Mafia, colpo del Ros a Cosa nostra e Stidda: 23 misure cautelari da Dda Palermo. Summit dei boss in studio legale. Fermo per mandante omicidio Livatino

Mafia, colpo del Ros a Cosa nostra e Stidda: 23 misure cautelari da Dda Palermo. Summit dei boss in studio legale. Fermo per mandante omicidio Livatino

Ci sono 6 capi mafia, 3 esponenti della Stidda oltre a due esponenti delle forze dell’ordine, al padrino latitante Matteo Messina Denaro e un avvocatessa tra i 23 destinatari del fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Una mega indagine del Ros dei carabinieri che svela come i boss, anche se ristretti al 41 bis, riescano a comunicare con l’esterno, a riorganizzare i clan, a tramare, a passarsi messaggi anche tra di loro attraverso una penalista dell’Agrigentino, divenuta – secondo quanto emerso dalle indagini – organizzatrice del mandamento mafioso di Canicattì, che utilizzava anche il proprio studio legale per i summit.

L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Calogero Ferrara, Gianluca De Leo e Claudio Camilleri.

Contestati i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione ed altri reati aggravati, poiché commessi al fine di agevolare le attività delle associazioni mafiose.

TRA I FERMATI IL MANDANTE DELL’OMICIDIO LIVATINO

Tra i fermati c’è Angelo Gallea, condannato quale mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990. Dopo 25 anni di reclusione è stato posto in semilibertà per scontare il residuo di pena.
Attraverso le ‘cimici’ gli investigatori del Ros e i pm della Dda di Palermo, nell’ambito dell’inchiesta culminata oggi nell’operazione “Xydi” hanno assistito in diretta alle dinamiche organizzative di Cosa nostra e della Stidda.

LE RIUNIONI DEI BOSS NELLO STUDIO DELL’AVVOCATO

Una sequenza di riunioni e incontri, molti dei quali si svolgevano nello studio della penalista di Agrigento, la 50enne Angela Porcello, legale di diversi boss, compreso il capomafia agrigentino Giuseppe Falsone, che di fatto aveva scelto di dismettere la toga per dedicarsi al ruolo di mediatrice e poi organizzatrice del mandamento mafioso di Canicatti. Nello studio si sono riuniti – hanno appurato le indagini del Ros coordinate dalla Dda di Palermo – il capocosca di Canicattì, quelli della famiglie di Ravanusa, Favara e Licata, un uomo d’onore di Villabate in provincia di Palermo e fedelissimo di Bernardo Provenzano e e un esponente della rinata Stidda.

Efficienza e riservatezza per riprendere le fila di una unità strategica all’interno di Cosa nostra: dall’indagine viene fuori la capacità degli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Agrigento, Trapani, Caltanissetta, Catania e Palermo di mantenere contatti riservati e garantirsi, quando necessario, reciproco appoggio e mutua assistenza.

Tra i destinatari del fermo un ispettore e un assistente capo della Polizia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio.

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