Metrò, piccola rivoluzione da Paternò a Catania: la metafora della molla per guardare oltre

Metrò, piccola rivoluzione da Paternò a Catania: la metafora della molla per guardare oltre

Si parlava di linea metropolitana Fce già negli anni ’70 – nell’area catanese – e se vogliamo essere più precisi dobbiamo evidenziare che proprio a partire dagli anni ’20, grazie all’intuito di pochi, nasce l’embrione della Fce attuale, con un accordo tra i comuni promotori: Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia e Paternò.

Metrò, piccola rivoluzione da Paternò a Catania: la metafora della molla per guardare oltre
elaborazione grafica Ornella Palmisciano.

Proprio così, la Fce nasce in questi territori, dove a breve, si concluderà il travagliato iter – durato troppi anni – che porterà a ricongiungere la città di Catania con il suo hinterland più prossimo, come le grandi città europee. Forse entro il 2030 saremo dotati di un’infrastruttura della mobilità che di fatto cambierà il nostro modo di abitare questo territorio. Lo aveva sognato la classe politica degli anni ’70 a Paternò e lo aveva fatto predisponendo la città a questa metamorfosi con l’elaborazione del Prg del 1974.

Paternò possedeva già all’epoca una dorsale di ponente, (dagli anni ’50) quella che spesso chiamiamo la ferrovia delle arance, che collegava Catania a Paternò passando per Motta e Bicocca, ma era la dorsale commerciale, funzionale alla produzione agricola della Valle del Simeto. (forse Centuripe, Regalbuto, Troina e Assoro dovrebbero rivalutarla).

La Fce era invece la dorsale di levante che univa idealmente tutti i comuni dell’Etna in un unico abbraccio e Paternò riconquistava la sua dignità di polo di interscambio tra Catania e le aree interne come lo era sin dall’antichità.

In questi giorni, la Fce attraverso il suo direttore ing. Salvo Fiore (di origini paternesi) sta presentando gli avanzamenti progettuali e il piano di sviluppo dell’azienda nei comuni interessati dai futuri interventi che completeranno la linea ferroviaria che collegherà direttamente Paternò con l’aeroporto di Catania.

Credo che possiamo parlare di una vera e propria rivoluzione che condizionerà le future scelte urbanistiche, economiche e commerciali di questo distretto.

Metrò, piccola rivoluzione da Paternò a Catania: la metafora della molla per guardare oltreAllora ci sono due modi per accogliere queste notizie. La prima è esclusivamente autocelebrativa e riduce tutto a qualche foto di circostanza. Tanta gratitudine per la Fce e i politici regionali che sostengono questo progetto, articoli sui giornali e interviste in TV. Poi il ritorno al letargo, all’attesa, alla speranza che qualcosa possa accadere. Quasi che l’arrivo della metropolitana sia un fatto ancestrale e misterioso come una stella cometa. In questo caso prevale la nostra cultura fatalista e attendista che punta sull’intercessione dei “santi” e sugli effetti imprevedibili di un miracolo.

Ma ci sono altri modi per accogliere queste notizie. Modalità attive e propositive. Per esempio ponend

osi nuove domande sulla mobilità urbana complessiva, su cosa faremo delle linee dismesse, quali settori saranno avvantaggiati e come ampliare questi vantaggi per il bene della collettività. I progetti urbani per integrare le nuove funzioni infrastrutturali.

Magari chiederci cosa succederà al mercato immobiliare, all’offerta scolastica delle scuole superiori, al commercio, ai servizi sanitari e al patrimonio storico-artistico. Domande che dobbiamo porre adesso alla comunità per meglio pianificare il futuro per non farsi trovare impreparati il giorno in cui dall’acropoli di Paternò a piazza Stesicoro a Catania, si impiegheranno circa 20 minuti.

Ecco questo è il tempo delle domande e delle riflessioni che troverebbero le giuste risposte nell’elaborazione del Pug (Piano Urbano generale, ex Prg).

Ma credo che avviare un dibattito preliminare non farebbe male a nessuno. La città dovrebbe interrogarsi, confrontarsi, cercando convergenze trasversali perché in gioco non c’è l’interesse di pochi o il successo elettorale di qualcuno, ma la possibilità di invertire una tendenza ormai dall’andamento esponenziale che sta seppellendo la città di Paternò, svuotata ogni giorno di qualcosa che va via, a partire dai nostri giovani. Dovrebbe essere anche l’interesse di Catania, Belpasso e Misterbianco di avviare questo dibattito, non siamo un’isola ma un arcipelago.

Allora proviamo a immaginare un nuovo scenario complessivo che renda più accessibile le parti periferiche della città a sud, usando la linea Fce che verrà dismessa per realizzare un tram che colleghi la nuova stazione Ardizzone con il quartiere Scala vecchia a sud, fino a via Balatelle. Proviamo a prolungare il People Mover da piazza della Regione fino a sotto l’acropoli e oltre fino a San Marco per creare quel bypass tra la dorsale di levante (Fce in progetto) e la dorsale di ponente (FFSS dismessa).

Proviamo a riattivare la dorsale di ponente (la via delle arance) per intercettare Schettino (hub agricolo-commerciale), San Marco (hub naturalistico-archeologico), l’acropoli (hub turistico-culturale), la zona di Tre Fontane (hub artigianale-industriale). Proviamo a connetterci con le cave di Scalilli per rigenerarle, con l’acquedotto romano di Porrazzo per renderlo fruibile, prevedendo due stazioni ad hoc. Guardiamo oltre.

Metrò, piccola rivoluzione da Paternò a Catania: la metafora della molla per guardare oltreNon è fantascienza né utopia ma la razionale evoluzione di un ragionamento complessivo che ad oggi manca in questa città fatta di piccoli interessi a breve termine. “Muoviti fermo” è il paradigma che dobbiamo risolvere o reinterpretare.

Non significa non fare nulla, resta immobile, statico, apatico. Significa muoviti, svegliati, agisci, ma con i piedi per terra, fermo nella tua terra, radicato. Muoviti li dove sei, non andare altrove a muoverti. Muoviti dove sei nato, dove sei cresciuto, dove hai deciso di vivere. Comunque muoviti. Perché al contrario avremmo detto stai fermo, non ti muovere. Invece l’espressione più autentica è muoviti, muoviti, muoviti. Muoviti significa guarda oltre, muovi la tua mente, muovi le tue esperienze, le tue ricchezze ma poi torna nella tua città. Muoviti fermo è come la metafora della molla. Si muove, su se stessa fino a comprimersi, ma è lo status che precede il movimento più virile e determinato, verso l’alto.

Allora riflettiamo – con onestà intellettuale – sul fatto che tra circa 10 anni la Fce ci porterà velocemente oltre questa valle. Bisogna prepararsi, oppure farsi solo le fotografie quando sarà il momento. “Muoviti fermo”, ma muoviti. Perché il primo passo per l’umanità è “Fare” non ostacolare, quello lo fanno i conigli dell’acropoli.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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