Catania, al Castello di Leucatia le virtù delle erbe spontanee: mostra ‘Herbis Virtute’

di Alessandro Montalto

Al Castello di Leucatia di Catania è stata inaugurata la XIV edizione della mostra itinerante di erbario “Herbis Virtute, Herbarium Mediterraneum, collezione di piante selvatiche dell’Etna a cura della Dottoressa Elisa Coppola, naturalista, esperta in botanica, etnobotanica e fitoalimurgia. Sempre a cura della stessa, si è tenuta la conferenza dal titolo, “Le piante selvatiche di uso popolare del territorio etneo”, in cui è stata evidenziata “l’importanza che la flora sicula ha assunto nei secoli, quale esempio di ecosostenibilità per la comunità etnea”. Molteplici sono state, infatti, le specie selvatiche citate che, anticamente, hanno dato vita a delle antiche maestranze nell’artigianato popolare tra i quali il mastro cestaio o “cufinaru”, cioè, il costruttore di panieri e i “cufina”, fatti con culmi di canna e verghe d’olivo selvatico; il costruttore di “cavagne” (in gergo, “cavagnaru”) quei contenitori rustici confezionati a mano con listelli di canna domestica e altro materiale vegetale per contenere la ricotta; il mastro bottaio che utilizzava il legno di castagno per realizzare le botti. Di fatto, le nostre piante selvatiche – “oltre che nell’industria e nell’artigianato popolare” – sono state da sempre una risorsa indispensabile dell’uomo per vari ambiti. Nell’alimentazione, “durante la mancanza di materia prima, specie in tempo di guerra”, nella medicina popolare, nell’uso domestico, nell’agricoltura, nella pastorizia, nell’allevamento degli animali domestici, nella veterinaria popolare, nel gioco e nei passatempi. Alcune piante selvatiche erano, tra l’altro, utilizzate in particolari riti popolari (giaculatorie, scongiuri, misture varie) nel simbolismo e nella religione, frutto della fantasia dell’uomo e di antiche credenze popolari tramandate di generazione in generazione.
La ricca collezione di piante selvatiche della curatrice della mostra si compone di oltre trentaquattro tavole, fornite ciascuna di una scheda botanica che illustra la famiglia di appartenenza, il nome della specie, la data e il luogo della raccolta, mentre, una scheda aggiuntiva, dà informazioni sulla corologia, sull’habitat e, in particolare, notizie sugli usi pratico – popolari nel territorio etneo.
Anche in quest’ultima mostra, sono state attenzionate alcune specie tossiche e velenose. L’Echballium elaterium (“cocomero asinino”), la Datura metel (“tromba del diavolo”), l’Euphorbia characias (“euforbia cespugliosa”) e la Mercurialis annua (“mercorella comune”). “Queste specie selvatiche abbondano sui suoli etnei e possono spesso essere oggetto di confusione da parte di erborinatori inesperti che li scambiano per verdure commestibili”, avvelenandosi di conseguenza. In opposizione, invece, ritroviamo alcune gustose verdure selvatiche commestibili, quali il “cavolicello” (Brassica fruticulosa), in gergo chiamata “caliceddu”, gli “strigoli” (Silene vulgaris) conosciuta col nome dialettale di “cannatedda”, la “senape” (Sinapis arvensis), la “sinacciola”, l’aromatico “finocchietto” (Foeniculus vulgare) detto “finocchiu rizzu”. Altre specie ancora sono state descritte per le pregiate proprietà officinali. Infine, una collezione di galle o cecidi (“formazioni neoplasiche generate dalla interazione tra insetti e altri organismi viventi e la pianta ospite” per “costruirsi” un ricovero su cui far vivere la prole) ritrovate su alcune piante dell’Etna, dalle forme bizzarre, ha incuriosito i visitatori. Tra queste, spiccano la galla fusiforme del pistacchio selvatico, “terebinto” (Pistacia terebinthus), “baizongia” e “pistacite” di colore rosso vivo, l’appariscente galla a forma di pon – pon di colore rosso pallido della “rosa selvatica” (Rosa canina), della Diplolepis rosae e molte altre galle ancora.

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