Paternò, riapre la Galleria d’Arte Moderna: un palinsesto di opere e artisti

Alla Galleria di Arte Moderna (GAM) di Paternò di via Roma 28 – dal 20 al 30 aprile  – è possibile visitare la collettiva d’arte, “Tracce di civiltà”. Organizzata da Aitnart di Giuseppe Borrata, con il patrocinio dell’Assessorato al Turismo della Regione Sicilia e del Comune di Paternò.

Pittura, scultura, grafica e fotografia. Un ricco palinsesto di artisti e di opere, e tra questi, anche alcuni giovani esordienti; che hanno avuto l’onore di esporre in uno spazio, che ospita tra l’altro, opere di Luigi Malice, Enzo Indaco, Salvo Russo e Mario Sironi, solo per citarne alcuni.

E’ stata anche l’occasione per rivedere – dopo anni di chiusura ingiustificata – i locali dell’ex pretura e valutare le potenzialità di questo spazio espositivo e lo stato di conservazione delle opere in esso contenute, almeno quelle visibili.

Una collettiva d’arte che non svela il suo filo conduttore, proponendo differenze stilistiche, linguistiche e simboliche quasi dissonanti. Forse, un primo tentativo di fare il punto sulla produzione artistica di questo territorio, evidenziando comunque, l’assenza di molte esperienze di rilievo che non hanno trovato la collocazione in questo evento. Forse è comunque l’inizio di un percorso e in questo senso va incoraggiato e premiato; considerando, tra l’altro, che appare timidamente in un contesto culturale spesso apatico che ha privato la città di Paternò di eventi di qualità artistica ormai da diversi decenni.

Registriamo comunque alcune sorprese e qualche conferma, tra le opere esposte. Appare interessante la sperimentazione tra materia, superficie e colore di Santi Scarpato; artista che predilige il colore e la pennellata materica. Quasi un omaggio a Giovanni Segantinida una parte e all’arte concettuale dall’altra. Valentina Signorello, incanta con le sue figure di donne, oniriche e psicologiche, maschere e nudi immersi nell’acqua primordiale. Angelo Platania, svela la sua matrice post-impressionista e ripropone ancora una volta, un turbine di colore psichedelico, per narrare la sua “natura”, in chiave spirituale. L’esplorazione di Ignazio Vitali, propone una grafica bidimensionale, tipografica, semantica che rimanda a Keith Haring e alla street art, comprese le sue sculture. Rosanna Tartaresu, usa il colore con violenza e drammaticità, per strutturare lo spazio pittorico secondo flussi, prospettive e gerarchie istintuali e spontanee, manifestando quasi un’ingenuità emozionale. La fotografia è quella di Salvo Santangelo. Artista colorista che impressiona per le la profondità di campo dei suoi paesaggi dell’acropoli di Paternò, proponendo un paesaggio nuovo e fumettato.

Tra gli scultori, vogliamo segnalare i fratelli Nino e Sebastiano Milici. Legno e ceramica. Arcaici, simbolisti ed esoterici. La natura che si lascia addomesticare per raccontare leggende, dolori struggenti e storie di ninfe, dee e cavalieri. Un ricordo lontano di antichi mestieri che rappresentano la storia della Sicilia. Lo stesso registro che utilizza Pier Manuel Cartalemi, giovanissimo e talentuoso artista, che plasma la creta e ridisegna il significato dello stemma di Paternò. La sua arte ci ricorda – in chiave contemporanea – Hieronymus Bosch e la fluidità di Umberto Boccioni, sempre attingendo al repertorio dell’arte figurativa siciliana. Ci piace concludere con Asia Romaniuk, artista polacca che ormai vive da anni in questa terra. L’opera che propone è un omaggio all’artista basco, Eduardo Chillida; la sua proposta, struttura in chiave tettonica la materia, destrutturandola. Carica di pathos, di energia, di monumentalità. Quasi titanica e vibrante, seppure minuta. Come un Davide contro Golia si presenta scarna, concettuale e intensa, una donna minuta che scolpisce la pietra.

La mostra ci offre quindi l’opportunità di riflettere sul significato dell’arte, sull’opportunità di fruirne continuamente e sulle occasioni mancate. Gli artisti assenti – quelli viventi – (Salvo BorzìAntonino ViolaAndrea Coppola e Bona, per esempio), gli artisti scomparsi – quelli che hanno impreziosito questa città (Gaetano Palumbod’Inessa Michele Cannavò, solo per citarne alcuni) e infine le opere che facevano parte della collezione della Galleria d’arte degli anni passati, che non hanno avuto la fortuna di essere collocate e rischiano di essere perse per incuria. Chissà dove sono nascoste?

Non possiamo non evidenziare che lo spazio espositivo ha bisogno di lavori urgenti, la messa in opera dell’ascensore, il recupero delle murature – che sono invase dall’infiltrazione dell’acqua – e la luce. Quest’ultima è la nota più dolente, nel senso che le opere non hanno un sistema illuminotecnico dedicato e il risultato è evidentemente frustrante per il visitatore. Servirebbe un programma di interventi migliorativi, mirati e una gestione più innovativa dello spazio espositivo, in chiave culturale e organizzativa. Un piano di lavoro che rimetta al centro l’arte – in tutte le sue forme – per educare il cittadino alla bellezza. Un programma laboratoriale con le scuole, che coinvolga gli artisti di spessore che questa città esprime con autorevolezza, nel panorama internazionale.

Noi registriamo comunque un primo passo, e questo ci rende timidamente ottimisti, ma tanto c’è ancora da fare a partire dal prolungamento della mostra e dalla pubblicizzazione delle stessa sui media. Serve un’agenzia che gestisca l’agenda della galleria d’arte moderna – GAM – introducendo attività collaterali e funzionali come un bookshop, una caffetteria, una sala proiezioni e la creazione di un brand dedicato. Per adesso, non ci rimane che andare a visitare questo “primo passo” e sperare nei prossimi, compreso la pubblicazione di un catalogo della mostra.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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