Vasco Rossi: “Ho letto i 7 libri della ‘Recherche’ di Proust. Mi ha offerto una vita meglio della mia”

Vasco Rossi: “Ho letto i 7 libri della ‘Recherche’ di Proust. Mi ha offerto una vita meglio della mia”

«Voglio stupirvi, e voglio stupirvi tre volte. Ho letto la Recherche , il romanzo più lungo del mondo. L’ho letta tutta (tutti e sette i volumi). E li ho letti tutti e sette di fila».

Inizia così il racconto che Vasco Rossi dedica al suo rapporto con lo scrittore francese sul numero del `Venerdì´ in edicola domani – e anticipato oggi su `Repubblica´ – dedicato ai cento anni dalla morte dello scrittore francese.

«Nella Recherche – confida Vasco – ci ho vissuto dentro per mesi, perduto in tutte quelle sensazioni, in tutte quelle emozioni descritte così precisamente e profondamente fino all’ultima pagina. Non mi sono annoiato un attimo, mai. È successo più o meno una ventina d’anni fa. Era un periodaccio per me, tempo di depressione, e forse è stata proprio lei, la Recherche , a salvarmi. Mi ha permesso di uscire da me, mi ha offerto una vita che era molto meglio della mia. Ho cominciato a leggere e sono rimasto incantato, intrappolato dalle prime ottanta pagine, quelle in cui Proust racconta le sensazioni provate durante il risveglio. Io ricordo solo che leggendo provavo un grande piacere. In quelle pagine c’è una potenza descrittiva che non ho mai più trovato in nessun altro scrittore».

Vasco rivela anche di essere «un divoratore di libri», «un lettore seriale e metodico». «Credo di aver cominciato a leggere – spiega – per il bisogno di colmare le lacune che la scuola mi ha lasciato: io ho fatto Ragioneria e invece volevo esplorare la storia del pensiero, la filosofia. Così, ho iniziato da Kierkegaard, poi sono passato a Schopenhauer e sono andato avanti con Spinoza. Kant è quello che mi ha conquistato di più, ho letto la Critica della ragion pura e l’ho capita bene – o almeno credo. Poi è arrivato Hegel, e con la sua Dialettica ci ho fatto un po’ i conti, diciamo che è stato il più ostico per me. E infine Nietszche, il mio preferito. E poi un giorno ho scoperto anche Proust. Era un bel tipo, famiglia benestante, mica aveva bisogno di lavorare, faceva la bella vita, che però per lui in realtà era solo una scusa per osservare e annotare fino all’ultimo dettaglio – e mi ha tirato dentro».

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