Mafia, colpo alla nuca per Orazio Pino ex pentito del clan del Malpassotu: ucciso nel Genovese dove faceva l’orefice

RAPINA

A Chiavari, in provincia di Genova, un orefice di 70 anni di origini siciliane, Orazio Pino, ex collaboratore di giustizia, ieri intorno a mezzanotte è stato trovato senza vita vicino alla sua auto al quinto piano di un silos di corso Dante, dove era solito parcheggiare.

L’uomo, da tempo residente in Liguria, potrebbe essere stato ucciso con un colpo alla nuca partito da una pistola di piccolo calibro. Sul caso indaga la polizia, che ha già ascoltato i parenti della vittima. Sul posto è intervenuto anche il medico legale, che ha rinvenuto un piccolo foro sulla nuca del 70enne, che molti anni fa avrebbe collaborato con la giustizia. Ancora da accertare se a causare la morte dell’orefice, che aveva ancora addosso i suoi effetti personali compreso il portafoglio, sia stato un colpo di pistola o un’altra arma.
Orazio Pino, 70 anni e’ una vecchia conoscenza delle criminalita’ catanese per essere stato uno degli uomini piu’ fidati di Giuseppe Pulvirenti, ‘u malpassotu’, a sua volta braccio armato negli anni novanta della famiglia catanese di Cosa nostra guidata da Nitto Santapaola. Pino, da giovanissimo apprendista barbiere, ha lasciato il lavoro per schierarsi con la frangia criminale piu’ spietata durante gli anni ottanta e novanta, diventando ben presto capo del gruppo di Misterbianco e nel frattempo importante imprenditore nel settore discografico. Nel comune alle porte di Catania ha condotto una cruenta guerra di mafia con la cosca locale dei Nicotra (i tuppo) che nel giro di pochi anni ha annientato a suon di omicidi che hanno insanguinato il paese costringendoli a lasciare la Sicilia per la Toscana. Alla fine degli anni novanta Orazio Pino ha seguito l’appello del suo capo storico, quel Giuseppe Pulvirenti Malpassotu che intanto per amore nei confronti della sua infermiera aveva deciso di collaborare con la giustizia. E’ iniziato cosi’, accusando i suoi amici, il pentimento di Orazio Pino costretto a lasciare la Sicilia per questioni di sicurezza. A Chiavari aveva ricominciato la sua vita con accanto la moglie e le due figlie fondando la societa’ “Isola Preziosa”, messa in piedi con la liquidazione del contratto di collaboratore di giustizia che aveva stipulato con lo Stato. Faceva l’orafo, mestiere che lo aveva sempre affascinato: un investigatore ricorda che nel bunker che aveva ricavato in un sottoscala nella sua villa, lungo la strada che collega Misterbianco a San Giovanni Galermo, vennero sequestrati monili e lingotti d’oro per centinaia di migliaia di vecchie lire. Ma quelli erano i tempi delle guerre di mafia che insanguinavano Catania.

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