Covid, inchiesta sulla falsa contabilità di contagi e decessi: i morti ‘spalmati’ di Biancavilla e del ‘San Marco’. Le dimissioni di Razza

Covid, inchiesta sulla falsa contabilità di contagi e decessi: i morti ‘spalmati’ di Biancavilla e del ‘San Marco’. Le dimissioni di Razza

Dati truccati sul Covid in Sicilia per costruire una contabilità falsa su contagi e decessi ed evitare le restrizioni della zona rossa.

E’ l’atto d’accusa dei giudici di Trapani. Tre arrestati. E altri tre indagati, tra cui l’ormai ex assessore alla Salute, Ruggero Razza, che si è dimesso pur respingendo le accuse. Il governatore, Nello Musumeci, che ha assunto l’interim della delega, si dice sorpreso: “Le zone rosse le abbiamo chieste noi”. Ma il gip parla di “scellerato disegno politico”.

TERREMOTO AL CUORE

L’inchiesta della procura di Trapani si è abbattuta sulla Regione, colpendo il cuore del sistema chiamato a contenere l’emergenza pandemica: il Dipartimento regionale per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato della Salute. Tra gli arrestati, posti ai domiciliari dai carabinieri del Nas di Palermo e del Comando provinciale di Trapani, la dirigente generale del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti, il funzionario della Regione, Salvatore Cusimano, e il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato, Emilio Madonia.
I reati contestati sono falso materiale e ideologico in concorso. Arresti necessari, secondo il gip, per il pericolo di inquinamento probatorio e di distruzione e falsificazione di documenti, nonché di reiterazione dei reati, rischio “reso estremamente concreto e attuale dal numero, dalla ripetitività e dalla gravità delle condotte accertate nonché dalla cadenza pressoché quotidiana delle stesse fino a data recentissima, cioè il 20 marzo”.

IL “PESO DECISIVO” DI RAZZA

All’ex titolare della delega alla Salute viene contestato il falso materiale e ideologico, ma per il gip “contributo dello stesso assume particolare rilievo e peso decisivo, tenuto conto della carica ricoperta e, dunque, della copertura politica assicurata all’operato della dirigente generale del Dasoe”.
Le conversazioni “che vedono direttamente coinvolto o chiamano in causa Razza”, scrive il giudice, “sono estremamente chiare e significative, dimostrano la sua pregressa consapevolezza delle modalità criminose di trattamento dei dati e delle finalità perseguite ed apportano elementi indiziari anche con riferimento a fatti non ascritti, allo stato, al politico e certamente meritevoli di ulteriore approfondimento”. A Razza è stato notificato un invito a comparire e contestuale avviso di garanzia, nonché sequestro dei telefoni cellulari per falsità materiale ed ideologica.

40 EPISODI DI FALSO

Gli indagati sono accusati di avere alterato, in svariate occasioni, il flusso dei dati riguardante la pandemia, modificando il numero dei positivi e dei tamponi, diretto all’Istituto superiore di sanità, alterando di fatto la base dati su cui adottare i provvedimenti per il contenimento della diffusione del virus. Così da novembre nell’Isola i casi Covid sarebbero cresciuti in modo allarmante, ma sarebbero stati ‘addomesticati’ per evitare provvedimenti restrittivi. Da novembre sono circa 40 gli episodi di falso documentati dagli investigatori dell’Arma, l’ultimo dei quali risalente al 19 marzo. Effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di altri sette indagati alla ricerca di materiale informatico e non solo. Inoltre, è stata effettuata un’acquisizione informatica (in particolare, flusso email e dati relativi all’indagine) presso i server dell’assessorato regionale alla Salute e del Dipartimento. L’inchiesta è partita dalla scoperta che in un laboratorio di Alcamo – da qui la competenza della procura di Trapani – erano stati forniti dati falsati su decine di tamponi.
Il gip però ha dichiarato l’incompetenza territoriale e ha inviato gli atti a Palermo.

PANICO ROSSO E CONSENSO ELETTORALE

Il “fine ultimo perseguito attraverso la deliberata e continuata alterazione dei dati pandemici”, scrive il gip Caterina Brignone, non erano “finalità eminentemente personali”, ma aveva a che fare con “un disegno più generale e di natura politica. Si è cercato di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”.

