Baraonda nel centrodestra, Miccichè candida Cascio a Palermo e spiazza Meloni e Salvini: voci di dimissioni anticipate di Musumeci

Baraonda nel centrodestra, Miccichè candida Cascio a Palermo e spiazza Meloni e Salvini: voci di dimissioni anticipate di Musumeci

Alla fine è Forza Italia a rompere gli equilibri.

Mentre da settimane, tra Roma e Palermo, si rincorrono voci su accordi e riunioni per tenere insieme la coalizione di centrodestra alle prossime elezioni amministrative e regionali in Sicilia, tra veti e distinguo, arriva il primo colpo di scena targato Fi.

Che «candida Francesco Cascio alle prossime amministrative di Palermo», è il lapidario comunicato del coordinatore regionale azzurro Gianfranco Miccichè, in cui si augura «che su questo nome, storico e autorevole del centrodestra, la coalizione possa trovare l’unità sperata».

Cascio, parlando con LaPresse, rivendica il «tentativo per tenere unito il centrodestra. Giunti a questo punto però, visto che ognuno ha avanzato la propria candidatura, abbiamo deciso di farlo anche noi. La nostra intenzione comunque resta quella di parlare con gli alleati». Silenzio. È quello che arriva da Lega e Fratelli d’Italia, evidentemente spiazzati dalla mossa. Si aspettavano che il candidato sindaco del capoluogo venisse ufficializzato all’interno di un accordo complessivo che riguardasse anche la Regione Sicilia, per la quale il partito di Giorgia Meloni sostiene la ricandidatura del governatore uscente Nello Musumeci. Ma qui arriva la secondo mossa di Micciché, che in un intervista stronca definitivamente l’idea: «Se non ci fosse Musumeci, non avremmo altri problemi, perché «se lo ricandidiamo si perde sicuro. Matematico. Ecco, se non risolviamo questo problema, difficilmente risolveremo anche gli altri», dice il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, affermando che «non lo vuole nessuno. Si vuole ricandidare in barba alla promessa che avrebbe fatto un solo mandato, come aveva detto prima dell’elezione scorsa. In cinque anni ha umiliato i partiti, come fosse l’imperatore».

Ricapitolando, ora gli alleati sono costretti a `inseguire´: devono decidere se appoggiare Cascio a Palermo senza neppure poter trattare sulla ricandidatura di Musumeci. Meloni e Salvini tacciono, per il momento. E allora tocca allo stesso governatore difendersi. «Se fossi cinico direi che Miccichè vuole essere colui che dà le carte», ma «se io fossi un problema per i partiti Micciché avrebbe dovuto ritirare la delegazione di Forza Italia» mentre «lui governa ad oggi con 4 assessori e 9 dipartimenti», dichiara, rivendicando di non aver «mai fatto lavorare le Procure della Repubblica».

Quindi rilancia: «Non rispondo alle polemiche. Come tuti i presidenti uscenti, che non abbiamo commesso peccati mortali, credo di avere il diritto di ripropormi agli elettori». I rumors che continuano a circolare sull’ipotesi di dimissioni del presidente della Regione, e quindi di un voto anticipato, scatenano invece l’opposizione: «Questa legislatura si è contraddistinta per la gestione, da parte di Musumeci, non del bene comune ma dei suoi fini personalissimi: da Ambelia alla minaccia di dimissioni anticipate per ricandidarsi e smarcare i cospiratori del centrodestra che non lo vogliono più. Faccia pure, Musumeci», dice il segretario del Pd Sicilia Anthony Barbagallo. Mentre per il deputato e candidato alle primarie del centrosinistra Claudio Fava «dimettersi due anni fa sarebbe stato un atto di dignità politica, scappare due mesi prima del voto è solo una maldestra furbata e una fuga senza onore».

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