La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.

La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.

Non è facile fare una sintesi delle tante questioni irrisolte nel territorio di Paternò.

La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.Dal 1994 ad oggi sono passati ventotto anni, dall’ultimo disegno urbano per la città: il piano regolatore generale di Bruno Gabrielli. Entrato in vigore a pieno regime nel 2003, scaduto nel 2008. Quindi, in quattordici anni, nessuno è riuscito (o peggio ancora voluto) a redigere la revisione del più importante strumento di pianificazione e sviluppo della città. Ovviamente è stato sempre presente nei programmi elettorali di tutti i sindaci e a dire il vero nei primi mesi di ogni sindacatura si sono organizzate persino delle riunioni preliminari e plenarie, per poi sparire dai radar e riapparire solo alla vigilia delle elezioni successive. Un mistero inspiegabile per molti cittadini che spesso considerano tale strumento come superfluo, costoso e di difficile elaborazione (almeno cosi gli viene presentato dalla lobby tecnocratica comunale).

Nel frattempo la Regione Siciliana ha persino modificato la legge quadro e ora non si chiama più PRG ma PUG (Piano Urbano Generale). Tale modifica normativa ha proposto nuove metodologie e nuovi scenari per renderlo sempre più efficace e strategico.

Sarebbe utile se qualcuno – tra i sindaci passati – ci spiegasse che fine hanno fatto i fondi destinati alla sua elaborazione (presenti in bilancio) e soprattutto come si giustificano con la città, visto che hanno tradito le promesse fatte in campagna elettorale. Già immagino le fantasiose e alchemiche giustificazioni che staranno preparando. Sarebbe utile collezionarle tutte per farne una pubblicazione comica, un libretto per il catechismo del perfetto politico del futuro.

Ma non perdiamo tempo, vediamo se riusciamo a individuare alcune (non tutte) questioni irrisolte che andrebbero analizzate, anche per verificare la bontà dei programmi elettorali, in fase di costruzione in questi giorni frenetici.

Cominciamo con l’acropoli, uno dei luoghi chiave per immaginare la rigenerazione di questa città:

La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.serve recuperare e rifunzionalizzare diversi contenitori storici, alla luce di un programma complessivo che possa accogliere i futuri scavi archeologici; renderla accessibile con i mezzi pubblici anche per quei fruitori fragili che hanno problemi di mobilità; proteggerla con normative mirate sul piano paesaggistico, considerando che il suo perimetro va oltre la parte sommitale; attrezzare l’intera area con strutture turistico-ricettive afferenti all’albergo diffuso; realizzare un vero e proprio parco urbano – organico a quello di San Marco-Salinelle – per avviare il riconoscimento come patrimonio dell’Umanità (UNESCO). L’acropoli, le Salinelle e il Borgo sono quella parte di città che potremmo definire oggi la città di Hybla, come la Ibla di Ragusa, sarebbe un passo avanti per rigenerare finalmente l’identità di questo luogo meraviglioso.

La città consolidata, quella che ha subito un processo di saturazione convulsivo, privandola degli spazi della socializzazione, dei servizi e del verde pubblico.

Una città divisa in due parti, quella storica e quella moderna. Entrambe affette da un degrado irreversibile, soprattutto sul piano commerciale e culturale. Producendo, tra l’altro, una perdita di valore economico per tutto il patrimonio immobiliare.

I margini della città, rappresentano la criticità più diffusa.

Una collezione infinita di interstizi irrisolti e mai disegnati. Relitti infrastrutturali, scarti di lottizzazione (qualche volta estemporanea). Il tema del margine è complesso e avvolgente e non risparmia nemmeno quella porzione di città che guarda verso nord, oltre la zona Ardizzone. Ovviamente il nord della città è quello messo meglio, il resto è una periferia senza identità e senza fine. Luoghi che non riescono ad attrarre nessun investimento e sempre oggetto di conflitti politici, sociali e culturali. A dire il vero la condizione di “perifericità” si può riscontrare anche oltre la periferia tradizionale e riguarda la città consolidata.

I grandi contenitori urbani dismessi, altro tema caldo sempre rimandato:

La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.Albergo Sicilia, ex Cassa Mutua, ex ESA, ex velodromo, ecc.; mai visti come una costellazione di opportunità da mettere in rete, ma solo il tema del momento per attirare like sui social; insieme a questi anche i vuoti pubblici disseminati in città e sempre più abbandonati. Anche qui andrebbero attivate le reti degli spazi per lo sport diffuso, pensando al recupero – attraverso un disegno complessivo – degli interstizi urbani.

