Il ritrovamento: gli ultimi ci insegnano a vivere. La favola vera di Paternò

Il ritrovamento: gli ultimi ci insegnano a vivere. La favola vera di Paternò

Ci sono storie nascoste dentro le profondità dell’anima, perse nei labirinti di vecchie città, consumate dal tempo e dall’indifferenza che ogni tanto riemergono all’improvviso.

Storie di uomini semplici, spesso ultimi, attraversati dalla solitudine e dal dolore. Eroi dimenticati, lasciati nell’oblio, sacrificati sull’altare del silenzio.

Ci sono città, che sembrano morire, di un male che si chiama indifferenza, apatia e spesso sono quelle città che non vedono un futuro per i propri figli. Sono città che si consumano nella desolazione o nell’inganno di sembrare altro. Città che coprono ogni tristezza con un trucco, con le labbra rosse, pittate come le puttane.

Luoghi ormai spenti, con le parrucche bionde sulle case e la gente agghindata a festa per nascondere la povertà che scorre senza pietà. Una corsa verso una felicità fatua, verso un potere volatile, verso un successo finto, privo di profondità. Una città invasa da “gente per bene, della società che conta” che mostra la sua maschera migliore, quella delle feste e delle risate senza fine.

Una società che guarda dall’alto i diversi, gli ultimi, gli emarginati, gli sconfitti. Quella società “bene” che giudica, consuma, usa, scarta, evita, gli eroi semplici della strada. Dentro questo scenario, ordinario e seriale, si svolgono i fatti di una storia vera, dai contorni surreali ma che ci fa sperare ancora.

Un professore gentile, un carabiniere attento, una banca premurosa e un uomo che sceglie di essere onesto. Un uomo che sceglie – pur potendo e forse avendone diritto – di raccogliere da terra il suo piccolo tesoro. Una storia che voglio raccontare per sperare, per educare, per dare il giusto merito a un piccolo eroe che nessuno mai intervisterà, che non apparirà sulle testate dei giornali e che nessuno mai premierà. Un uomo che presto sarà dimenticato ma che deve trovare in questo spazio – con la riservatezza che merita – il ringraziamento di tutti noi.

La storia comincia così.

Il ritrovamento: gli ultimi ci insegnano a vivere. La favola vera di PaternòIl professore, preso dai pensieri, un po’ impacciato, si lascia cadere il portafogli sotto il bancomat dopo aver prelevato. Si accorge troppo tardi di non avere più nulla in tasca e disperato ripercorre i luoghi della sua passeggiata, sfinito comincia a prendere atto che non ha soldi, non ha le carte di credito, non ha i documenti, non ha nulla da mangiare e la paura invade la sua mente. In un attimo si rincorrono mille pensieri, dove andare, cosa fare, a chi chiedere aiuto.

Le sue certezze crollano in un istante, è solo. Corre dai Carabinieri che raccolgono la sua denuncia, scettici ovviamente, raccolgono le sue paure e lo accompagnano verso una procedura complicata, indirizzandolo verso la denuncia alla banca per bloccare le carte di credito. Poi la banca, ancora la paura e il ritorno a quel bancomat maledetto. Chissà quali pensieri lo hanno reso vulnerabile per un attimo.

Dopo un tempo che sembra essere stato infinito, una telefonata dalla banca che prefigura la possibilità del recupero del portafoglio, almeno dei documenti, al massimo delle carte ma certamente non del contante appena prelevato: quello sarà già scomparso per sempre. Una speranza, un tiepido conforto, chissà, allora di corsa verso quella caserma amica. Poi la scoperta, l’incredulità. Il carabiniere annuncia, come un miracolo, la restituzione di ogni cosa. Un incubo sembra finito ma rimane lo stupore di tutti: il professore, il carabiniere e la banca.

Chi ha restituito il portafoglio? Un giovane idealista? Un noto professionista? Un missionario? Un eroe della Tv?

Il ritrovamento: gli ultimi ci insegnano a vivere. La favola vera di PaternòNiente di tutto ciò. L’uomo che ha raccolto e restituito integralmente tutto è un ultimo, di quelli che la nostra città ha dimenticato, di quelli che la Caritas conoscono bene, ogni giorno. Un uomo che aveva bisogno di quei soldi, magari non delle carte di credito ma certamente di quel prezioso contante. Poteva fare finta di niente, poteva restare indifferente e godersi un frammento di felicità. Poteva girarsi altrove, proseguire facendo finta di nulla. Poteva spendere, comprarsi da mangiare, prendere un vestito, dotarsi di un cellulare e chissà quante altre cose.

Quell’uomo ha scelto di ridare serenità al professore, ha scelto di essere onesto, ha compreso il dramma di chi perde tutto come lui. Ha deciso di recarsi dai carabinieri per restituire ciò che il caso e la strada gli aveva regalato.

Ma tutto questo non basta, il professore ha chiesto di sapere il nome di quest’uomo e il soldato dalla divisa nera ha reso possibile l’incontro. Quel denaro, parte di esso e forse una nuova fratellanza, sono stati donati all’uomo onesto. Un uomo che tutti noi, incontriamo spesso per strada, magari perché ci chiede una sigaretta, una moneta. Un uomo al quale noi abbiamo negato il sorriso, che vive la dimensione degli ultimi.

Non è una storia di grandi eroi, ma una storia che inorgoglisce la città di Paternò, che ci fa riflettere. Forse, da oggi, quando incontriamo un ultimo, un emarginato, dobbiamo regalare non solo un sorriso ma la nostra fiducia, cercando di fare la cosa giusta.

Spesso basterebbe poco per regalare dignità agli esseri umani. Una città che vive il nascondimento e spesso sbrana sé stessa è il teatro di una storia a lieto fine che ci piace condividere con tutti voi, cittadini del mondo. C’è del buono in questa città. Questa è la parte che ci piace.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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