Mafia, boss ai domiciliari grazie al Covid-19 e scoppia la polemica: rischio contagio nel carcere di Opera

Il boss della mafia palermitana, Francesco Bonura, detto Franco, 78 anni, ha ottenuto la detenzione domiciliare per motivi di salute e anche perche’ alla sua eta’ e nelle sue condizioni (e’ affetto da un severo carcinoma ed e’ stato operato piu’ volte) e’ maggiore il pericolo di contagio del coronavirus, dentro le strutture penitenziarie.

Dal carcere di Opera il costruttore e capo della cosca di Passo di Rigano e’ cosi’ tornato nella sua casa della zona dello stadio di Palermo. Quello accordato dal magistrato di sorveglianza di Milano, Gloria Gambitta, e’ tecnicamente un differimento della detenzione da scontare in cella, che pero’ Bonura, detenuto ininterrottamente dal 20 giugno 2006, stava gia’ finendo di espiare: il suo “fine pena” e’ fissato infatti per ora al marzo 2021, ma con le ulteriori riduzioni legate alla buona condotta ci sara’ un’anticipazione al dicembre di quest’anno. Bonura, pur essendo un mafioso di rango, a differenza di tanti altri boss ultrasettantenni come lui, non ha condanne all’ergastolo e per questo l’istanza degli avvocati Giovanni Di Benedetto e Flavio Sinatra e’ stata accolta, “tenuto conto – scriveil magistrato di sorveglianza milanese – dell’emergenza sanitaria e del correlato rischio di contagio, indubbiamente piu’ elevato in un ambiente ad alta densita’ di popolazione come il carcere”. Per questo un soggetto “anziano e affetto da serie patologie pregresse” e’ esposto “a conseguenze particolarmente gravi”. Non dunque un indiscriminato via libera per altre scarcerazioni eccellenti di ergastolani, ma un caso singolo, ritenuto grave e a se’ stante.

La condanna del capomafia di Passo di Rigano, nel processo “Gotha”, era stata a 18 anni e 8 mesi, che sarebbero scaduti nel 2025, ma gli sconti legati alla cosiddetta liberazione anticipata per la buona condotta (tre mesi all’anno, che spettano a tutti i detenuti) avevano portato il fine pena tra dieci mesi, in realta’ otto, perche’ la riduzione spettera’ anche per il 2020. Franco Bonura fece parte con Nino Cina’ del gruppo di potere che il boss di Pagliarelli Nino Rotolo aveva contrapposto al triumvirato di cui faceva parte lo stesso Rotolo, con Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Il vertice mafioso fu smantellato con una operazione della polizia del giugno 2006, denominata non a caso “Gotha”.
Da allora Bonura, condannato a 23 anni in primo grado e a poco meno di 19 in appello, non e’ piu’ uscito di prigione. Lo fa adesso, a pochi mesi dalla scarcerazione definitiva, quando ha pure un male difficilmente curabile, che lo espone al virus.

I LEGALI DI BONURA
“Affermazioni improprie e strumentali che obliterano il caso concreto”. Lo scrivono in una nota gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Flavio Sinatra, legali del boss mafioso Franco Bonura.
I legali ricordano che, dopo una lunga detenzione, “a fronte di una condanna a 18 anni e 8 mesi, al nostro cliente restano da scontare, considerati i maturandi giorni di liberazione anticipata, meno di 9 mesi di carcere. Nel contesto della lunga carcerazione Bonura ha subito un cancro al colon, e’ stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata”.

L’eta’ avanzata e lo stato di detenuto, “ancor piu’ a Milano”, accentuano, secondo Di Benedetto e Sinatra, il rischio Coronavirus e per questo “risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare, in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanita’ che deve sottostare a ogni trattamento carcerario. Del tutto errato – prosegue la nota – e’ altresi’ il riferimento al recente decreto cosiddetto Cura Italia, che non si applica al caso di specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa”.

I legali concludono sostenendo che “ogni vicenda va affrontata nel suo particolare, altrimenti si rischia di scadere in perniciose e inopportune generalizzazioni che alterano la realta’”.

COISP: “SAREBBE RESA DELLO STATO”
“La concessione degli arresti domiciliari dopo le rivolte nelle carceri ai boss che dovrebbero essere al 41 bis, ai mafiosi, ai camorristi, agli ‘ndranghetisti, agli appartenenti alla sacra corona unita e a tutte le altre varie organizzazioni inquadrate ai sensi dell’articolo 416 bis, rappresenterebbe una chiara sconfitta dello Stato”. Cosi’ Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp.
“Far uscire dalle carceri criminali che guidavano, e che continuano a guidare, le organizzazioni piu’ efferate del Paese che si sono macchiate di centinaia di omicidi e che dispongono di patrimoni molto ingenti da investire, vuol dire voltare le spalle ai familiari di magistrati, poliziotti, Carabinieri e a tutti gli appartenenti alle Forze di Polizia che hanno visto i loro cari uccisi per mano di questi individui. Senza tralasciare il fatto che in questo modo verrebbe consentito un ulteriore rafforzamento delle organizzazioni criminali proprio nel momento in cui il tessuto commerciale e industriale del Paese e’ in gravissima difficolta’, agevolando cosi’ le acquisizioni di attivita’ in crisi attraverso pratiche come l’usura e l’estorsione. Tutto questo e’ semplicemente inaccettabile”, conclude.

FAVA: “NON MI OPPONGO MA SERVE MOTIVAZIONE NON IPOCRITA”
“Domiciliari per i boss anziani o malati? Non mi oppongo, ma serve una motivazione che non sia ipocrita. Non tirino fuori l’epidemia per uscire dal carcere, altrimenti è una presa in giro nei confronti delle centinaia di morti nelle case di riposo, dove, in là con gli anni e malati, gli anziani non hanno sicuramente le stesse condizioni di isolamento di chi è al 41 bis”. Lo ha dichiarato il presidente dell’Antimafia siciliana, Claudio Fava, a LaPresse, in merito alla possibilità che i capimafia possano lasciare i penitenziari.

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