dio lo vuole”.

In questo contesto siamo chiamati a prendere una posizione. Siamo Guglielmo da Baskerville, Ubertino da Casale o Jorge da Burgos? Tranquilli, sono i personaggi principali del romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Il primo è un monaco francescano, che crede in una verità dedotta dall’osservazione, dallo studio, dalla conoscenza, dalla ricerca (spirituale e materiale). Il secondo è sempre un francescano (molto anziano) che, al contrario di Guglielmo, crede in una verità derivata dal pregiudizio, dalla superstizione, dalle sacre scritture – interpretate in chiave fatalista; uomo quasi in odor di santità, ma ancora immerso nella cultura Medievale che non vede la luce del Rinascimento. L’ultimo, Jorge, è il vecchio bibliotecario che consapevolmente manipola la comunità dei monaci per soddisfare i propri scopi: impedire l’accesso alla conoscenza e alla verità, per questo è disposto a uccidere o a fare uccidere. E’ disposto a tollerare ogni nefandezza dentro il cenobio, pur di conservare il suo potere inibitorio.

Ecco, dobbiamo decidere chi vogliamo essere nella vita: Guglielmo, Ubertino o Jorge? Oppure decidere se vogliamo essere i monaci – del romanzo – che disorientati vagano tra le idee innovative di Guglielmo o le paure di Ubertino o peggio ancora sono i complici di Jorge.

Di recente, abbiamo assistito – purtroppo – a tanti disastri naturali: alluvioni, terremoti e uragani. Sappiamo benissimo da cosa dipendono. Sappiamo che l’uomo è il responsabile principale dei cambiamenti climatici, degli effetti devastanti delle bombe d’acqua e dei terremoti. Lo sappiamo da sempre. La natura è benigna e maligna allo stesso tempo ma l’uomo spesso è incosciente. Le recenti immagini di Petra in Giordania, della Sicilia, del Veneto, riferite alle inondazioni e al terremoto, sono l’ennesimo monito. L’uomo è responsabile degli effetti derivati. Questo è il punto e su questo bisogna lavorare.

Non entro nel merito della questione TAV a Torino, nel senso che non è questa la sede per approfondire, ma accolgo con favore l’esistenza di una diversa visione. I NO – TAV sembravano “paraboliani” detentori di un’unica verità (dio lo vuole), e di queste realtà ce ne sono tante. L’ingresso nel dibattito torinese, di un gruppo SI-TAV, dimostra che il dibattito è vivo. Che le questioni sono da discutere e da approfondire e che una visione politica è sempre il frutto di una mediazione che non può tollerare “fanatismi” e “fondamentalismi”. Una visione politica aperta e attenta alla ricerca e alla conoscenza che si costruisca su una visione complessiva. Una Vision condivisa, sostenibile, inclusiva e innovativa.

Quando un uomo, un gruppo, una comunità si affida solo al santo, al fato, al paranormale, per giustificare tutto quello che lo riguarda, significa che siamo ancora in pieno Medioevo. La fede è un’altra cosa. Il credere in Dio è un’altra cosa. La spiritualità è un’altra cosa. Non è spettacolo. Non è barocchismo. E’ intimità e contemplazione. Per il resto, per governare un Paese, un territorio, una regione e una città serve un “Guglielmo da Baskerville”.

Serve evitare l’approccio fatalista e la manipolazione dei santoni. Sia che essi siano singoli uomini che gruppi organizzati. “Dio lo vuole”. Serve consapevolezza di cittadinanza, quella vera. Serve una vera democrazia. “Eppur si muove” qualcosa.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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