Altro tema è quello delle polveri urbane, di quelle parti di territorio extra urbano edificati abusivamente e lasciati al loro destino come le aree di Palazzolo, di Scalilli, di Scala Vecchia ecc. Anche qui, servono servizi e mobilità, serve un disegno.
La campagna è una risorsa economica e paesaggistica. Non è opportunamente sostenuta sul piano infrastrutturale e normativo. Solo politiche speculative e invasive che marginalizzano la qualità del progetto di architettura, sia nel recupero che nella nuova edificazione, con conseguente degrado.

La mobilità, riveste un ruolo strategico e la riattivazione della ferrovia delle arance (Motta-San Marco-Schettino-Regalbuto) per rigenerare la stessa acropoli, la produzione agricola e industriale. Ovviamente, dall’altra parte, a est, un nuovo programma di mobilità urbana che ruoti intorno alla nuova stazione FCE di zona Ardizzone, che può estendersi con sistemi leggeri verso scala vecchia e verso il centro (già in programma), fino a raggiungere il sud della città.

La cura per Paternò: a questa città serve un piano. Riflessioni leggere sulle criticità urbane.Le aree produttive, artigianale e industriale, sono e devono essere una priorità strategica per riavviare un processo di rigenerazione, insieme all’armatura culturale e commerciale se si vuole ri-diventare attrattivi; anche le politiche sull’energia andrebbero affrontate: acqua, materiali, rifiuti ecc. E che vogliamo dire della protezione civile? Anche del piano per esempio, la stessa fine del PRG. Eppure potrebbe essere un’altra occasione per rigenerare la città e metterla in sicurezza. Ma sembrano parole buttate al vento e nessuno reclama.

Ma per fare tutto questo serve un piano. Questo piano si chiama PUG e fin quando non si realizza tutte le promesse elettorali sono vane. Serve una visione concreta e non immaginifica.
Le questioni presentate non sono tutte ed esaustive ma sono un punto di partenza per sperare in un confronto tra le parti in vista della competizione elettorale. Bisogna verificare l’attendibilità delle promesse e il resoconto di quello che è stato fatto o non fatto. Serve per capire verso quale modello orientate l’elettore evitando generalismi furbi e vaghi solo per ammaliare le folle. Serve onestà intellettuale e pragmatismo tecnocratico.

Ora tutti parlano di PNRR ma la sensazione è che finirà in una bolla di sapone.

Nessun piano complessivo, nessun filo conduttore, nessuna strategia d’insieme, solo scelte estemporanee, frutto della disponibilità (ridotta) di un parco progetti mai rinnovato e contestualizzato; solo una collezione di progetti “amici” che vanno collocati. Un’occasione persa? Ma basta dire PNRR e tutto passa, anche la necessità di guardare in faccia le questioni irrisolte. Avanti un altro.
Ma se vogliamo essere più crudi, come possiamo “operare” senza analizzare il paziente e verificarne le sue condizioni complessive? Come possiamo guarire il malato (la città) senza una cura mirata e sistemica? Al massimo avremmo un fegato nuovo e costoso ma il paziente (la città) morirà di altro e il chirurgo ci dirà che l’intervento è comunque riuscito. Avanti un altro candidato, c’è un posto libero a palazzo.
Ma l’osservatore-spettatore in sala dice: non facciamo sempre polemica, sempre discussioni, domani è un altro giorno.

 

Avatar

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

1 Comment

  1. oggi tutti hanno la possibilità di parlare, e bene si diamogliela, mi ricordo male, correggetemi se sbaglio, che il signore in questione è stato anche assessore? tutti questi “intellettuali” che escono come funghi per poter poi elemosinare un incarico una nomina etc etc. Questi pseudo intellettuali si dovrebbero scandalizzare quando in una amministrazione come Paternò siedono in giunta persone completamente squalificate prive di qualsiasi titolo per poter svolger quel ruolo.Io mi chiedo, ma questi pseudo intellettuali o professionisti dove sono stati in questi ultimi decenni? oggi in Città, se nessuno se ne fosse accolto, siamo amministrati da barbieri infermieri idraulici uscieri pseudo assicuratori agricoltori; nulla a che dire sulle proprie professione ma mi domando possono essere all’altezza di amministrare una città di 50 mila abittanti?

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.