Salvini sarà processato per il caso Open Arms: Sì del Senato all’autorizzazione a procedere. “Lo rifarei e lo rifarò”

Salvini sarà processato per il caso Open Arms: Sì del Senato all’autorizzazione a procedere. “Lo rifarei e lo rifarò”

Matteo Salvini andrà a processo per il caso Open Arms.

L’assemblea del Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal tribunale di Palermo, bocciando la relazione del presidente della Giunta per le Autorizzazioni Maurizio Gasparri – che dava lo stop ai magistrati – con 141 voti favorevoli (ne servivano 160) e 149 contrari.

“Contro di me festeggiano i Palamara, i vigliacchi, gli scafisti e chi ha preferito la poltrona alla dignità – è il giudizio netto dell’ex ministro dell’Interno – Sono orgoglioso di aver difeso l’Italia: lo rifarei e lo rifarò”.

Quando il leader della Lega interviene nell’aula di palazzo Madama per l’ultima arringa difensiva, che in realtà è tutta giocata all’attacco, i banchi del Governo sono vuoti, come vuoti erano quando l’assemblea decise l’ok al processo di Catania sulla nave Gregoretti. “Dimostrano il rispetto verso quest’aula”, esordisce sferrando il primo attacco. Il secondo è rivolto all’eterno rivale Matteo Renzi, che ha da poco annunciato il suo sì al processo, e agli ex alleati pentastellati.

“Preferisco l’imbarazzato ‘bel tacer’ del M5S alle gratuite supercazzole di Renzi e compagnia.

E’ passato dall’avere come modello De Gasperi a comportarsi come uno Scilipoti qualunque”, è l’affondo. Per il segretario del Carroccio, ancora una volta, quello contro di lui è “un voto politico”, un attacco sferrato da chi intende indebolirlo, cavalcando quella che lui definisce la “giustizia alla Palamara”, l’ex leader Anm che – intercettato – diceva a un collega magistrato: ‘Salvini ha ragione, ma va attaccato’.

Ecco perché l’ex ministro dell’Interno non intende tirarsi indietro o lanciare appelli: “Io andrò fino in fondo senza chiedere aiutini a nessuno – scandisce – Stasera torno a casa con un processo ma a testa alta”. Il leader del Carroccio intende marcare la differenza rispetto a chi vota contro di lui, volendo definitivamente trasformare in garantista la forza politica che negli anni di Tangentopoli sfoggiava il cappio in Parlamento: “Noi alle idee contrapponiamo altre idee, non i tribunali e i processi politici. L’unico tribunale per noi è quello del popolo”.

E ancora: “Domani, siccome la ruota gira, quando toccherà a qualcuno di voi, perché toccherà a qualcuno di voi, la Lega starà dalla parte delle garanzie e della libertà”, ripete più volte.

Poi, però, avverte gli avversari, dicendo quello che loro temono già: “Grazie a tutti coloro che mi manderanno a processo, perché mi fate un gran regalo”, conclude, indossando – tra gli applausi scroscianti di tutto il centrodestra – il cappello della guardia costiera, sfidando Conte e i suoi sul difficile terreno dei migranti, dopo averlo fatto su quello della giustizia.

Con lui si schierano compatti gli alleati:

“E’ un precedente spaventoso nella democrazia Italiana – tuona Giorgia Meloni – A chi festeggia, senza pudore, voglio dire che quando saltano le regole dello stato di diritto, nessuno è più al sicuro”. “Ancora una volta, l’uso politico della giustizia è l’arma con la quale la sinistra vuole liberarsi degli avversari. E’ lo stesso metodo che hanno usato contro di me”, dice sicuro Silvio Berlusconi.

Della necessità di discutere “con coraggio” del rapporto tra politica e magistratura è convinto anche Matteo Renzi. Il leader di Iv, però, come fatto nel caso della Gregoretti, nega l’esistenza di un interesse costituzionalmente tutelato o un preminente interesse pubblico nella scelta dell’allora ministro Salvini di non far sbarcare i migranti e inquadra tutto come atto politico. Ecco, allora, il sì al processo. La scelta politica, però, sottolinea Renzi non ricade solo sul leader della Lega.

“È corretto dire che c’è una responsabilità condivisa con tutto il governo, è innegabile”, ammette. E avverte gli alleati: “Se ci fosse un’autorizzazione a procedere contro l’ex ministro dei Trasporti (Danilo Toninelli, anch’egli senatore, ndr) voteremmo alla stessa maniera”. La maggioranza, insomma, regge sul voto a processo a Salvini. Se riuscirà a fare altrettanto a settembre su migranti e giustizia, è tutta un’altra storia.

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