Coronavirus, non piace a nessuno il nuovo Dpcm di Conte: e nel Governo c’è chi fa autocritica

Coronavirus, non piace a nessuno il nuovo Dpcm di Conte: e nel Governo c’è chi fa autocritica

Mentre si stringe sul dl ristoro che, promette il ministro Gualtieri, eroghera’ indennizzi a circa 300-350 mila aziende, il premier Giuseppe Conte convoca mercoledi’ alle 16 a palazzo Chigi i leader di Cgil, Cisl e Uil.

Il Cdm e’ previsto per domani ma poi si aprira’ il confronto.

E il confronto e’ ancora aperto anche nel governo su come fronteggiare la seconda ondata della pandemia. Le regioni guidate dal centrodestra criticano l’ultimo Dpcm (gli amministratori della Lega pensano al ricorso al Tar) ma e’ anche il governatore De Luca, a non nascondere perplessita’. Per il presidente della Campania occorrerebbe agire sulla scuola, “e’ un vettore di contagi”, e non sulle palestre e i teatri. “Questo Dpcm e’ solo un primo passo, temo che non bastera’”, osserva.

“Guardando ai contagi di oggi forse abbiamo fatto il minimo”, ha detto il ministro dei Beni culturali, Franceschini. Mentre due ministri M5s, Spadafora e Azzolina, dalla trasmissione di Fazio su Rai3, si fanno portavoce di una eventuale ulteriore mossa, qualora la curva del contagio non dovesse abbassarsi. “Tre Dpcm in 11 giorni sono tanti.

Mi auguro di no a livello nazionale ma non escludo che a livello regionale possano essere necessarie delle chiusure in aree o settori precisi. Non escludo affatto che a livello regionale possano essere introdotte, in accordo con il Governo, misure ancora piu’ restrittive”, dice il primo.
“Secondo me ha molto senso adottare provvedimenti locali perche’ le situazioni sono territorialmente diverse”, osserva la seconda.

La premessa e’ che un lockdown generalizzato e’ da scongiurare, si sta agendo con l’ultimo provvedimento per assicurare “un Natale sereno”, ha spiegato Conte. Preoccupa ancora la situazione dei trasporti con i ministri Azzolina e Spadafora che sottolineano la necessita’ che si intervenga al piu’ presto.

E preoccupa la situazione nelle terapie intensive. “Una procedura macchinosa nel Decreto Rilancio e una grande confusione nei piani presentati dalle regioni hanno causato un grave ritardo nell’incremento delle terapie intensive tra luglio e ottobre”, l’accusa del commissario all’Emergenza Arcuri. Ma sia il presidente della Conferenza Stato regioni Bonaccini che il numero uno dell’Anci Decaro invocano unita’, “un patto tra Stato e cittadini, altrimenti il sistema salta”, dice quest’ultimo chiedendo al premier Conte di fungere da garante.

E sull’operato del governo, soprattutto in estate, arriva l’autocritica del ministro Spadafora: “Le decisioni drastiche prese in primavera ci hanno difeso, ma devo dire che le misure pensate durate l’estate per prevenire la seconda ondata, da Governo, Regioni e parte dei cittadini non hanno avuto l’effetto che aspettavamo, specie sul fronte trasporti e della tenuta del sistema sanitario. Noi come governo dobbiamo fare autocritica: pur sapendo che ci sarebbe stata un seconda ondata dovevamo immaginare misure con effetti diversi”.

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