“RUGGERO E’ SECCATO” – Conferme in questo senso proverrebbero da alcune “chiarissime” conversazioni intercettate:

“Niente ero poco seccata per questo discorso di giallo, di arancione – dice Di Liberti il 4 novembre scorso – ora mi chiamò Ruggero, dice, domani mattina rivediamo tutti i parametri, da una settimana all’altra e vediamo effettivamente qual è il parametro che ci ha fatto scattare l’arancione, per capire magari come procedere. Perché il problema fondamentale è se diventiamo completamente zona rossa”. E quindi, niente ora mi sono sentita con lui, poi gli ho detto che secondo me tutti i ragazzi che domani tornano da Milano… un sacco domani scapperanno”. E aggiunge suo interlocutore, uomo del gabinetto di Razza: “Ruggero è sembrato seccato, mi disse… il fallimento della politica, non siamo stati in grado di tutelarci, i negozi che chiudono, se la possono prendere con noi, non siamo riusciti a fare i posti letto. Ci dissi ma non è vero, reggiamo perfettamente. Anche se in realtà, non ti dico, oggi è morta una, perché l’ambulanza è arrivata dopo due ore ed è arrivata da Lascari. Ed è morta, e qua c’è il magistrato che già sta, subito, ha sequestrato le carte… due ore l’ambulanza… Perché? Perché sono tutte bloccate nei pronto soccorsi. Tutte!”.

PATTO AL VERTICE

Ad ogni modo, commenta il gip, “quale che sia il disegno perseguito, è certo che le falsità commesse non hanno consentito a chi di competenza di apprezzare la reale diffusione della pandemia in Sicilia e di adottare le opportune determinazioni e non hanno permesso ai cittadini conoscere la reale esposizione al rischio pandemico e di comportarsi di conseguenza. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la piena collaborazione di tutti i soggetti indagati, ciascuno dei quali risulta calato in un ruolo nevralgico e, defilandosi, avrebbe potuto mettere in crisi il sistema, considerazione che vale, a maggior ragione, per i soggetti al vertice dell’amministrazione politica ed amministrativa”.

“SPALMIAMOLI UN POCO” “Spalmiamoli un poco…”.

Così l’assessore alla Salute Ruggero Razza il 4 novembre dell’anno scorso si rivolgeva alla dirigente Di Liberti, a proposito dei dati sui decessi da coronavirus da comunicare all’Istituto superiore di sanità e della necessità di “spalmarli” in più giorni. Il 4 novembre 2020 nel corso di una telefonata Maria Letizia Di Liberti con un interlocutore commenta i dati sui decessi da Covid-19 nella zona di Biancavilla (in provincia di Catania).
“Nello specifico Di Liberti – si legge nel provvedimento emesso dal gip – dopo essersi accertata” che un suo interlocutore “si trovi in compagnia dell’assessore, gli chiede come gestire i dati relativi ai decessi Covid-19 del comune di Biancavilla e cioè se inserirli in unica soluzione o spalmarli in più giorni”.

“MA SONO MORTI VERI?” Sono le 16:03 e la Di Liberti dice:

“Digli solo… Biancavilla, i deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”. Razza: “Ma sono veri?”. Di Liberti: “Sì, solo che sono di tre giorni fa”.

Razza: “E spalmiamoli un poco…”. Di Liberti: “Ah, ok allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni, va bene, ok. Mentre quelli del San Marco, i 6 sono veri e pure gli altri 5 sono tutti di ieri… quelli di Ragusa, Ragusa 5! E questi 6 al San Marco sono di ieri… perché ieri il San Marco ne aveva avuti ieri altri 5 del giorno prima, in pratica. Va bene?”. Razza: “Ok”.

IL GOVERNATORE “INGANNATO”

“Oltre a ciò, considerata la natura e le verosimili finalità degli illeciti commessi, sarebbe difficile – nota il giudice -se non impossibile ipotizzare un attivarsi del vertice dirigenziale in assenza di avallo dell’organo politico. A quest’ultimo proposito, va, però, segnalato che allo scellerato disegno politico di cui s’è detto sembra estraneo il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci che anzi pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite”.

L’INCHIESTA NON SI FERMA.

“SI VALUTI COMMISSARIO PALERMO” “La complessiva vicenda oggetto del presente procedimento – avverte il gip – necessita di ulteriori approfondimenti per individuare tutti i soggetti coinvolti e le falsità commesse.
Ed invero, vanno sicuramente meglio definite le posizioni di persone non ancora indagate, ma il cui agire sembra aver contribuito alla falsificazione di dati rilevanti”. “Ci si riferisce in particolare – aggiunge – e senza escludere ulteriori coinvolgimenti – a Roberto Gambino e Giuseppe Rappa, entrambi dipendenti dell’Asp di Palermo, ai quali la dirigente del dipartimento Di Liberti suole rivolgersi per ‘correggere’ taluni dati e che si dimostrano assai ‘sensibili’ all’esigenza di intervenire ove necessario per rivedere valori critici; ci si riferisce altresì al commissario emergenza Covid-19 per la provincia di Palermo Renato Costa, consapevole della prassi di ‘diluire’ i dati dei contagi e disposto, a fronte dell’avallo dell’assessore Razza, a concordare con essa, fornendo così un contributo morale decisivo”.

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